Fondazione Latina 2032, tutto da rifare: ecco la maledizione che ritorna da quasi un secolo
- Postato il 30 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Graziano Lanzidei
Sarebbe stato perfetto ufficializzare la Fondazione Latina 2032 proprio il 30 giugno. La notizia, trapelata da pochi giorni, è invece che bisogna rifare tutto da capo: statuto bocciato, atto costitutivo da riscrivere, fondi pubblici a rischio anche per il 2025. Il Ministero della Cultura prende tempo, la Regione Lazio fa le pulci agli atti, il Comune e la Provincia di Latina assistono inermi.
Chi conosce la storia di Latina sa che ogni fondazione, da queste parti, si complica non poco. E non solo quelle relative al diritto privato (Fondazione Palazzo della Cultura). Anche quella vera, istituzionale, storica, mitica: la fondazione della città. Ogni anno, infatti, quando arriva il 30 giugno a Latina, già Littoria, già Cancello del Quadrato, quasi Pomezia Italica, non si celebra la Fondazione ma la meno poetica “posa della prima pietra”. Come se fossero due cose diverse. Cerimonia striminzita, niente cortei, niente sfarzi, niente convegni. Si parla sempre di martiri e bonificatori. Ma il 30 giugno la parola “fondazione” non viene pronunciata. Mai. Tabù.
C’è infatti una maledizione, da novant’anni, percolata dal fascismo alla repubblica. Il 29 giugno 1932, sul Giornale d’Italia, Bacchiani, imbeccato da Cencelli a capo dell’Onc, raccontava Littoria come la “città fascista dell’avvenire”. Paragonava la bonifica al prosciugamento dello Zuiderzee, e poi ci infilava Roma antica, l’uomo nuovo, il fascio littorio. E aggiungeva: “Per il 28 ottobre sarà pronta”. In occasione del decennale della Marcia su Roma. Poche ore dopo però, Mussolini si spazientisce e telegrafa a Cencelli l’equivalente di una fatwa: “Tutta quella retorica su Littoria — semplice comune e niente affatto città — è in contrasto colla politica antiurbanistica del Regime, stop anche la cerimonia della posa è un reliquato d’altri tempi, stop non tornare più sull’argomento.”
Cencelli non si ferma e il 30 giugno fonda ugualmente Littoria. Mussolini non si presenta. A differenza dell’efficienza che sarà propagandata dal regime, i lavori slittano, tra ditte non pagate e operai trasferiti a Velletri per non allarmare col numero dei morti di malaria. Così l’inaugurazione del 28 ottobre slitta fino al 18 dicembre, una domenica, ultimo giorno utile prima della settimana natalizia.
Quel 18 dicembre casuale, col tempo, viene riempito di significati. Nel 1935 diventa la “Giornata della Fede”, con la raccolta delle fedi nuziali per sostenere la guerra in Etiopia. Un collegamento nemmeno troppo velato tra bonifica e colonialismo confermato nel 1943 da un editoriale su La Stampa: “Chi ha bonificato l’Agro Pontino è naturalmente designato a bonificare anche lontano, a colonizzare terre abbandonate”.
Poi cade il fascismo, Latina viene liberata il 25 maggio 1944 e sembra cambiare tutto. Ma già nel 1951 la DC si prende Latina, facendo leva su parte della vecchia classe dirigente fascista. Il sindaco Cervone si inventa la celebrazione del 18 dicembre, in occasione però della “costituzione del Comune” che avvenne però il 22 settembre 1932, e istituisce una Messa per i “Morti della Bonifica”. Manco fosse il Vescovo. Votano a favore DC, PRI, MSI, Monarchici e il socialista Cinquanta, “a titolo personale”, come da verbale. I socialcomunisti o non si presentano o votano contro. Il MSI applaude: “Si celebra il lavoro italiano che ha riscattato la terra”.
Il flirt sboccerà poi nel ’56, quando i missini sosterranno il sindaco DC Salvezza. Il 18 dicembre va avanti. Come ogni tradizione inventata, si ricicla, si reinventa a seconda delle mode e delle convenienze. Nel 1993 il neoeletto sindaco Finestra, missino, elogia Cervone e Redi per il loro riconoscimento delle origini, fa incidere sul balcone le parole di Mussolini il giorno dell’inaugurazione, rivendica il 18 dicembre secondo le origini.
Eppure la sinistra ci aveva provato a dire qualcosa di diverso. Il 30 giugno 1982, ricorrenza del Cinquantenario della Fondazione, l’Unità, con un reportage di Italo Insolera e Gianni Palma, prova a raccontare la “contro-storia”: la bonifica come fatica, malaria, miseria, speculazione. E Alfio Calcagnini, esponente di spicco del PCI, fa autocritica: “Non avevamo capito quanto forte era il legame tra il fascismo e i contadini arrivati qui”. Ma anche questa versione della storia fatica a scalfire l’immaginario.
E oggi? Con la Fondazione 2032 siamo al remake della solita tiritera: burocrazia, polemiche, carte da rifare. Latina non riesce mai a fondarsi davvero. Ogni festa è sospesa, ogni anniversario è un compromesso, ogni celebrazione un’occasione persa.
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