Fiat Barchetta, la Punto che diventò spider
- Postato il 5 maggio 2025
- Auto D'epoca
- Di Virgilio.it
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Erano gli inizi degli anni 90 e nel mercato automobilistico era appena stata presentata la prima Mazda MX-5, con conseguente esplosione delle due posti a cielo aperto. Il management Fiat guidato dall’ing. Paolo Cantarella, vedendo il trend di mercato in costante crescita, decise di dare mandato al Centro Stile per una spider basata sul telaio della “Tipo B”, la prima denominazione di quella che poi diventò la Punto. Il progetto si trasformò in una sfida per il team di giovani designer che popolava il reparto creativo di Mirafiori, con due filoni stilistici che si contrapposero, capitanati da Chris Bangle e Andreas Zapatinas. Fu la proposta di quest’ultimo a venire scelta, grazie a uno stile che strizzava l’occhio alle spider italiane del passato e un distacco maggiore dall’ultima presentata in casa Fiat, ovvero la Coupé.
Il design di Zapatinas
La vettura disegnata dal designer greco Andreas Zapatinas si basava su un passo corto (17 cm in meno rispetto alla Punto) e un lungo cofano. Sotto il nome barchetta, rigorosamente in minuscolo come precisa la scritta in corsivo sulla plancia destra, Fiat progettò una vettura dalle linee morbide ed eleganti, caratterizzata da numerosi dettagli di stile e da un’impostazione di guida da vera sportiva. Capote in tela, cofano che supera il limite del parabrezza protraendosi direttamente sul cruscotto e pannelli in tinta con la carrozzeria raccontano un design ricercato dove interno ed esterno dialogano quasi a intrecciarsi.

La Barchetta porta con sé l’atmosfera tipica delle sportive italiane a cielo aperto degli anni Sessanta, pur abbandonando ogni richiamo retrò troppo marcato. I proiettori carenati si fondono con le nervature del frontale in un gentile omaggio alle spider del passato come la Ferrari 166 MM, mentre il posteriore corto e raccolto ospita fanali allungati per una coda più compatta e statuaria. Ultimo, e forse più iconico omaggio, sono le maniglie “a barchetta” in onore alla Cisitalia 202, primo esempio di design automobilistico esposto permanentemente al MoMA di New York. Anche la scelta dei colori fu molto curata: tonalità brillanti come l’Arancione Aragosta, il Rosso Corsa o il Blu Lido sottolineavano il carattere pop e giovanile della spider torinese. A bordo, l’abitacolo era essenziale nei materiali ma ricercato nel design: per la prima volta in Fiat l’autoradio era incastonata all’interno della plancia, la posizione di guida era impreziosita da un moderno volante a tre razze, la strumentazione a tre cerchi metteva in primo piano i giri motore e infine la famosa scritta “barchetta” sul vano portaoggetti ricordava ogni volta al conducente il vero spirito dell’auto.
Le prestazioni e l’assetto
Sotto il lungo cofano della Fiat Barchetta pulsava un cuore tutto italiano: un 1.8L quattro cilindri con variatore di fase in aspirazione (meglio conosciuto come Pratola Serra), capace di erogare 131 CV a 6.300 giri/minuto e una coppia di 164 Nm a 4.300 giri. Numeri che, abbinati a un peso contenuto poco sopra la tonnellata, promettevano una guida vivace e appagante. Lo scatto da 0 a 100 km/h veniva segnato in 8,9 secondi, mentre la velocità massima toccava i 200 km/h.
Rispetto alla concorrente giapponese, la Fiat Barchetta scaricava i propri cavalli sull’asse anteriore. Questo consentiva un evidente vantaggio in fatto di stabilità e sicurezza, ma allo stesso tempo richiese un lavoro di fino a livello di assetto per offrire una guida che non facesse rimpiangere l’emozione della trazione posteriore. Lo schema sospensivo vantava McPherson indipendenti all’anteriore e bracci interconnessi al posteriore. Il telaio rispetto all’originale “Tipo B” fu notevolmente irrigidito con numerose traverse scatolate e longheroni, mentre il roll-bar era integrato nella cornice del parabrezza. Nonostante l’architettura anteriore, la distribuzione dei pesi e la taratura degli assetti garantivano un comportamento neutro e sincero, capace di divertire chiunque si mettesse al volante. La Barchetta, più che cercare la prestazione assoluta, invitava a godersi la strada, i paesaggi, le curve, il cielo sopra la testa.
La produzione nella Carrozzeria Maggiora
Nel 1995 la Fiat Barchetta venne presentata ufficialmente al Salone di Ginevra, subito dopo una presentazione stampa in pista a Jerez de la Frontera, in modo da conquistare subito il pubblico per estetica e prestazioni. Propulsore, cambio, differenziale e lamiere vennero prodotti in diversi stabilimenti in giro per l’Italia per poi essere assemblati presso la Carrozzeria Maggiora di Chivasso, e verniciati dalla Carrozzeria Bertone. Il ritmo produttivo, pur limitato rispetto agli standard industriali, permise alla spider torinese di guadagnarsi una nicchia di appassionati in Italia e all’estero. La Barchetta fu esportata in diversi mercati europei e arrivò a conquistare anche in Giappone, dove il gusto per le piccole roadster era in piena espansione.
Nel 2002, con la chiusura della Maggiora, Fiat decise di riportare la produzione all’interno dello stabilimento di Mirafiori, a Torino. Questo passaggio comportò alcune modifiche nella gestione dell’assemblaggio e portò a un leggero restyling, ma il modello rimase sostanzialmente fedele al progetto originale. Tra il 1995 e il 2005 vennero prodotti circa 57.700 esemplari di Barchetta. Un numero che oggi, alla luce del crescente interesse verso le youngtimer italiane, contribuisce a renderla ancora più desiderabile tra gli appassionati di auto sportive compatte e divertenti.
Tutte le versioni di Fiat Barchetta
L’unico restyling del modello arrivò nel 2003, quando la Barchetta venne leggermente aggiornata con nuovi paraurti più avvolgenti, gruppi ottici anteriori e posteriori ridisegnati, specchietti retrovisori aggiornati e alcuni ritocchi agli interni. Anche la gamma colori venne rinnovata, con l’introduzione di tinte metallizzate più contemporanee, senza però tradire l’anima solare e giovanile della vettura. Parallelamente, Fiat lanciò anche alcune edizioni speciali, pensate per mercati specifici o per celebrare momenti particolari:
- Fiat Barchetta Coupé (1996): prototipo presentato al Salone di Torino del ’96 e mai messo in produzione, attualmente sembrerebbe ne esistano solo due esemplari al mondo, di cui uno è stato in mostra all’Heritage Hub.
- Limited Edition (1998): prodotta in 2.507 esemplari, si distingueva per la targhetta numerata tra la leva del cambio e quella del freno a mano e una ricca offerta di serie. Disponibile in due colorazioni: Grigio Steel con interni rossi e Verde Stelvio con interni beige biscuit.
- Club Italia (1998): realizzata in circa 6 esemplari esclusivamente per i soci del sodalizio “Club Italia”. Caratterizzata da targhette sui parafanghi anteriori, rivestimenti in pelle naturale beige e verniciatura bicolore blu Odissea metallizzato e verde metallizzato.
- Palazzo (1998): prodotta in collaborazione con Auto Palazzo di Stoccarda, contava tra i 30 e i 50 esemplari, con carrozzeria Blu Odissea e interni in pelle beige.
- Limited Edition (1999): versione esclusiva per il mercato tedesco e giapponese in 2003 esemplari con carrozzeria nera o rossa e interni a contrasto.
- Riviera (2000): dotata di accessori esclusivi e personalizzazioni estetiche.
- Naxos (2002): caratterizzata da interni specifici, un dedicato impianto Hi-Fi, livree particolari e accessori dedicati.
- Milano: versione dedicata al mercato svizzero, riconoscibile per gli interni in pelle e dettagli raffinati.
- Sergio Tacchini (2004): edizione speciale per il mercato belga, nata in collaborazione con il famoso brand sportivo.
- Alviero Martini (2004): versione con interni personalizzati dal celebre stilista.
- Consacrazione (2005): ultima versione prodotta in serie limitata per omaggiare la storia della vettura.
In tutte le sue declinazioni, la Barchetta ha sempre conservato la sua identità originaria: una spider pura, giovane e dinamica. Una filosofia semplice che ha dettato il suo indiscutibile successo.