Genova, i nomi dei morti del Morandi chiudono un ciclo di governo della città

  • Postato il 22 giugno 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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A Genova risuonano uno a uno i nomi dei 43 morti caduti sul ponte Morandi, sette anni e dieci mesi fa nelle prime parole della requisitoria del PM Walter Cotugno, che parlerà fino a settembre per convincere la Corte d’ Assise a condannare pesantemente i 57 imputati del processo più difficile della storia del Dopoguerra Italiano.

Uno a uno quei nomi, nel silenzio dell’aula prefabbricata, nel cuore del Palazzo di Giustizia, dentro al grande cortile costruito sulle rovine dell’Ospedale di San Domenico. Un inizio a effetto per una requisitoria monumentale, che oggi si può sintetizzare in una frase: quel ponte spezzato il 14 agosto del 2018, alle ore 11.36 doveva essere chiuso ben prima del crollo, come era chiaro se gli esami, le ispezioni, le manutenzioni di decenni non fossero state “deviate” dai manager di

Autostrade, dai controllori di Ministeri. Tronchi autostradali, commissioni speciali, che avevano una sola parola d’ordine: aumentare i profitti dei soci, ridurre le spese.

Il Processo di Genova

Genova, i nomi dei morti del Morandi chiudono un ciclo di governo della città
Genova, i nomi dei morti del Morandi chiudono un ciclo di governo della città – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

“Tanto per ora non cade “ è una delle frasi pescate dagli inquirenti tra le decine di migliaia di intercettazioni che la Procura di Genova aveva raccolto in questi anni di un processo infinito e che forse finirà tra un anno.

Nove anni dopo il crollo con sentenza di primo grado, chissà quando quella di secondo grado e chissà quando quella in Cassazione. Dodici, tredici anni, quindici anni dai “fatti”… Una perfetta storia giudiziaria italiana.

E intanto la città che ha vissuto quel dramma incancellabile è un’altra città oggi che si cambia sindaco, giunta, obiettivi, dopo gli anni di Marco Bucci, il sindaco che fu capace di far rialzare la Genova spezzata in due, l’Italia rotta in quel punto nelle sue infrastrutture e rifece il ponte nuovo in 18 mesi.

Piangono in aula i parenti delle vittime, a sentire quei nomi che echeggiano nel silenzio, madripadri, nipoti, fratelli, cognati, ragazzi, uomini, perfinoSamuele quel bambino di 8 anni, volato con il suo pallone in braccio nelle macerie del fu Morandi.

E se tu fai un salto laggiù a vedere che ne è otto anni dopo di quella Genova spezzata che fu, sotto il ponte con il vuoto in mezzo, nei quartiere disperato della Valpolcevera isolata dal crollo, sgomenta davanti a quel rudere che sembrava tra le navate e gli stralli della sua mirabolante costruzione, una specie di Cristo in Croce, scopri che il tempo è passato, ovviamente, ma non bene.

Il grande Memoriale, disegnato sotto il ponte nuovo dall’architetto Boeri, non è ancora completato e sembra una landa desolata, un parco della memoria buono solo per le memorie celebrative, in cui ti si stringe il cuore.

Le grandi opere

Il quartiere della Certosa, che in quei giorni era l’ombelico della disperazione non pulsa più come prima.

Per cercare di dare un colore a quel grigio della sciagura incombente tra negozi che chiudevano, imprese e aziende che  cercavano sede altrove per non restare scollegate tra strade che aprivano e chiudevano, flussi di traffico interrotti e ripresi, distanze dilatate da un punto e l’altro della città, artisti di buona volontà e di grande estro hanno cambiato le facciate delle case con murales giganteschi.

E’ come una grande macchia di colore in un mondo grigio,che il cantiere infinito della metropolitana cancella subito nei suoi lavori eterni. Quanto ci vorrà ad arrivare dalla stazione di Certosa, disegnata decenni fa da Renzo Piano, a via Canepari?

Questa metropolitana cucù, come la battezzavamo noi giovani cronisti per sottolinearne la lentezza simile all’uccellino che sbuca e subito torna indietro nella cassa dell’orologio, come il primo convoglio del metro genovese, che sbucava dalla galleria di Certosa per tornare indietro, è un po’ il simbolo di questa città, otto anni dopo il crak Morandi e dopo la spinta forte del sindaco, venuto da lontano, Marco Bucci, ora sostituito dalla signora sindaca, venuta anche lei da lontano, l’azzurra olimpica Silvia Salis.

È una città a metà e il passaggio delle consegne dopo otto anni di buccismo viene sottolineato da questa traslazione complicata.

Certo Salis si è appena insediata con grande emozione, dopo la sua vittoria travolgente e l’impatto mediatico da record, nei saloni di Palazzo Tursi, tra l’inno di Mameli suonato dalla Filarmonica Sestrese (che lo suono per primo nella storia) e un discorso di investitura molto di principi e poco di programmi che seguiranno.

Certo ha visto scoppiare davanti a lei, che saliva la nobile scalinata del suo palazzo cinquecentesco del potere comunale, un altro scandalo che tredici mesi dopo Toti sconvolge il centro destra. L’inchiesta che per ora travolge l’ex assessore alla Protezione Civile Antonino Sergio Gambino, Fratelli d’Italia, uomo di fiducia di Bucci e Piciocchi, indagato sia per corruzione in operazioni sospette di facilitazioni a imprenditori che lo foraggiavano in cambio di finanziamenti elettorali e famigliari, sia per un presunto dossieraggio ai danni della Salis, organizzato, secondo l’indagine, con il capo dei vigili di Genova,  Gian Luca Giurato che aveva estratto dalle carte della polizia locali un incidente stradale, che vedeva la futura sindaca coinvolta e che il giornale “La Verità” aveva sparato per colpire la candidata in una campagna pesante.

“La Verità” ha smentito di avere pubblicato grazie all’imbeccata comunale genovese, ma la bomba è scoppiata lo stesso e brucia ancora perché c’è un’altra inchiesta, “figlia” della prima, che indaga 15 agenti della polizia comunale sospettai di violenze e perfino torture ai danni di immigrati e nella gestione dei minori non accompagnati.

Tutto da dimostrare, come sempre, mentre questo Gambino, uno degli assessori più popolari del buccismo, si è dimesso da Fratelli d’Italia, ma non dal consiglio comunale, dove era stato rieletto e mentre Salis e la sua giunta hanno subito reagito con una conferenza stampa roboante nella quale la sindaca ha denunciato le bassezze di una campagna elettorale contro di lei, veramente insopportabile.

Alla quale ha risposto, ovviamente, l’ex vicesindaco reggente e candidato del centro destra, Pietro Piciocchi, denunciando a sua volta le bassezze a lui rivolte dal Pd durante la contesa.

Insomma uno scontro pesante che indica due aspetti: 1) siamo lontani dal proposito, che Salis ha annunciato, di voler governare unendo e non dividendo; 2) il centro destra, travolto dal processo a Toti e ai suoi coimputati e ora infilzato da questa nuova vicenda, si trova in Liguria in una grande difficoltà di prospettiva.

Il nuovo scandalo che inquina, comunque, l’inizio di una nuova amministrazione, interseca in qualche modo le altre difficoltà che Salis e la sua giunta ultra nuova, ultra femminile, ultra “carica” della sua politica.

Restando nel clima post Morandi, tra processi, grandi opere in corso, sospese tra le due amministrazioni , l’urgenza delle decisioni investe già Salis in almeno due partite, che non hanno molto a che fare con la sua politica, tutta rivolta al sociale, al welfare.

Il progetto dello Skymetro, metropoliana pesante per collegare il cuore dalla città con la Valle Bisagno, strangolata dal traffico, giace sul piatto del Ministero delle Infrastrutture, che vuol sapere se Genova intende realizzarlo o no. Se no si perdono 374 milioni di finanziamenti pubblici già stanziati per il primo lotto.

La sindaca è stata sempre contro questa maxiopera e chiede tempo che il Ministero non vuole concedere, con l’obiettivo di una soluzione meno impattante, un supet tram, corsie speciali per mezzi pubblici, che però non ha ancora progetti.

Che ne sarà di questo supertram, che le popolazioni della Valbisagno non vogliono?

L’altra questione pendente è quella della funivia, che dovrebbe collegare il Porto Antico con le alture genovesi, le fortificazioni che contornano dall’alto la Superba, già in parte finanziata, avversata subito da Salis e dalla popolazione, ma in parte approvata dopo modifiche suggerite dalla Sovraintendenza al paesaggio.

Anche in questo caso centinaia di milioni stanziati, e in parte minore spesi nella progettazione, e un consorzio pronto a costruire un’opera che farebbe svoltare il turismo a Genova, a scapito, però di un quartiere “storico” “Il Lagaccio”, che si sente abbandonato dal Comune e che non vuole essere sorvolato da piloni e traffici aerei.

Un altro dilemma e altri milioni pronti ad essere polverizzati.

Urgono soluzioni rapide, che galleggiano tra il vecchio modello di città, sconfitto dalle elezioni e quello nuovo, che non può sprecare, ma ha un altro orizzonte.

Il Pm Cotugno finisce di pronunciare i 43 nomi delle vittime sul Morandi. La sua requisitoria, costruita sulla traccia dell’ enorne lavoro di Massimo Terrile, il magistrato da poco andato in pensione e che faceva parte dello stesso ufficio, è una specie di monumento della pubblica accusa, che lo ha costruito in anni di un impegno senza precedenti.

Ma ci vorranno molte sedute per arrivare alla richiesta finale delle condanne e forse di qualche assoluzione. Poi incomincerà la difesa. E quando arriverà la sentenza, probabilmente nella primavera del 2026, quella sarà ancora un’altra Genova.

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Blitz

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