“Fino a 28 anni ho fatto altri mestieri per pagarmi l’affitto, cameriere, buttafuori, pony express. Dicevano che non avevo la faccia da protagonista”: il racconto di Pierfrancesco Favino”
- Postato il 15 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Nel film presentato a Cannes e che apre la Quinzaine, Pierfrancesco Favino è il papà di Enzo (questo il nome della pellicola), un ragazzo di 16 anni che decide di fare l’apprendista muratore a Marsiglia. Famiglia borghese, casa molto bella, papà professore universitario e la scelta di una professione che non sta in questa scia: “Sono tanti anche i temi del film, anche sociali”, le parole dell’attore al Corriere della Sera a proposito della pellicola di Robin Campillo. E ancora: “L’idea di progressismo, della borghesia, di cosa significhi appartenere a un ambiente intellettualmente vivo e invece ignoriamo le richieste di qualcuno che vuol diventare sé stesso e ha bisogno di rompere i legami con le proprie radici, e forse sta trovando un proprio talento”.
Il racconto di Enzo porta a parlare anche dell’infanzia di Favino e del suo, di papà: “Orfano a 8 anni, cresciuto in un seminario, se non si fosse messo la corazza non avrebbe resistito. Era iper affettuoso, ho avuto la fortuna di vivere con lui il mio passaggio come uomo, anche se è bizzarro che sia avvenuto quando si ammalò. Mio padre ebbe il coraggio di diventare antagonista per spronarmi. Da genitore aveva paura di un ambiente così aleatorio e complicato come quello degli attori, cercava di proteggermi, ma poi soffiò sul fuoco per accendere il motore. Un percorso simile al film? Sì, infatti non è stato difficile intercettare quel padre”.
E poi la gavetta: “Fino a 28 anni ho fatto altri mestieri per pagarmi l’affitto, cameriere, buttafuori, pony express. Ai provini dicevano che non avevo la faccia da protagonista. Alla mia prima esperienza, un film in tv, ero stato preso come protagonista e mi ritrovai a un ruolo di contorno perché fisicamente non andavo bene. Il bello è che il regista, Alberto Negrin, è lo stesso che poi mi fece fare Bartali. A distanza di tempo è andata bene così, mi sarei bruciato. Mi considero un senza patria tuttora, non mi sono mai sentito da qualche parte, anche i miei genitori erano immigrati dalla Puglia. L’idea del viaggio è importante”.
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