Folla alla camera ardente di Stefano Benni a Bologna. L’addio di Pennac: “La malattia gli aveva tolto la capacità di ridere, era mio fratello nella vita ideale”
- Postato il 13 settembre 2025
- Cultura
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’atmosfera è sospesa, un equilibrio perfetto tra la commozione e quell’ironia graffiante che è stata la sua firma per una vita intera. Nel cuore di Bologna, sotto le logge del Pavaglione, il cortile dell’Archiginnasio si è trasformato oggi in un palcoscenico per l’ultimo saluto a Stefano Benni, scomparso martedì scorso a 78 anni. Non una cerimonia funebre, ma una celebrazione collettiva, un abbraccio di quel “branco” di lettori e amici che lui ha nutrito con le sue stori
Davanti al feretro, coperto di fiori bianchi, e a una sua grande fotografia in bianco e nero, si alternano i ricordi. Quello più toccante arriva dall’amico fraterno, lo scrittore francese Daniel Pennac, arrivato appositamente da Parigi. “Stefano era mio fratello di risate, mio fratello nella vita ideale”, esordisce. Poi, con la voce incrinata, racconta l’ultimo, doloroso periodo della malattia: “Stefano diceva che Fellini era morto perché non poteva più sognare. A lui è successa la stessa cosa con la risata. Di colpo la malattia gli ha tolto la capacità di ridere. Quella risata che per tutta la sua vita ci ha offerto, anche per combattere le sue stesse angosce”. E chiude con un saluto che è una promessa: “Coraggio Lupo, arriviamo tutti fra poco“.
Alessandro Bergonzoni, un altro compagno di strada e di fantasia, offre una riflessione poetica: “La bara non esiste, perché quando uno è uno scrittore nato non muore, ma continua a nascere. Stefano mi ha donato il potere della fantasia. È bellezza innamorata”. L’editore di una vita, Carlo Feltrinelli, ricorda invece l’uomo “spigoloso, selvatico, poco incline al compromesso“, per cui “fargli fare un’intervista era come mandarlo dal dentista senza anestesia”.
Ma le parole più potenti sono quelle del figlio Niclas, arrivato da Panama. Parla di una “marea di testimonianze d’affetto intergenerazionale”, dai 12 agli 85 anni. “C’è chi mi ha detto che ha trovato l’amore grazie a un libro di mio padre, chi si è sentito meno solo, chi si è rialzato nei momenti difficili”. E rivela il vero desiderio del padre: “Stefano diceva sempre: ‘a me non interessa essere un bestseller ma un longseller’, continuare a venire letto per molti anni”. Conclude con una riflessione commossa: “Io mi ritrovo dopo gli anni della sua malattia a poter attingere a questa grande memoria collettiva. Questo mi permette di vedere mio padre in una luce più sincera e complessa, con le sue luci e le sue ombre, il senso dell’ironia, l’arguzia e le sue complesse fragilità. Per un figlio questa possibilità è un dono, un regalo che mi viene fatto”.
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha ricordato come anche le sue critiche aspre alla città fossero “un gesto d’amore”. E mentre nel vicino Chiostro dell’Arena del Sole le sue parole risuonano in una maratona di letture, il fratello Andrea svela l’ultimo desiderio: dopo i funerali privati, le ceneri saranno disperse nel mare della Sardegna, al largo della costa del Sinis, con “musica, una mangiata, qualche poesia”. L’invito finale, per tutti, arriva ancora dal figlio Niclas: “Se e quando ci mancherà in futuro aprite un suo libro, per trovare nelle pagine il suo umorismo, la sua magia”.
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