Garlasco, la perizia sul Dna sulle unghie di Chiara Poggi: “Forte compatibilità con famiglia Sempio, nessuna certezza d’identificazione”
- Postato il 4 dicembre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Una compatibilità genetica, come già emerso nei giorni scorsi, ma non un’identificazione. È questo il cuore della nuova perizia depositata nell’incidente probatorio sul delitto di Garlasco, in cui la genetista forense Denise Albani ha analizzato il materiale biologico rinvenuto sotto le unghie di Chiara Poggi, la giovane uccisa il 13 agosto 2007. Quel Dna “misto, incompleto e non attribuibile” come già definito dalla genetista non potevano che portare all’impossibilità di una identificazione individuale. Una evidenza che Albani aveva già chiarito.
Compatibilità di linea paterna, non identità individuale
Secondo i calcoli biostatistici eseguiti da Albani – calcoli che valutano la probabilità che un profilo genetico appartenga a una specifica linea familiare – il Dna recuperato presenta un “supporto moderatamente forte/forte e moderato” all’ipotesi che provenga dalla linea maschile della famiglia Sempio. Dunque, compatibile con Andrea Sempio e con qualunque altro parente maschio legato a lui per via paterna. Si tratta però di un’analisi basata sull’aplotipo del cromosoma Y, un segmento ereditato esclusivamente lungo la linea maschile diretta. Per questo motivo, chiarisce la perita, “non è possibile addivenire a un esito di identificazione di un singolo soggetto”. Il cromosoma Y, infatti, non permette di distinguere tra individui imparentati: tutti gli appartenenti alla stessa linea maschile condividono lo stesso aplotipo. Albani sottolinea inoltre che l’identificazione individuale non sarebbe possibile nemmeno se i profili genetici fossero “completi, consolidati e attribuibili a una singola fonte”. È una caratteristica intrinseca dell’analisi del cromosoma Y, non un limite dei dati specifici del caso.
Tracce miste, parziali e scientificamente non databili
Il materiale biologico analizzato è definito dalla perita come costituito da “aplotipi misti parziali”: tracce incomplete, composte da più contributi genetici e alterate dalle condizioni del campionamento. La quantità esigua e il deterioramento del Dna non consentono, spiega Albani, di ottenere un risultato “certamente affidabile”. La perizia esclude in modo netto la possibilità di rispondere a tre domande chiave nell’ambito forense: come, quando e perché quel materiale genetico sia finito sotto le unghie della vittima. Secondo le attuali conoscenze internazionali – e gli standard scientifici validati – non è possibile determinare: se il Dna fosse depositato sopra o sotto le unghie; da quale dito esattamente provenga, nell’ambito della stessa mano;
la modalità di deposizione (contatto diretto, trasferimento secondario tramite oggetto, contaminazione ambientale); il momento in cui la deposizione è avvenuta. Le ipotesi formulabili, dunque, restano “suggestive” e non dimostrabili senza un contesto informativo più ampio o dati sperimentali “granitici”, oggi non disponibili.
Il peso delle nuove analisi nel quadro processuale
Le conclusioni di Albani si fondano sulle analisi biostatistiche condotte sui dati documentali raccolti dal precedente perito, il professor Francesco De Stefano, nominato nella fase dell’appello bis ad Alberto Stasi. L’indagine dell’incidente probatorio mirava proprio a verificare la solidità scientifica di quelle tracce genetiche spesso al centro del dibattito difensivo. Ora la perizia riconosce una compatibilità con la linea maschile della famiglia Sempio, ma conferma – con nettezza – l’impossibilità di trasformare quella compatibilità in una prova individualizzante.
Il documento depositato ieri alla giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli consegna quindi alla magistratura un quadro tecnico, che delimita con precisione ciò che la scienza può dire e ciò che, allo stato delle conoscenze, non è possibile affermare. Un tassello importante in un caso che, a oltre 17 anni dall’omicidio, continua a oscillare tra nuove piste e vincoli oggettivi posti dalla prova scientifica che, in assenza di un match, non può portare oltre le ipotesi della procura di Pavia. Senza contare che tutti gli altri test su i diversi reperti non hanno trovato riscontro su Andrea Sempio. Che come è noto, essendo amico del fratello della vittima, frequentava la villetta di via Pascoli, dove i ragazzi si trovavano per giocare anche con il computer usato dalla 27enne uccisa il 13 agosto del 2007 e per cui è stato condannato in via definitiva Alberto Stasi.
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