Francesco e Chiara. L’amore immenso e la Grazia oltre la modernità

Pierfranco Bruni

Francesco e Chiara. Sono l’amore. Il mistero è in San Francesco d’Assisi. C’è una spiritualità francescana nella vita dell’uomo contemporaneo? Una domanda che si è posta in tutte le epoche e all’interno delle secolarizzazioni che noi abbiamo attraversato. Noi, uomini che guardiamo alla Croce, pensando all’inquieto travaglio esistenziale e ai timori delle civiltà, abbiamo bisogno di ascoltarci. Ascoltandoci, nel silenzio della pietà, i segni ci catturano. Ma siamo eredi di un’identità perduta o forse siamo l’identità di un’eredità che non c’è più.

Francesco d’Assisi ha tracciato le vie della preghiera in una “strategia” di interpretazioni in cui la religiosità può essere letta oltre la visione cattolica. Credo che ci sia un segno tangibile nel suo Cantico delle Creature. Supera il disegno di una Chiesa che ha bisogno del perdono per giustificarsi nell’insano modello di un’identità senza eredità.

Certo, Francesco d’Assisi non è un testimone. Come non lo è stato Francesco di Paola. Francesco d’Assisi è un esempio, ma il suo esempio non sta nel gesto della “carità”, della “povertà”, dell’“umiltà”. Consiste, piuttosto, in una predicazione scevra da “istituti” normali per una ricerca della spiritualità, e questa ricerca è il dettato di una contemplazione nella quale, chiaramente, si danno per scontati gli “istituti” della spiritualità.

La contemplazione francescana non è fatta di parole che interagiscono con le azioni. È fatta di esempi che si testimoniano. Il Cantico delle Creature è una metafora diventata gesto dell’anima. La predicazione, che non è la preghiera soltanto, è invece porre in discussione un modello di comportamento che abiura nell’uomo ogni forma di compromesso e agisce, in questo senso sì, come atto rivoluzionario.

La fede, senza l’impalcatura o nomenclatura della Chiesa–Stato, è rivoluzione. Ma mettere in relazione la nomenclatura della Chiesa, che è la risultante di una razionalità in nome della ragione della fede, con la fede nella libertà della spiritualità e nella Grazia dell’Illuminante porta inevitabilmente a una contraddizione, la cui risultante non impedisce un cortocircuito tra anima e ragione stessa.

La contemplazione predicante del Santo di Assisi non va affatto incontro alla Ragione come spazio dell’agire. Piuttosto è l’azione dell’osservare il silenzio che rende fortemente spirituale un’azione che è dovuta alla Grazia. San Francesco d’Assisi è la vera volontà di potenza dell’anima. L’anima ha la sua potenza se l’anima è Grazia nell’agire.

Quando si agisce con il cuore ogni volontà è potenza in atto. Non si tratta di raffigurare il Santo di Assisi come il “poverello” che si spoglia di tutti i beni per accogliere lo scarto delle società. È un’icona che non entra nella mia dimensione di camminante tra i porti delle spiritualità. Non mi ha mai convinto. Non mi convince neppure oggi, che è la festa di San Francesco. Il Santo di Assisi aveva un “disegno”, ovvero un Progetto nella vita camminante tra le genti. San Paolo ha fatto scuola.

Quanto di San Paolo c’è nella vita di San Francesco?
La Santità è mutata nei secoli? Senza la fedeltà alla Tradizione la predicazione di Francesco non avrebbe orizzonti. Oggi siamo dentro una Chiesa che ha come riferimento il dialogo tra la Ragione e la Fede.
La predicazione contemplante ha posto, invece, dei significanti a un tempo difficile, qual era il suo tempo.

La richiesta di Tommaso è stata completamente superata proprio dalla contemplazione in fede di Francesco.
Io credo e ho fede. Non: “Io credo e ho fede ma sono giunto a ciò dopo un cammino…”. Cosa significa? Io credo e ho fede perché il Mistero e la Grazia mi hanno toccato.

Vado oltre la teologia ricorrente, perché vorrei che si smettesse di offrire immaginette di un Santo che predicava soltanto l’invito alla povertà… Nella spiritualità la povertà non è un’aggiunta. Anzi.

Francesco non è soltanto il Cantico delle Creature. È stato un uomo, nell’intesa con Chiara, che è stato “toccato”. Tutto questo è in Francesco e Chiara che recitano il Canto di Salomone.

Chiara e Francesco sono due riferimenti d’amore. L’Illuminante è un mistero che non si spiega. Sono amanti della pietà, della misericordia e della bellezza. Perché sono amanti dell’amore. Gli amanti dei Cantici sono il cuore dell’amore.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al  Ministero della Cultura

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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