Giro d’Italia. Ritratto di Bologna vista dalle parole dell’architetto Guido Incerti 

  • Postato il 10 settembre 2025
  • Arti Visive
  • Di Artribune
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Bologna è dove ho scelto di vivere. Per ora. Non ci sono nato, non ci ho studiato e ci sono arrivato per caso. Di lei, ricordavo fredde mattine di dicembre e i miei fratelli in partenza per il Motor Show, Arte Fiera, dove conobbi le opere di Capogrossi e i Concetti spaziali di Lucio Fontana e una bellissima mostra su Andrea Pazienza a Palazzo Re Enzo (1997) che mi spinse, da Mestre, a un avanti e indietro per quattro giorni di fila. Due stampe mi seguono da allora e il vivo ricordo del video in cui Andrea dipingeva una feroce battaglia tra leoni, cavalli e opliti. 

Bologna per scelta 

A Bologna sono arrivato per caso. Vivevo a Firenze, da dove volevo scappare. Una domenica di settembre, con la mia futura moglie venimmo a Bolo per la mostra su Bowie al Mambo. Non la vedemmo mai. Una fila estenuante ci portò a non perdere tempo lì. Ci ritrovammo al mercatino della Montagnola, poi ci perdemmo tra chiese, palazzi, portici, botteghe, canali e rimasugli di vecchie osterie da biasanòt per giungere, infine, all’ombra del portico del Pavaglione. Li dov’è la libreria Nanni. Ci guardammo: “Ma sai che non è male? Perché non ci trasferiamo?”. Così facemmo, non prima però di fare alcune esplorazioni, con l’obbligatoria salita alla Madonna di San Luca, nel portico votivo omonimo che da Porta Saragozza si arrampica sul colle della Guardia e porta al santuario della Vergine, santa icona popolare diurna. L’icona oscura della città, scoprimmo poi, è Santa Caterina de’ Vigri che, da tutti venerata, adorna di fiori, ancora incorrotta nel corpo e nel profumo, sta lì, seduta sulla sua seggiolina, nelle stanze del Monastero delle Clarisse. 

Un giorno mi chiesero perché sono venuto ad abitare a Bologna, istintivamente risposi: “Perché è bella ma non bellissima”. Non come sosteneva Pier Paolo Pasolini, bolognese, vissuto a due strade da casa mia, poco lontano da dove soggiornarono e vissero anche Leopardi e Carducci: “Cos’ha Bologna, che è così bella? L’inverno col sole e la neve, l’aria barbaricamente azzurra sul cotto. Dopo Venezia, Bologna è la più bella città d’Italia, questo spero sia noto”. 

Bologna e i suoi luoghi 

A Bologna è nata mia figlia. Vivere qui è bere il caffè al Bar Baldi, da 110 anni la stessa famiglia al bancone. È camminare “cullati fra i portici cosce di mamma Bologna”, scoprendo angoli di Nord Europa disegnati da Giuseppe Vaccaro o da Enzo Zacchiroli, discepolo di Aalto, ma prestigioso architetto di suo. Un Nord Europa di paramenti murari in laterizio per cui Bologna “la rossa” è conosciuta in quanto fatta di mattoni e non di pietra. Bologna è ritrovarsi al Padiglione dell’Esprit Nouveau realizzato grazie all’impegno culturale di Giorgio Trebbi e dei fratelli Giuliano e Glauco Gresleri, quest’ultimo autore di architetture memorabili in città e dintorni. E dirimpetto la GAM di Leone Pancaldi, all’ingresso di quella Fiera le cui torri metaboliste di Kenzo Tange, a seconda del meteo, contrastano l’azzurro del cielo o si fanno senza fine tra nebbia e smog. 

Bologna, tra volti e palazzi 

Bologna è l’urbanistica di Pier Giorgio Cervellati che ancora oggi regge, ed è l’assalto a Palazzo d’Accursio del 21 novembre 1920 dove gli squadristi di Leandro Arpinati, foraggiati dagli Agricoli, latifondisti e borghesi della pianura padana, dettero il primo duro colpo al Socialismo italiano, mai rivoluzionario, proiettando il Paese nella dittatura fascista. È dove Carlo V visse prima di essere incoronato imperatore tra San Petronio e Piazza Maggiore, lì dove oggi, d’estate, si vive “sotto le stelle del cinema” e le magiche proiezioni a cura della Cineteca. Bologna è Palazzo Bentivoglio, un luogo d’arte insolito. Palazzo storico della famiglia che plasmò la città medievale, oggi condominio, dove giardino, corti, biblioteche e sotterranei, grazie ad una grande mecenate che vive nel palazzo, ospitano opere, archivi, mostre temporanee e installazioni permanenti in cui il Palazzo, la sua architettura, le sue storie e il suo futuro sono sempre protagonisti della curatela artistica. 

Ma sì, forse alla fine aveva ragione Pasolini. 
 
Guido Incerti 
A cura di Emilia Giorgi 
 
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Artribune

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