Franco Ferrarotti, a un anno dalla scomparsa e verso il centenario della nascita, con l’editore Solfanelli
- Postato il 20 dicembre 2025
- Antropologia Filosofica
- Di Paese Italia Press
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Pierfranco Bruni
Il rapporto tra Franco Ferrarotti, a un anno dalla scomparsa e verso il centenario della nascita (1926-2026), e la casa editrice Solfanelli di Marco Solfanelli è stato intenso, e continua a esserlo attraverso le sue pubblicazioni. Un rapporto coerente e di notevole importanza non solo sociologica e antropologica, ma anche umana, esistenziale, affettiva.
Una fedeltà che soltanto i grandi maestri, come Ferrarotti, e le case editrici che sanno credere e investire in un’editoria seria e profondamente culturale riescono a stabilire e a proseguire nel tempo. Un esempio di lealtà, di stima e di immensi saperi.
Perché, dopo un anno, tornare su Ferrarotti? È stato uno dei miei maestri. Una personalità carismatica, dotata di una profonda saggezza, che ha attraversato le crisi, i declini e le interpretazioni di un secolo – non lungo e non breve, al di là di etichette banali – e di un’epoca alla quale il maestro ha offerto una lettura fondante: tra il male delle guerre, le caratteristiche epistemologiche, le forme ermeneutiche, i vissuti, le testimonianze e l’essere uomini e civiltà.
La casa editrice Solfanelli ha saputo cogliere, con coraggio, il tempo del suo viaggio. Un’intesa unica. Il 2026 sarà un anno in cui occorrerà ricordarlo, omaggiarlo e meritarlo, con le attenzioni necessarie, tra problematicità e contestualizzazioni. Io sto provando a scrivere, ma soprattutto a leggerlo e rileggerlo, grazie ad alcuni aspetti che confluiranno in un libro, viaggiando tra i suoi scritti editi appunto da Solfanelli.

Credo che sia anche un compito spirituale, da parte mia, perché la sua scrittura, soprattutto negli anni universitari, ha contato molto, indirizzandomi verso le discipline comparate. Un fatto che in quegli anni – i Settanta – non era ben accetto. Ma Franco, con grande fermezza, ha legato una scienza come la sociologia alla letteratura, all’antropologia, alla filosofia.
Partendo da fatti vissuti e da conoscenze reali – come nelle pagine su Pavese o Puccini – ha portato dentro le nostre vite il senso del tutto, senza mai dimenticare le identità e le appartenenze come riferimenti di una cultura scientifica e popolare. Ha parlato a tutti, con il suo linguaggio, la sua gestualità, con la consapevolezza che l’imprevedibilità della vita è sempre un accadere.
Un maestro di saperi che nascono dalle esperienze, dai vissuti e dall’interpretazione più che della storia e oltre la storia, ponendo al centro l’uomo, la vita, le civiltà. Un pensare e un pensiero che sono andati sempre oltre le singole idee. Il Pensiero, che passa anche attraverso istanze fenomenologiche, è il cogliere il tempo della necessità e del superamento delle dissolvenze come forma e materia.
Un pensare religioso del mondo. Oltre le macerie c’è la memoria che resiste agli scogli delle emergenze. Se c’è il male, c’è anche il bene. Un sentiero che è un sentimento metafisico. È su questo aspetto che sto cercando di intessere una visione dell’esistere. Soprattutto perché la vita, come le culture, sono “fenomeni” che hanno bisogno di una comparazione, capace di condurci in una dimensione tra essere, tempo e religione.
Un superamento heideggeriano che lo avvicina a una costante kierkegaardiana, partendo dall’angoscia delle civiltà che hanno bisogno non di “malattie mortali”, ma di edificazione dell’anima. Una società senza anima è la sconfitta delle appartenenze. A questo credeva, e su questo ha impostato una “metodologia” dei saperi, in un contesto in cui le derive non mancano e i sogni si sono frantumati.
Ma il bene è anche la salvezza della bellezza. Il bene come principio portante di un percorso che ha come punto di contatto la comprensione. Comprendere non solo i fatti, ma soprattutto gli uomini, ovvero i popoli.
Dunque, un tempo oltre lo storicismo vero e proprio. Un cammino di pazienza e di consapevolezza. Un tracciato indelebile tra conoscenze e saggezza. Un itinerario tra la ricerca tout court e una possibile verità, in una verità possibile, da trasmettere sempre e comunque alle nuove generazioni.
Tre parametri che hanno fatto di Ferrarotti il segno tangibile e reale di un maestro del pensiero, con il quale occorre fare spesso i conti, perché in lui – sia nel suo dialogante parlare sia nella virtù delle pagine scritte – c’è un’impalcatura di insegnamento e un’orchestra di pedagogia dell’essere.
Perché, come egli spesso diceva: «La testimonianza è sicuramente altra cosa rispetto al documento». Un dato in cui il vissuto diventa un non dimenticato, ovvero un non dimenticare.
La casa editrice Solfanelli, proprio per aver seguito sostanzialmente tutto il suo composito mondo editoriale – con un ricchissimo e vasto repertorio e catalogo di titoli, non solo in lingua italiana – e le sue stagioni di pensiero, resta centrale per approfondire Franco Ferrarotti.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria. Archeologo, direttore del Ministero dei Beni Culturali e, dal 31 ottobre 2025, membro del CdA dei Musei e Parchi Archeologici di Melfi e Venosa, nominato dal Ministro della Cultura; presidente del Centro Studi “Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 è stato Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura:
Presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
Presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
Segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse” e presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con studi su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e sulle linee narrative e poetiche del Novecento che richiamano le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale esplora le matrici letterarie dei cantautori italiani e il rapporto tra linguaggio poetico e musica, tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
Studioso di civiltà mediterranee, Bruni unisce nella sua opera il rigore scientifico alla sensibilità umanistica, ponendo al centro della sua ricerca il dialogo tra le culture, la memoria storica e la bellezza come forma di identità.
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