Francia, inchiesta di Liberation e Disclose su MeTooPolice: quando il carnefice è l’uomo in divisa che ti deve proteggere

  • Postato il 20 giugno 2025
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È la storia di Manon (nome di fantasia), 28 anni, che nell’agosto del 2017 era andata in un commissionato di Tolosa per denunciare il marito violento ed è stata aggredita sessualmente dal poliziotto che avrebbe dovuto limitarsi a registrare la sua denuncia. Lui ha cominciato a toccarle il seno e, quando lei ha tentato di fuggire, le ha afferrato la testa costringendola a fare sesso orale. Il poliziotto oggi è in attesa di processo, denunciato da cinque donne. È anche la storia di Joanna, 22 anni che a febbraio, era andata in un commissariato di Parigi per denunciare lo stupro subito la mattina stessa: il giorno dopo l’agente del commissariato parigino si è fotografato nudo e le ha inviato la foto sul cellulare. “È come se mi avessero violentata due volte”, ha detto lei.

Sono storie di violenza sessista e sessuale, per lo più minimizzate dalle stesse autorità e solo in alcuni casi sanzionate. Un’inchiesta del quotidiano Libération e del media online Disclose ha aperto in Francia un nuovo capitolo del #MeToo che ha già preso il nome di #MeTooPolice. Per un anno, Disclose ha raccolto testimonianze e consultato archivi giudiziari e articoli di stampa, censendo almeno 429 casi dichiarati di violenza sessuale commessi da un poliziotto o un gendarme tra il 2012 e il 2025. Nel 76% dei casi la vittima è una donna: soprattutto colleghe poliziotte (182 casi), ma anche compagne o ex (78 casi), donne fermate mentre si trovavano in custodia della polizia (75 casi) o andate in commissariato per denunciare una violenza subita (57 casi). Ci sono poi altre casi di donne entrate in contatto in modo non precisato con il funzionario in questione (37). Nel 6% dei casi la vittima è un uomo, nel 18% è minorenne (in questi casi si aggiunge quasi sempre la dimensione razzista). In tutto, secondo i dati di Disclose, 215 agenti aggressori, di gradi diversi, risultano implicati in fatti di aggressione sessuale, molestie o stupro. Secondo Libération, il numero delle vittime è tuttavia da considerarsi “sottostimato, dato che la violenza sessuale e la violenza della polizia sono di solito poco denunciate da chi le subisce”.

Per Disclose si tratta in effetti di cominciare a costituire una “prima base di dati”: “Tutti, senza eccezioni, hanno sfruttato le risorse di polizia messe a loro disposizione dallo Stato. Hanno utilizzato gli archivi interni per recuperare i contatti delle loro prede, hanno simulato perquisizioni, minacciato con l’arma d’ordinanza, aspettato la loro preda in un’auto della polizia o usato il loro status per imporre il silenzio. Secondo il nostro database – scrive Disclose -, il 40% di loro ha fatto diverse vittime nel corso della carriera”. Di questi, cinque funzionari, malgrado le condanne, risultano ancora in servizio. “Nonostante l’entità del problema, e otto anni dopo l’emergere del movimento #MeToo, il ministero dell’Interno non ha preso nessuna misura seria – continua Disclose -. Non ci sono né circolari né note interne. Non c’è neanche una riga nel Codice di sicurezza interna, a cui tutti gli agenti di polizia e i gendarmi devono attenersi. Eppure, dal 2020 le amministrazioni pubbliche sono tenute a prevedere un dispositivo di denuncia e monitoraggio delle violenze sessuali”.

Le rare sanzioni (solo 18 in polizia dal 2021, di più, 46, in gendarmeria dal 2023) sono “irrisorie” e le radiazioni o sospensioni dal servizio “un’eccezione”. Libération insiste sulla “vulnerabilità” della vittima, “spesso donne che denunciano violenza domestica, a volte immigrate irregolari, in difficoltà sociale. Situazioni in cui spingere la porta di un commissariato di polizia richiede uno sforzo notevole – scrive il quotidiano -. Ed è lì, in questi luoghi che dovrebbero proteggerle, che queste donne vengono aggredite”, scrive il quotidiano. Tra le testimonianze raccolte dal giornale, c’è quella di Armandina, 49 anni, originaria dell’Angola, che vive da tanti anni nella regione di Parigi e ha tre figli nati in Francia, ma è sempre senza documenti e vive facendo le pulizie. Armandina ha raccontato che il 22 febbraio 2023 si era finalmente decisa ad andare a denunciare le violenze subite in casa dal marito, ma il poliziotto del commissionario di Pontault-Combault, a qualche chilometro da casa sua, dopo aver registrato l’esposto, le ha chiesto di fare sesso con lui e si è abbassato i pantaloni: “Aveva la legge dalla sua parte. Avrebbe potuto farmi espellere. Mi sono detta che dovevo obbedire. Proprio dove pensavo di essere al sicuro, ho invece incontrato la mia morte”.

La violenza si sarebbe ripetuta una seconda volta. Nell’autunno del 2023, Armandina ha sporto denuncia contro l’agente aggressore e l’inchiesta ha permesso di risalire ad altre otto presunte vittime, tra cui due colleghe poliziotte (l’uomo è ora in custodia cautelare e il processo contro di lui, precisa il quotidiano, è atteso nel 2026).

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