Gaza. L’evacuazione dei civili, la risposta umanitaria, il problema del “dopo”: le incognite dell’occupazione secondo l’Idf

  • Postato il 10 agosto 2025
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L’evacuazione, la risposta umanitaria, il problema del “dopo”. Sabato, in un colloquio avuto nel quartier generale del Comando Sud con i suoi comandanti e quelli dell’Aeronautica Militare, Eyal Zamir ha delineato i principi dell’operazione, in vista della pianificazione dettagliata dell’operazione prevista nei prossimi giorni. Nel vertice sono emersi i molti dubbi che il Capo di Stato Maggiore nutre circa la fattibilità dell’occupazione della Striscia di Gaza annunciata venerdì da Benjamin Netanyahu.

L’obiettivo principale resta la liberazione degli ostaggi e “le Israel Defense Forces faranno tutto il possibile per evitare che subiscano danni”, riferiscono fonti vicine al dossier. Così come entreranno a Gaza City e la evacueranno facendo il possibile per “proteggere i civili” e rispettare “gli standard del diritto internazionale”. L’esercito, inoltre si impegnerà a restare nelle aree conquistate nell’operazione “Gideon Chariot“: nessun ritiro, quindi, dal 75% di territorio della Striscia già occupato. Tuttavia sono ancora molti i punti interrogativi aleggiano sulla fattibilità dell’operazione.

La prima incognita è quella della risposta umanitaria: sarà necessario creare in soli due mesi, quindi in tempi record, “centri umanitari” che dovrebbero essere in grado di venire incontro alle esigenze di circa un milione di persone. La popolazione verrà evacuata nei campi della Striscia centrale e si prevede che il processo sarà completato non prima di ottobre. E qui si apre un altro problema: insieme alla popolazione fuggiranno da Gaza City anche molti miliziani di Hamas. E’ già accaduto anche in altri luoghi dell’enclave e il risultato è stato che l’organizzazione terroristica è riuscita a mantenere la sua capacità operativa e la possibilità di colpire l’esercito occupante.

Sarà anche difficile evacuare l’intera popolazione. Sebbene in passato le Idf siano riuscite a spostare rapidamente centinaia di migliaia di palestinesi da Gaza City, Khan Younis e Rafah, finora è stato impossibile trasferire dal nord dell’enclave tutti i suoi abitanti e non sarà affatto detto che l’intera popolazione verrà completamente portata a sud del corridoio Netzarim come vorrebbe il governo. La Striscia è in rovina, i suoi abitanti sono esausti dopo quasi due anni di guerra, molti di loro non hanno più nulla da perdere ed è difficile prevedere se obbediranno o meno agli ordini di evacuazione.

Resta, infine, il problema del “dopo”. Ultimata la conquista di Gaza City, che richiederà dai due ai tre mesi e non si concluderà quindi prima di dicembre o gennaio 2026, è facile prevedere che Hamas avvierà operazioni di guerriglia. La maggiore incognita, pertanto, sarà il controllo a lungo termine della zona. L’attuazione del piano approvato dal Consiglio dei Ministri farà in modo che l’operazione nella Striscia continuerà ancora a lungo.

Sullo sfondo resta il problema degli effettivi e per avviare il piano di Netanyahu servirà una grande mobilitazione. Secondo alcune stime citate dal quotidiano Haaretz, l’esercito dovrebbe richiamare tra i 120mila e 250mila riservisti per l’operazione. Inoltre, il numero di coloro che si presentano effettivamente in servizio è in caduta libera e finora i comandanti hanno compensato richiamando riservisti senza unità, militari che nei momenti difficili hanno trasformato il servizio di riserva in un lavoro, spostandosi tra i vari quartier generali e battaglioni.

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