Gli artisti finalisti del Premio Mario Merz 2025 sono in mostra a Torino
- Postato il 20 giugno 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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Ogni edizione del Mario Merz Prize premia artisti capaci di trasformare il contemporaneo in narrazioni visive che interrogano memoria, corpo e potere. La quinta edizione, curata da Giulia Turconi, pone al centro il corpo come campo di tensione politica, archivio vivente e soglia di trasformazione. Le opere finaliste raccontano fragilità e resistenza, attraversando geografie ed esperienze eterogenee: dalla repressione poliziesca alla protesta sociale, dal colonialismo alla mutazione biologica. La mostra è visitabile alla Fondazione Merz fino al 25 settembre.

Pane e rose nell’opera di Elena Bellantoni
On the Breadline di Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975) è un video a quattro canali nato da un anno di lavoro lungo una linea simbolica che attraversa Italia, Grecia, Serbia e Turchia. Questi territori segnati da crisi e proteste di fame diventano lo sfondo per donne in cammino che intonano Bread and Roses, canto femminista nato dallo sciopero tessile di Lawrence del 1912. Il pane rappresenta la sopravvivenza, le rose la dignità: il camminare diventa così una pratica collettiva di resistenza e memoria incarnata.

Mohamed Bourouissa e la violenza del potere
In Généalogie de la violence, l’algerino Mohamed Bourouissa (Blida, 1978) mette in scena il corpo come spazio di controllo e resistenza. Un cortometraggio racconta la violenza invisibile della polizia fatta di controlli e umiliazioni legali, senza mostrare brutalità esplicita. Sculture in alluminio raffigurano mani palpanti e corpi sottomessi, evocando spoliazione e dominio. L’opera si chiude con una citazione di Frantz Fanon che intreccia memoria e potere.

Lingue dimenticate, persone perdute. L’opera di Voluspa Jarpa
L’artista cilena Voluspa Jarpa (Rancagua, 1971) presenta Extinction Project, un’installazione su tre livelli che offre un’esperienza sinestetica di vista e suono, raccontando la complessa storia dei popoli dell’America Latina. Attraverso l’estinzione biologica, culturale e sociale legata alla violenza coloniale e politica, il lavoro attraversa la scomparsa dei popoli originari, le dittature novecentesche e i conflitti attuali legati allo sfruttamento delle risorse. Piccole cartelline riportano i nomi di persone indigene e delle lingue perdute con loro.

Anna Franceschini, tra violenza e fragilità
In All Those Stuffed Shirts, Anna Franceschini (Pavia, 1979) anima sette apparecchi per stirare automatici, trasformandoli in interpreti di una coreografia di soffi d’aria guidata da un algoritmo. L’opera indaga il rapporto tra corpo, abito e tecnologia, rivelando dinamiche di controllo e seduzione attraverso movimenti meccanici ripetitivi, e creando un dialogo tra umano e artificiale. In Smooth Operators, una mano rivestita di velluto raschia ossessivamente una lastra di vetro, trasformando un gesto di carezza in una ferita. Il contatto consuma entrambi i corpi, svelando la violenza nascosta nei movimenti apparentemente gentili e mettendo in scena la fragilità dell’apparato corporeo e simbolico.

Ibridi in bilico tra natura e artificio nell’opera di Agnes Questionmark
L’installazione di Agnes Questionmark (Roma, 1995), ispirata alla performance CHM13hTERT, evoca un essere ibrido e indefinito, sospeso tra esperimento, operazione o mutazione in corso. Il corpo, sorretto da cavi e strutture metalliche, si trasforma in un veicolo politico che sfida le gerarchie consolidate e interroga il rapporto tra evoluzione, scienza e volontà individuale. Al centro dell’opera c’è la possibilità di riscrivere se stessi: se oggi possiamo decodificare il genoma umano, un domani potremmo rimodellarlo. L’opera esplora così la tensione tra natura e artificio, rivendicando il diritto all’autodeterminazione e alla trasformazione del corpo.
Valeria Radkevych
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L’articolo "Gli artisti finalisti del Premio Mario Merz 2025 sono in mostra a Torino " è apparso per la prima volta su Artribune®.