Hey Man, a Milano il “festival maschile”: “Noi uomini dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e metterci in discussione”

  • Postato il 17 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un festival che parla di uomini, ma non per celebrare gli uomini. È questa la sfida di “Hey Man! Un festival maschile imprevisto”, in programma dal 19 al 21 settembre alla Fabbrica del Vapore (Milano), promosso dall’associazione Mica Macho con l’Osservatorio Maschile e il sostegno del Comune. Tre giorni di incontri, workshop e spettacoli per affrontare le maschilità contemporanee: contraddizioni, ombre e possibilità di cambiamento. Il cartellone è ampio: da talk con ospiti come Gino Cecchettin, Adrian Fartade, Linus a momenti di autocoscienza maschile e discussioni su hikikomori, incel e consenso, fino a performance come il Book Drag Kings Show o “Essere un malessere. Frammenti di un tipico maschio italiano”. Non mancano le contaminazioni musicali con ospiti come Vegas Jones, Tommy Kuti, Nerone e Cuta.

Un’operazione che apre un dibattito nuovo. “Per troppo tempo”, racconta a ilfattoquotidiano.it Giacomo Zani, presidente di Mica Macho, “gli uomini hanno avuto un ruolo marginale nei processi di parità. Si sono schierati ‘da alleati’, accanto a compagne, amiche o colleghe, ma senza mai mettersi davvero in discussione. Noi invece crediamo che sia arrivato il momento di assumere un ruolo attivo nel cambiamento: perché siamo metà della popolazione mondiale, e senza di noi non si va da nessuna parte”.

Il sottotitolo, “un festival imprevisto”, non è casuale. “Imprevisto perché mette al centro chi, nel dibattito di genere, è spesso visto come problema più che come risorsa. Imprevisto perché sfida alcuni dogmi nati negli ultimi anni, soprattutto nell’attivismo online. Imprevisto perché accetta di muoversi sul terreno scivoloso delle polemiche” spiega Zani.

Il programma è costruito intorno a cinque aree tematiche che indagano la socializzazione maschile, i modelli culturali e i tabù: dal rapporto con la violenza al lavoro di cura, dal legame tra maschilità e politica alla rappresentazione nei media, fino alle nuove forme di espressione artistica. Non mancano momenti diversi dal solito: uno spettacolo drag, panel con trapper e streamer, incontri con attiviste e ricercatrici femministe, oltre a spazi di laboratorio aperti a scuole e aziende. “Non vogliamo un festival “per soli uomini”, ma uno spazio dove il maschile si discute insieme ad altre soggettività. La forza sta nella pluralità: per questo ci saranno artisti, accademiche, attivisti e voci provenienti da mondi anche lontani dall’attivismo femminista” spiega Zani. Una linea che il programma rispecchia chiaramente, mescolando saperi e linguaggi diversi: dall’accademia alla trap, dallo streaming alla comicità. Alcuni arrivano da mondi che non si sono mai espressi esplicitamente su questi temi, ma che proprio per questo possono offrire uno sguardo inedito.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Da una parte c’è chi teme un arretramento: in un mondo costruito a misura d’uomo, ha senso organizzare un festival dedicato al maschile? Non rischia di togliere spazio alle battaglie femministe? Zani replica: “Capisco chi ha questa posizione, ed è legittima. Noi però crediamo che, senza un coinvolgimento diretto degli uomini, il cambiamento resterà parziale. La radicalizzazione del dibattito sui social ci mostra che spesso si trasforma tutto in guerra tra generi. Noi pensiamo invece che sia proprio la mancata assunzione di responsabilità maschile ad alimentare questo scontro. Per questo vogliamo creare spazi di confronto, anche scomodi, dove provare a decostruire i modelli tossici e immaginare alternative”.

Uno dei nodi più delicati riguarda l’appropriazione del discorso maschile solo da parte dei movimenti reazionari. “Negli ultimi vent’anni le tematiche maschili sono state lasciate scoperte. Hanno finito per occuparsene movimenti reazionari, che hanno dato risposte semplici e colpevolizzato le donne. Noi vogliamo mostrare che il maschile non è per natura negativo, ma è la sua costruzione culturale a produrre discriminazioni e violenze” osserva Zani. Un lavoro che non è solo teorico. Mica Macho in questi anni ha portato laboratori nelle scuole e nelle aziende, creando spazi di autocoscienza tra uomini: “Quando riesci a far capire che la parità riguarda anche la vita degli uomini si attiva un cambiamento reale. Molti scoprono che problemi che pensavano individuali, dalla sfera sessuale a quella lavorativa, in realtà sono esperienze comuni, frutto di come siamo stati educati. È un punto di partenza per cambiare” racconta Zani.

Il festival sceglie di affrontare anche argomenti considerati tabù. Ci sarà un panel dedicato al fenomeno degli incel, con la testimonianza di chi ne è uscito. Altri incontri punteranno a smontare stereotipi razziali e sessuali, con la collaborazione di associazioni che lavorano sulla cultura black o sulle discriminazioni intersezionali. “Sappiamo che è rischioso ma crediamo sia arrivato il momento di prendersi il rischio di sbagliare. Negli ultimi anni, soprattutto online, si è diffusa una cultura della perfezione che impedisce di provare strade nuove. Noi vogliamo invece affrontare gli ‘elefanti nella stanza’, senza semplificazioni ma con il supporto di ricercatori ed esperti” ammette Zani.

Non mancano le attenzioni all’accessibilità: interpretariato in LIS per alcuni panel, spazi per i bambini grazie a una cooperativa sociale, workshop partecipativi per raccogliere istanze dal pubblico. “È un festival che vuole includere e non limitarsi a parlare a una nicchia” sottolinea Zani. Il Comune di Milano ha dato il patrocinio all’iniziativa, sostenuta anche da figure storiche del femminismo. “Un’attivista degli anni ’70 ci ha detto: “Abbiamo bisogno di vedere che c’è altro, che ci sono uomini pronti a mettersi in gioco”. Per noi è stato un segnale importante”spiega Zani. Ma resta la diffidenza di una parte dell’attivismo, e lo scetticismo di chi accusa il festival di essere “troppo femminista”. Ai primi Zani risponde con l’invito a “conoscere prima di giudicare”. Ai secondi con una provocazione: “Venite a parlare dei temi che vi stanno più a cuore. Qui c’è spazio per il confronto”.

Alla fine, “Hey Man!” si presenta come un esperimento culturale. “Non vogliamo avere la verità in mano ma aprire un percorso. È la prima volta che a Milano si tenta un’operazione simile: è normale che faccia discutere. Ma proprio nell’imprevisto, nel rischio e nel confronto può nascere qualcosa di nuovo”, conclude Zani.

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