I Bonavota e le estorsioni per i lavori sull’autostrada e a Pizzo

  • Postato il 11 marzo 2025
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I Bonavota e le estorsioni per i lavori sull’autostrada e a Pizzo

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Il collaboratore di giustizia Francesco Fortuna riferisce sulle estorsioni per i lavori sull’autostrada e nel territorio di Pizzo gestite dal clan Bonavota e da altre famiglie di ‘ndrangheta del Vibonese


VIBO VALENTIA – I rapporti dei Bonavota con le altre famiglie di ’ndrangheta del Vibonese e le estorsioni sull’autostrada e nel territorio di Pizzo sono due degli argomenti affrontati dal collaboratore di giustizia Francesco Fortuna nei verbali rilasciati alla Dda di Catanzaro e acquisiti in “Rinascita-Scott”. In uno dei passaggi il pentito racconta che  i sodalizi con cui i Bonavota avevano ottimi rapporti erano i Vallelunga, gli Emanuele, gli Anello, gli Accorinti di Zungri, i Fiarè, i Razionale, i Piscopisani, i Tripodi di Porto Salvo, i Barbieri di Pannaconi; i Lo Bianco di Vibo, i Maiolo di Acquaro e gli Altamura di Gerocarne “Omissis”.

LE ESTORSIONI PER I LAVORI SULL’AUTOSTRADA

Per quanto concerne, poi i Mancuso, Fortuna aggiunge che “dopo la lettera inviata da Giuseppe Piromalli a Giuseppe Mancuso non ci furono mai dissapori e fino ad un certo punto non ci furono mai interessi che accomunavano le due famiglie. Tuttavia, per quanto è a mia conoscenza, i primi interessi economici fra i Bonavota e i Mancuso iniziarono nel momento in cui vi era l’ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria poiché un tratto di quei lavori passava da Sant’Onofrio ma io non partecipai a quell’estorsione e non percepì mai denaro dalla stessa”.

NON SOLO AUTOSTRADA: LE ESTORSIONI DEI BONAVOTA ED ALTRI CLAN NEL TERRITORIO DI PIZZO

Non solo, però le estorsioni sull’autostrada; dopo l’avvicinamento dei Bonavota con gli Anello, i primi “iniziarono avrebbero iniziato prendere parte nelle estorsioni su Pizzo Calabro che venivano divise fra questi due gruppi e i Mancuso poiché non c’era una famiglia di Pizzo Calabro che controllava il territorio”, racconta ancora il pentito aggiungendo che negli anni ’90, in cui Rocco e Tommaso Anello si trovavano in carcere, per un periodo si erano insediati nel territorio “i Fiumara ma dalla scarcerazione dei fratelli Anello e con l’arresto di Claudio Fiumara tutto tornò nelle mani di Rocco e Tommaso”. Mentre per conto dei Mancuso, in particolare di Pantaleone Mancuso detto “Scarpuni” a portare avanti i suoi interessi ed a percepire per suo conto le somme delle estorsioni sarebbe stato Gregorio Gioffrè, “che aveva in mano tutti gli imprenditori o quasi del Vibonese, anche perché il clan aveva influenza su tutto territorio”.

LA DIVISIONE DEI TERRITORI TRA PIZZO E L’ANGITOLANO FINO ALLE SOGLIE DEL LAMETINO

Tuttavia, Pizzo, a differenza di “quanto affermato da diversi collaboratori di giustizia”, non era assolutamente diviso in zone: “Dove vi era lavoro, le famiglie che dividevano il compenso erano gli Anello, i Bonavota e i Mancuso – aggiunge Fortuna – e questo valeva fino all’Angitola, cioè all’uscita dello svincolo autostradale di Pizzo Calabro. Da quel punto in poi tutto passava nelle esclusive mani di Rocco e Tommaso Anello escludendo però i villaggi turistici in cui i Mancuso avevano il predominio unitamente agli Anello. I due fratelli avevano anche il controllo del territorio fino alla zona industriale di Lamezia Terme (ex sir) e da lì in poi la competenza ricadeva nelle mani dei Lametino”.

Le estorsioni effettuate dai tre clan su Pizzo non erano però indirizzate su bar, negozi, ristoranti ecc, e neanche su lavori che potevano essere magari la costruzione di una semplice abitazione familiare, ma verso lavori “più corposi come ad esempio lavori di complessi residenziali o sulle strade o altro ancora”.

L’AMICIZIA TRA ROCCO ANELLO E I BONAVOTA E LE ARMI DALLA SVIZZERA

Quella tra Rocco Anello e i Bonavota è un’amicizia che i secondi hanno ereditato dal padre, tanto è vero che, secondo quanto racconta ancora il collaboratore di giustizia, quando ancora Rocco Anello era minorenne e Vincenzo Bonavota era latitante, “andò con una macchina senza neanche avere la patente a Sant’Onofrio per prendere quest’ultimo e fargli trascorrere la sua latitanza a Filadelfia”. Anello che ha una “grossa disponibilità di armi che per la maggior parte provengono dalla Svizzera in quanto alcuni soggetti che dimoravano e lavoravano lì, ogni volta che tornavano in Italia per le ferie, gliene  portavano  diverse”.

Fortuna aggiunge che Rocco Anello “aveva molti interessi proprio in Svizzera poiché quando era libero, a suo dire, si recava spesso lì anche se non so quali fossero le sue”. E in diverse occasioni avrebbe anche venduto armi ai Bonavota: delle mitragliette Uzi, dei fucili Winchester, degli automatici ed una volta “regalò una pistola a Domenico Bonavota di cui non ricordo il calibro”.

LA LATITANZA E L’OFFERTA DI RIFUGIO FATTA DA ANELLO

Quando ci fu l’operazione “Uova del Drago”, Fortuna, Domenico Bonavota ed Antonio Patania si diedero alla latitanza e Rocco Anello si adoperò per offrire loro ospitalità “dicendo che, aveva già preparato ed arredato un appartamento a tal fine. In un primo momento, gli dicemmo che avremmo fatto passare un po’ di giorni dopo di che ci saremmo andati e che gli avremmo fatto sapere del nostro arrivo, ma alla fine Domenico e Patania decisero di recarsi a Genova ed io invece di restare li. Quando lo facemmo sapere ad Anello che non saremmo andati lui restò molto male perché pensò che non avevamo piena fiducia in lui, in realtà non era così perché avevamo solo preso una decisione differente. Ad ogni modo, dopo qualche mese anche Rocco Anello venne arrestato poiché raggiunto da custodia cautelare”.

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