Gesù disse: “Guai a voi, ricchi, perché avete già avuto”: nacque ricco e rinunciò a tutto, scrive Paolo
- Postato il 14 settembre 2025
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Gesù disse: “Guai a voi, ricchi, perché avete già avuto”. Gesù e i ricchi, fu un rapporto difficile. È possibile, come scrive Paolo, che lo stesso Gesù sia nato ricco e per seguire la sua vocazione abbia poi rinunciato ad ogni bene.
Scrive Paolo (2 Corinzi 8:9) “Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”.
Rilancia Rodney Stark nel suo libro sul “Trionfo della cristianita:
Gesù probabilmente non era un falegname, a meno che non fosse in linea con la tradizionale pratica ebraica secondo cui un rabbino imparava sempre un mestiere su cui ripiegare, poiché sembra estremamente probabile che Gesù fosse un rabbino istruito. Sembra che i suoi genitori “occupassero un posto di rilievo nella comunità” ed erano sufficientemente benestanti “da avere proprietà a Cafarnao così come a Nazaret”. 13 Potevano anche recarsi a Gerusalemme ogni anno per la Pasqua (Luca 2:41), cosa che la maggior parte delle famiglie non poteva permettersi.
Gesù e le Beatitudini

Certo Gesù non è tenero con i ricchi e la ricchezza. Nelle Beatitudini versione di Luca (Lc 6,20-26)
Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Al contrario…
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Sulla stessa linea le Beatitudini di Matteo (5,1-12)3
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio,
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Matteo e la cruna dell’ago
Classico il passo di Matteo (Mt 19,23-30) sul cammello e la cruna dell’ago.
«In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello [o forse andava tradotto fune] passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
Gesù e il riccone
Un riscontro lo offre il Vangelo di Marco (Mc 12,28-34) dove uno scriba domanda a Gesù: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?» e Gesù risponde: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.
Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
In un’altra occasione, una parabola di Gesù ribadisce il peso della carità al bivio tra inferno e paradiso (Lc 16,19-31).
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla ptavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui.
Il ricco e il povero
Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
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