Femminicidio Alessandra Matteuzzi, confermato l’ergastolo per Giovanni Padovano. La famiglia: “Finalmente giustizia”
- Postato il 17 settembre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Tre anni dopo il “crudo e terribile” femminicidio dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, 56 anni, diventa definitivo l’ergastolo per Giovanni Padovani, ex calciatore dilettante e modello, 28enne che il 23 agosto 2022 aggredì la donna sotto casa a Bologna. La vittima fu aggredita a calci, pugni, colpita con un martello e e l’uomo infierì su di lei infine con una panchina. Quando venne aggredita Alessandra era al telefono con la sorella Stefania, presente all’ultimo grado di giudizio a Roma. La Cassazione ha accolto accolto le richieste del procuratore generale e ha rigettato il ricorso della difesa dell’imputato, l’avvocato Gabriele Bordoni, al termine di una camera di consiglio di poco più di due ore.
“Giustizia. Oggi Alessandra ha avuto, finalmente, giustizia. Giovanni Padovani è un assassino, persecutore, capace di intendere e di volere; ha cercato, in ogni modo, di controllarla e possederla, fino a quando lei ha deciso di ribellarsi a tutto ciò ed è stata ferocemente uccisa”, dicono gli avvocati Chiara Rinaldi e Antonio Petroncini, per i familiari della vittima. Padovani rispondeva di omicidio aggravato da stalking, vincolo del legame affettivo, motivi abietti e premeditazione. Durante il processo di primo grado una perizia aveva stabilito che il giovane era pienamente in grado di intendere e volere e di stare in giudizio. E già nel processo di appello erano state respinte le richieste della difesa di procedere a nuove analisi cliniche, ritenendole inutili. I periti psichiatrici avevano infatti stabilito che l’imputato aveva anche simulato le risposte, “al fine specifico di indurre a credere nella sua instabilità mentale”.
“L’imputato – si leggeva sempre nella sentenza della Corte di assise di appello bolognese – ha considerato la vittima come un oggetto di proprietà, non come una persona a cui riconoscere il diritto di esprimere una scelta di libertà o di dissenso, l’azione omicida è espressione di un intento ritorsivo dell’imputato verso l’insubordinazione della vittima, è una punizione per essere stato lasciato, per i presunti tradimenti da lui ossessivamente contestati alla vittima”.
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