I corpi eversivi di Clemen Parrocchetti in una importante antologica a Firenze 

  • Postato il 27 ottobre 2025
  • Arti Visive
  • Di Artribune
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La storia dell’arte è satura di corpi. Corpi splendidi e scultorei, corpi abbandonati, corpi floridi, vistosi, feriti, suturati, angosciati. Sono corpi che parlano e che raccontano, piattaforme di storie, non sempre edificanti. Anche la mostra Ironia ribelle di Clemen Parrocchetti (Milano, 1923 – 2016), curata a Palazzo Medici Riccardi a Firenze da Stefania Rispoli e Marco Scotini ne parla. Il percorso ben congegnato dai due curatori si snoda attraverso le sale spaziando tra i temi e costruendo un allestimento musicale in grado di dare vita alla complessità creativa di Parrocchetti. Mostrando, innanzitutto, che siamo di fronte ad un’artista sontuosa, capace di spaziare tra i media con uno stile unico e inconfondibile, padroneggiando con consapevolezza la grande arte del passato per creare un linguaggio totalmente nuovo, verso un corpo politico femminile che si riappropria di se stesso.  

Clemen Parrocchetti, Ironia Ribelle, Palazzo Medici Riccardi, Installation view, ph Nicola Neri
Clemen Parrocchetti, Ironia Ribelle, Palazzo Medici Riccardi, Installation view, ph Nicola Neri

La mostra di Clemen Parrocchetti a Palazzo Medici Riccardi 

A volte è disgiunto, scollegato, al tempo stesso rigoglioso, come nella serie pittorica Amore e divorazione (1969) che accoglie il visitatore introducendolo nel mondo anticonformista di Parrocchetti, fatto di bocche che mordono, vagine e seni che lasciano poco spazio alla seduzione, denti affamati, in una tavolozza ai limiti del pop. 
Sovvertendo, inoltre, gli stereotipi del fare muliebre, Parrocchetti prende in mano strumenti di cura o tratti dal lavoro domestico o ancora ago, filo e spolette. Fila arazzi. Lavora con i tessuti creando le sue soft sculptures (Lamento del sesso, 1978), che anticipano le più note opere di Louise Bourgeois. La mostra, promossa dal Museo Novecento Firenze e con la direzione artistica di Sergio Risaliti, segue non a caso la programmazione dell’istituzione fiorentina che sta dando rilevanza a maestre come appunto Bourgeois, Marion Baruch, Jenny Saville e Cecily Brown tra le altre. 

Le opere di Parrocchetti a Firenze 

Parrocchetti l’arte diventa qualcosa di più: è uno strumento di militanza politica (Manifesto. Promemoria per un oggetto di cultura femminile, 1973), seguendo le istanze di movimenti come quelle del gruppo Lotta Femminista di Padova o intersecando il Gruppo Immagine di Varese, soprattutto nel 1978 (Macchina delle frustrazioni o Barriere), con le note vicende che porteranno la compagine alla Biennale di Venezia. I temi, dunque, della subalternità del ruolo della donna e del salario al lavoro domestico (dove il carico è mentale, pratico e anche sessuale) e del riscatto della donna nell’alveo di una dimensione esterna all’ambito familiare, dell’emancipazione del corpo e del libero arbitrio su di esso senza condizionamenti sociali, intervengono prepotenti e con singolare lucidità nel suo lavoro.  

Clemen Parrocchetti, Ironia Ribelle, Palazzo Medici Riccardi, Installation view, ph Nicola Neri
Clemen Parrocchetti, Ironia Ribelle, Palazzo Medici Riccardi, Installation view, ph Nicola Neri

Clemen Parrocchetti: questione ambientale e di genere 

Fino alle opere dell’ultimo periodo che attestano ancora una volta la grandezza dell’artista. Sempre precorrendo i tempi Parrocchetti coglie, infatti, in largo anticipo l’aspetto intersezionale di uno sguardo che mette in comunione il corpo femminile con quello animale, ponendo sullo stesso piano questione ambientale e di genere. E via libera, dunque a blatte, pidocchi, meduse, parassiti, insetti, ma anche a cani. In un’alleanza femminista tra corpi irregolari, bestie e donne, un’unione non gerarchica contro il potere dominante maschile e la sua sete insaziabile di controllo. 

Santa Nastro

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Autore
Artribune

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