Fine vita, il centrodestra scopre le carte: esclusa la sanità pubblica, sull’accesso deciderà un organo di nomina politica

  • Postato il 2 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo mesi di stallo il centrodestra scopre le carte sul fine vita, la legge che dovrà disciplinare l’accesso al suicidio assistito sulla base della sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato/Dj Fabo. I relatori di maggioranza al Senato (Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia) hanno presentato una nuova proposta di quattro articoli, che mercoledì è stata votata come testo base dalle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali, con il no delle opposizioni. Il nuovo testo sostituisce quindi le cinque proposte alternative depositate finora, in discussione in Commissione da oltre un anno, su cui non era mai stato trovato un compromesso. Il provvedimento è atteso in Aula il 17 luglio: il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato a martedì 8.

Il punto più controverso, già anticipato nei giorni scorsi, è l’esclusione del Sistema sanitario nazionale dalle future procedure di suicidio assistito: “Il personale in servizio, le strumentazioni e i famaci di cui dispone a qualsiasi titolo il Sistema sanitario nazionale non possono essere impiegati al fine della agevolazione del proposito di fine vita”, si legge. Ad accertare la sussistenza dei requisiti indicati dalla Consulta nella sentenza del 2019 – patologia irreversibile fonte di sofferenze intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, capacità di intendere e volere – sarà un “Comitato nazionale di valutazione“, formato da sette componenti nominati dal presidente del Consiglio, “di cui un giurista, un bioeticista, un medico specialista in anestesia e rianimazione, un medico specialista in medicina palliativa, un medico specialista in psichiatra, uno psicologo e un infermiere”.

Rispetto ai criteri dettati dalla Consulta, per poter accedere al suicidio assistito viene aggiunta la condizione che la persona sia “inserita nel percorso di cure palliative“. In questo senso, l’articolo 3 della proposta detta “disposizioni per garantire l’accesso” a questo tipo di cure allo scopo di ridurre le disparità tra Regioni, e prevede l’istituzione di un apposito osservatorio da parte di Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali. All’articolo 1 si riconosce il diritto alla vita come “diritto fondamentale in quanto presupposto di tutti i diritti dell’ordinamento”: sparisce l’inciso “dal concepimento alla morte naturale”, presente in una prima bozza e contestatissimo dalle opposizioni.

Per il segretario di +Europa Riccardo Magi la proposta è “un’offesa alle persone che soffrono, ai loro familiari e alla laicità dello Stato. L’obbligo di cure palliative come condizione necessaria per accedere al suicidio assistito è un obbrobrio, mentre l’esclusione del Servizio sanitario nazionale è classista: ci sarà chi potrà permettersi di ricorrere all’eutanasia e chi dovrà soffrire le pene dell’inferno perché non ha i soldi. Sempre che ci sia l’autorizzazione del comitato etico nominato da palazzo Chigi: una sorta di Sacra Rota con cui il governo si infila dentro il letto di morte dei cittadini e che dovrebbe far gelare il sangue a qualsiasi persona abbia a cuore la laicità dello Stato e le libertà individuali”.

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