Ex raffineria Tamoil a Cremona, gip archivia: “Inquinamento datato”. Accusatori: “Omesse indagini decisive”

  • Postato il 25 agosto 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’inchiesta Tamoil è da archiviare. L’ex raffineria di Cremona oggi non inquina più. Lo ha scritto il gip Giulia Masci nell’ordinanza che ha accolto la richiesta bis di archiviazione del pm Davide Rocco. In sostanza, l’inquinamento prodotto dall’impianto cittadino di lavorazione del greggio, da oltre dieci anni trasformato in deposito e ubicato in fregio al fiume Po, è “storico”, ossia precedente al 2012. L’ordinanza lascia l’amaro in bocca a chi si è battuto perché la Procura approfondisse le indagini. E oggi rilancia, sostenendo che se ci sono ancora sostanze inquinanti dopo 18 anni dall’autodenuncia di Tamoil, significa che la barriera idraulica non funziona bene oppure che ci sono state perdite anche in tempi più recenti.

In un primo momento, il gip aveva ordinato un surplus di indagini al pubblico ministero relativamente alla possibile presenza di sostanze inquinanti nelle aree esterne all’impianto di raffinazione. Ma l’attuale presenza di surnatante, ossia residui di idrocarburi, nell’area della società sportiva rivierasca canottieri Bissolati, si legge nelle conclusioni dell’ordinanza di archiviazione –, “da un lato non è databile in modo certo e ragionevolmente è riconducibile a sversamenti attuati sino al 2011, e dall’altro non vi è prova che sia stato causato da un inefficiente funzionamento della barriera idraulica (un sistema di contenimento degli idrocarburi realizzato oltre 15 anni fa, ndr). Come visto, la tecnologia di bonifica adottata da Tamoil – condivisa con gli enti pubblici interessati – è in linea con gli standard internazionali per interventi di questo tipo ed è stata attestata come efficace e idonea, nel corso degli anni, da diversi organismi pubblici…”.

Quest’ultima indagine aveva preso avvio dagli esposti di Legambiente, dell’esponente dei Radicali cremonesi Gino Ruggeri e della stessa Bissolati. “Si evidenzia una differenza clamorosa tra una recente sentenza del Tar e questa archiviazione – commenta Ruggeri a ilfattoquotidiano.it –. L’inquinamento c’è e lo aveva rilevato l’accertamento tecnico preventivo del tribunale nel 2021. Sarebbe stato logico fare indagini approfondite, ma la Procura ha preferito non farle. Non è credibile dire che l’inquinamento attuale deriva dalle condotte anteriori al 2007. È troppo elevato”. Il Tar, ad aprile, aveva dato ragione alla Bissolati e torto al Comune di Cremona. La società sportiva aveva evidenziato la necessità di ripartire da zero con interventi e misurazioni rispetto alla possibile presenza di sostanze inquinanti, sostenendo che la barriera idraulica non bloccasse la fuoriuscita di inquinamento dal sito industriale.

Di diverso avviso il gip, che a proposito della barriera idraulica scrive: “I consulenti tecnici, non rilevando alcuna criticità nella barriera idraulica che potesse far ipotizzare un suo cattivo funzionamento e non avendo alcuna notizia concernente episodi specifici di sversamenti o perdite di entità significativa all’interno del perimetro Tamoil, ritenevano che le contaminazioni riscontrate fossero riconducibili a uno ‘stato di contaminazione’ preesistente, ovvero agli effetti di sversamenti o perdite di idrocarburi avvenuti diversi anni fa sulle aree Tamoil e limitrofe”. “L’area della Bissolati – si legge invece in una dura nota della società sportiva – dopo diciotto anni dall’autodenuncia della Tamoil e dopo quattordici anni nei quali è in funzione la procedura di ripristino ambientale, è ancora inquinata. Faremmo un torto all’intelligenza ritenere che quanto ancora oggi presente in Bissolati sia quanto residua dall’inquinamento precedente al 2007”.

“La prova di un nuovo inquinamento dell’area della Bissolati non è stata raggiunta – spiega al Fatto Gian Pietro Gennari, uno dei legali della Bissolati – perché i consulenti della Procura non hanno effettuato le indagini in ordine al tracciamento del prodotto, alla sua evoluzione e datazione, che sarebbero state necessarie allo scopo. La necessità di effettuare tali indagini è stata, peraltro, richiesta dal Tar al Comune di Cremona con la sentenza di aprile. Indagini che risultano necessarie per verificare la tenuta o meno della barriera idraulica. Indagini che la Procura e i suoi consulenti non hanno ritenuto di eseguire. Resta difficile comprendere – conclude Gennari – perché le indagini ritenute utili in sede amministrativa non siano state eseguite prima dai consulenti della Procura durante le indagini e disposte poi dal gip”.

Chiusi dunque i risvolti penali del caso dell’inquinamento Tamoil, con il punto fermo della sentenza passata in giudicato nel 2018 che ha condannato il manager Enrico Gilberti a tre anni per disastro ambientale colposo, restano pendenti alcuni giudizi civili e amministrativi: la causa Bissolati contro Tamoil per risarcimento dei danni subiti in seguito all’inquinamento; il ricorso al Consiglio di Stato della Tamoil, dopo la vittoria al Tar della Bissolati; la causa civile per danno ambientale e d’immagine del ministero dell’Ambiente contro Tamoil, procedimento al quale si è accodato anche il Comune di Cremona.

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Il Fatto Quotidiano

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