Giorgetti: “Spesa per la difesa al 2% già quest’anno. Correttivi in arrivo per acconti Irpef e aumento età pensione”

  • Postato il 17 aprile 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Con riferimento alle spese per la difesa e, più in generale, la sicurezza del Paese, il lavoro di ricognizione secondo la metodologia Nato, effettuato con particolare scrupolo, lascia ritenere che già da quest’anno saremo in grado di raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil assunto nel 2014″. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante la sua audizione sul Documento di finanza pubblica. Portare la spesa al valore indicato da Giorgetti significa per l’Italia spendere circa 10 miliardi di euro di più all’anno. L’attuale spesa italiana per la difesa è infatti intorno all’1,5% del Pil. “Siamo oltremodo coscienti, anche alla luce delle attuali tensioni, dell’esigenza di incrementare tali spese nei prossimi anni”, ha osservato il ministro.

Ma dove trovare il denaro senza tagliare le altre voci di spesa (sanità, assistenza, istruzione etc)? “Mi è stato chiesto se si utilizza la deroga al patto di Stabilità per le spese militari (quindi facendo più debito, ndr), la mia opinione è che in questo momento il governo italiano non la utilizzerà. Noi riteniamo che sia corretto e giusto aspettare il vertice Nato di giugno 2025 per vedere l’orientamento generale. E poi calibrare la spesa militare significa fare delle scelte”, dice Giorgetti che quindi prospetta l’aumento del budget militare ma resta piuttosto sul vago sul modo per finanziarlo.

Sul tema si è espressa anche Banca d’Italia il cui vice capo dipartimento di Economia e statistica Andrea Brandolini è stato, a sua volta, ascoltato in Parlamento. “Uno sforzo di riarmo affidato ai singoli Paesi senza coordinamento potrebbe comportare una spesa inefficiente (non potendo sfruttare le possibili economie di scala) e inefficace (per il rischio sia di duplicazioni sia di non colmare le attuali carenze). Dal punto di vista dell’analisi economica, gli investimenti e le spese per la difesa hanno la natura di bene pubblico europeo; un programma coordinato finanziato con risorse comuni agevolerebbe il raggiungimento di un livello e di una composizione adeguata della spesa complessiva”, ha affermato.

Giorgetti si è poi concentrato sui contenuti del Dfp, documento che quest’anno è nato “monco”, ovvero senza gli obiettivi programmatici a cui tende il governo, ma che ha dimezzato le stime di crescita 2025. “Il documento giunge in un frangente internazionale caratterizzato da cambiamenti sempre più repentini, che rendono particolarmente complesso elaborare stime non solo nel lungo termine, ma anche nel breve”, ha esordito Giorgetti. “In tale contesto non devono stupire revisioni al ribasso, che sono solo un segnale della serietà del governo rispetto a elementi esogeni”.

Tutte le simulazioni contenute nel Dfp, ha spiegato il ministro, “sono basate su ipotesi più sfavorevoli e pertanto forniscono indicazioni in senso peggiorativo sulla crescita e finanza pubblica. Ciò nonostante, sembra prospettarsi uno scenario meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali; più favorevole in termini sia di possibile esito finale della struttura dei dazi a livello internazionale, sia di variabili esogene (quali i prezzi dell’energia e i tassi d’interesse) che condizionano la crescita. Il quadro macroeconomico è pertanto soggetto anche a rischi positivi“.

“In un contesto molto più complesso rispetto a solo pochi mesi fa, l’Italia si contraddistingue per una gestione della finanza pubblica, che permette di confermare in questo Documento gli obiettivi di spesa netta e di riduzione del deficit e del debito stabiliti nel Piano dello scorso ottobre e attestare il miglioramento dei dati relativi al 2014, acquisendo già un effetto positivo nel conto di controllo su cui tornerò a breve”, ha quindi rivendicato Giorgetti, rimarcando come si tratti di “Uno stato di cose chiaramente riconosciuto dai mercati finanziari”.

Il ministro ha quindi osservato che il miglioramento dei saldi di finanza pubblica è una “solida base” per affrontare questa fase di estrema incertezza. E poi una compiaciuta constatazione: “I Treasury (i titoli di stato statunitensi, ndr) hanno difficoltà a piazzarli, noi abbiamo una richiesta di 10-11 volte l’offerta. Curioso come cambia il mondo. Questa era una battuta. Gli stenografi non lo riprendano che poi mi vale un missile”, ha detto sorridendo.

Il ministro ha parlato anche delle prossime mosse del suo dicastero su due dossier di stretta attualità, ovvero l’incremento automatica dell’età di pensionamento legato al miglioramento delle aspettative di vita della popolazione e il pasticcio degli acconti Irpef. “Per quanto riguarda l’aspettativa vita, l’ho già detto pubblicamente: chiaramente questa è una delle cose che vogliamo fare, in termini programmatici, di sterilizzare incremento di tre mesi sui 67 anni e sull’età pensionabile dell’anzianità, consideriamo il sistema in Europa uno dei più tra virgolette performanti”, ha detto. “Per adesso non c’è ancora il decreto per incrementarlo, quindi finché non c’è, non c’è fretta. Magni sta tranquillo”, ha poi ribattuto al senatore di Avs.

“Dovrebbe esserci, sì”, ha invece risposto Giorgetti alla domanda se nel Consiglio dei ministri previsto domani ci sarà l’atteso decreto correttivo sugli acconti Irpef promesso nelle scorse settimane dal governo. L’intervento dovrebbe consentire l’applicazione, anziché dei quattro scaglioni, delle nuove tre aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto.

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Il Fatto Quotidiano

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