Grande Guerra, gli eroi maledetti della Brigata Catanzaro

  • Postato il 3 novembre 2025
  • Notizie
  • Di Quotidiano del Sud
  • 6 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Grande Guerra, gli eroi maledetti della Brigata Catanzaro

In vista delle celebrazioni del 4 novembre la storia dei calabresi della Brigata Catanzaro durante la Prima guerra mondiale


Strappati alle loro misere esistenze e catapultati a mille chilometri da casa per partecipare alla Grande Guerra, «l’orrenda carneficina», così ribattezzata dal pontefice Benedetto XV. Migliaia di calabresi indossarono l’uniforme grigioverde nel primo conflitto mondiale e molti di essi morirono falciati dal fuoco austriaco e dalle malattie nel nefasto triennio 1915-1918. Una moltitudine di contadini, pescatori e manovali del profondo Sud costretti a combattere una guerra di cui mal comprendevano la portata in luoghi lontani di cui ignoravano l’esistenza. La Prima guerra mondiale fu un evento globale e impattante che sconvolse la vita di milioni di italiani per quarantuno lunghissimi mesi.

GRANDE GUERRA E LA CALABRIA “GENEROSA”

Secondo alcuni studi, la Calabria, nel rapporto tra mobilitati effettivi e potenziali, fu la regione più “generosa” con il numero minore di esentati ed esonerati, seconda solo all’Abruzzo. Basilicata, Sardegna e Calabria risultano essere le regioni che, in rapporto alle truppe mobilitate, hanno registrato il maggior numero di morti nel conflitto. Quando si parla della Grande Guerra e della Calabria il collegamento alla Brigata Catanzaro è immediato. Creata il 1° marzo del 1915, fu mobilitata il 24 maggio dello stesso anno con l’entrata in guerra e fu composta dal 141° e 142° reggimento di fanteria. La maggioranza degli effettivi era di origine calabrese ma non mancavano i soldati siciliani e pugliesi.

LA STORIA DELLA BRIGATA CATANZARO

Inizialmente fu inquadrata nelle truppe a disposizione del Comando Supremo, ma successivamente fu inviata in Friuli e inserita nella Terza armata comandata dal Duca Emanuele Filiberto D’Aosta. La “Catanzaro” fu una delle unità più sfruttate dell’Esercito italiano nella Grande Guerra. Fu impiegata come brigata d’assalto sul Carso dal luglio 1915 al settembre 1917, sopportando turni logoranti nelle trincee di prima linea nei settori più contesi. Il 142º Reggimento, in particolare, occupò Bosco Cappuccio fin dal 17 settembre 1915 e durante l’offensiva di ottobre-novembre 1915, in soli quindici giorni, perse 2037 uomini (tra cui 55 ufficiali). Nel maggio del 1916 durante la Strafexpedition la “Catanzaro” combatté sul Monte Mosciagh e si coprì di gloria. I fanti del 141º reggimento si distinsero in un contrattacco alla baionetta che liberò due batterie rimaste circondate dagli austriaci.

LE VICENDE DELLA BRIGATA CATANZARO SULLA STAMPA NAZIONALE

La stampa nazionale dell’epoca riprese la vicenda tanto da meritare la prima pagina sulla Domenica del Corriere con un’illustrazione di Achille Beltrame. Questo episodio valse al 141º il motto: «Su Monte Mosciagh la baionetta ricuperò il cannone». La Brigata combatté anche sul Monte San Michele, a Nad Logen, Nova Vas, Nad Bregom e Hudi Log e dopo Caporetto sul Pria Forà, in Val d’Astico e in Val Posina.
La Brigata venne considerata dal comando italiano tra le unità più valorose e tenaci. Anche gli austriaci temevano e rispettavano la combattività dei fanti calabresi. Per il valore dimostrato, la bandiera del 141º reggimento fu decorata con la medaglia d’oro al valore militare (per l’audacia dimostrata tra luglio 1915 e agosto 1916) e quella del 142º con la medaglia d’argento. Il Duca invitto Emanuele Filiberto D’Aosta, ricordando lo spirito dei fanti calabresi ebbe a dire: «Ho sempre nel cuore queste legioni di prodi che dalla terra di Calabria trassero la tenacia e l’anima pugnace».

L’ESEMPIO CRISTALLINO DELLA CRUDELTÀ DELLA GUERRA

Ma la storia della Brigata “Catanzaro” fu anche un esempio cristallino della crudeltà e dell’assurdità della guerra. Già nel maggio del 1916 dopo la battaglia del Monte Mosciagh ci fu infatti un primo caso di decimazione. Questa pratica consisteva nell’uccisione di un soldato ogni dieci, estratto a sorte, era uno strumento estremo di disciplina militare che lo stato maggiore guidato da Luigi Cadorna fino alla disfatta di Caporetto avallò. Ebbene alcuni reparti della Brigata sbandarono e ripararono nei boschi circostanti incalzati dagli austriaci.

Venne deciso di ricorrere alla decimazione di quei soldati del 141° che ne erano stati protagonisti perché si erano resi responsabili di fuga in presenza del nemico. Furono fucilati un sottotenente, tre sergenti e sette militari e 74 furono processati dal tribunale di guerra che successivamente avrebbe inflitto condanne lievi in considerazione delle particolari e molto critiche condizioni in cui si svolsero i fatti.

LE BATTAGLIE

Si trattò, per molti versi, di un inquietante preludio ai ben più noti tragici fatti dell’anno successivo. Dopo una serie di altre sanguinosissime battaglie sul Carso, la Brigata arrivò a Santa Maria la Longa per un periodo di riposo il 25 giugno 1917. Il Comando della Terza armata aveva persino disposto, il 7 luglio del 1917, che alle brigate fossero concessi almeno venti giorni di riposo (anziché i dieci regolamentari). Tuttavia, il 15 luglio del 1917, giunsero nuove disposizioni: il 141º e il 142º reggimento dovevano lasciare immediatamente gli accantonamenti e portarsi a Staranzano, a disposizione del XIII Corpo d’Armata, il che equivaleva a un immediato ritorno in linea. Questa notizia accese la miccia della rivolta.

L’AMMUTINAMENTO DELLA BRIGATA CATANZARO

L’ammutinamento della “Catanzaro” fu un evento di grande violenza, descritto come l’unico vero caso, e certamente il più grave, nel Regio Esercito durante la Prima guerra mondiale. I soldati ribelli diedero il segnale sparando razzi e fucilate e si verificarono scontri a fuoco con fucili e bombe a mano. Gli ufficiali e i soldati che tentarono di sedare la rivolta furono uccisi (tra cui tre ufficiali e quattro carabinieri). I rivoltosi si impossessarono anche di tre mitragliatrici. Una notte di sangue, uomini logorati nel fisico e nella mente reagirono ferocemente contro i comandanti a cui avevano sempre obbedito lanciandosi negli assalti più disperati. Il piccolo borgo friulano fu teatro di ore di uno scontro infernale tra uomini che indossavano la stessa divisa.

IL TENTATO ASSALTO ALLA VILLA DI D’ANNUNZIO

Una parte dei rivoltosi tentò di assaltare anche la villa dove alloggiava Gabriele D’Annunzio. Forse perché ritenuto il simbolo per eccellenza dell’interventismo o semplicemente per ottenere un autorevole sostegno alle loro richieste. Il Vate quella notte non si trovava nell’abitazione poiché impegnato in una missione d’aviazione ma cristallizzò un profondo e commosso ricordo della fucilazione dei militi nei suoi discorsi e nelle sue opere. All’alba la rivolta fu sedata e i carabinieri rastrellarono i facinorosi. Poiché circa 120 soldati avevano partecipato alla rivolta, si ricorse alla pratica della decimazione per limitare il numero delle fucilazioni e punire un decimo di essi. Il mattino dopo la rivolta, ventotto soldati furono fucilati contro il muro del cimitero.

GLI ARRESTI

Sedici di loro furono arrestati in flagranza di reato con le armi in pugno e dodici furono sorteggiati all’interno della sesta compagnia del 142°.

Successivamente, 132 superstiti furono inviati alla corte marziale, che comminò altre quattro condanne a morte eseguite nel settembre dello stesso anno.
Nonostante l’episodio di ammutinamento e la severissima repressione, i soldati della “Catanzaro” furono obbligati a continuare a combattere.

LA CITAZIONE DELLA BRIGATA CATANZARO

Dopo i gravi fatti di luglio, la Brigata ottenne una seconda citazione sul bollettino di guerra il 25 agosto 1917 per il valore e la tenacia dimostrate sul Carso, provando che la sua ottima reputazione in battaglia fosse intatta anche dopo l’ammutinamento.

La Brigata dalle mostrine rossonere venne sciolta nel giugno 1920. La Patria che celebrò l’eroismo dei fanti della Brigata “Catanzaro” non esitò a passare per le armi quegli stessi uomini che si erano ribellati. La storia della Brigata “Catanzaro”, dopo centodieci anni, resta un fulgido esempio dell’orrore della guerra e delle sofferenze e delle contraddizioni che essa genera.

Il Quotidiano del Sud.
Grande Guerra, gli eroi maledetti della Brigata Catanzaro

Autore
Quotidiano del Sud

Potrebbero anche piacerti