Ex Ilva e ipotesi forno elettrico, Patrizia Avagnina torna a lottare: “A Cornigliano emmo za dæto”
- Postato il 17 luglio 2025
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- Di Genova24
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Genova. “Alla mia età, dopo 40 anni di vita dedicati alle battaglie per l’ambiente e la salute, dopo aver perso mio figlio e mio marito e tante persone care, non credevo di dover ricominciare da capo”. Patrizia Avagnina è una delle Donne di Cornigliano, anzi – insieme alla compianta Leila Maioccp – la più combattiva delle Donne di Cornigliano, componente di quel comitato Difesa Salute e Ambiente che dal 1985 al 2005 si batté per la decarbonizzazione dell’Ilva genovese e per l’accordo di programma che tutelò anche i lavoratori.
Nei giorni in cui è d’attualità l’ipotesi di un ritorno del ciclo di fusione a caldo nello stabilimento di Cornigliano, sulla base di un piano per Acciaierie d’Italia in A.S. presentato dal governo, Patrizia Avagnina non nasconde una profonda preoccupazione e annuncia: “Un forno elettrico sempre un forno, necessiterà di laminatoio e calata continua, è chi dice che non è inquinante dice il falso, al convegno organizzato dalla Fiom sono state dette troppe mezze verità ma soprattutto mille bugie e gli elementi critici non sono stati, invece, minimamente affrontati”.
Patrizia Avagnina è intenzionata a organizzare quanto prima un’assemblea pubblica, aperta a comitati e cittadini: “Dobbiamo parlarci, voglio sentire quello che pensa la gente al di là dei commenti sui social network, e bisogna chiarirsi, l’obiettivo non è quello di un braccio di ferro tra chi vuole il forno elettrico e chi non lo vuole, non si tratta di fare un referendum, si tratta di capire che cosa ci stanno proponendo, a quali costi, con quali tempi, e soprattutto perché, a beneficio di chi”.
Il già citato convegno sul forno elettrico organizzato martedì 15 luglio dalla Fiom genovese ha accelerato le reazioni delle realtà che considerano il ritorno della fusione a caldo un passo indietro per Cornigliano. Ieri un gruppo di cittadini, tra cui la stessa Avagnina, ha scritto una lettera alla sindaca e alla prefetta sul tema.
E proprio alla sindaca Silvia Salis la pasionaria di Cornigliano lancia un appello: “So che ha chiesto alla città e ai cittadini di affrontare l’argomento senza preconcetti, affidandosi alla scienza ma spero che per scienza non intendesse il racconto del forno elettrico fatto dall’ingegnere del gruppo Danieli che i forni costruisce e vende, ad ogni modo non servono dati nuovi per sapere cosa butta fuori un forno, a Cornigliano finalmente iniziamo a respirare, dopo tanti anni, ma tra aeroporto, logistica e traffico l’equilibrio è fragile, Cornigliano non accetterà un grammo in più di sostanze inquinanti, lo dico alla sindaca: emmo za dæto, abbiamo già dato“.
Che Patrizia Avagnina non abbia perso un briciolo di spirito combattivo lo dimostra un documento stilato all’indomani del convegno della Fiom e in cui l’attivista prova a smontare alcuni argomenti di chi vorrebbe il forno elettrico. In una lunga disamina Avagnina si sofferma soprattutto sulla questione inquinamento e su quella logistica. “Neppure il gruppo Danieli, che costruisce i forni elettrici digitali ad arco, li definisce green, un termine spesso abusato, perché non sono alimentati a energie rinnovabili, e comunque sullo stesso sito web di Danieli si parla di emissioni dirette di questo processo sono pari a 0,1-0,3 tonnellate di CO2 per tonnellata di acciaio, e poi ci sono i microinquinanti organici, la contaminazione da metalli pesanti, cadmio, piombo, zinco, cromo”.
“L’altra questione è quella del rottame – continua Avagnina – secondo il piano Urso l’approvvigionamento di rottami verrà trasferito a Genova ma non si sa ancora da dove e sarà veicolato con camion e treni, ammucchiato e respirato qui. Nella presentazione di martedì non è stato fatto riferimento alcuno alla messa in sicurezza, dal punto di vista sanitario e ambientale, della qualità e stoccaggio del rottame. Al solo pensarci, ci è tornato il gusto di ferro in gola degli anni passati“.
Ma Patrizia Avagnina, come in passato, parla anche di occupazione e lavoro: “Notiamo con amarezza che la parte dell’accordo del 1999, poi integrato nel 2005, che prevedeva insieme alla chiusura del caldo e oltre alla tutela economica dei lavoratori il rilancio e potenziamento della siderurgia a freddo, con riassorbimento dei lavoratori, è stata disattesa nei fatti e in gran parte negli intenti di molti amministratori pubblici e, purtroppo, di parte del sindacato. Il ciclo siderurgico a freddo lavora e può avere prospettive di allargamento del sul mercato. Il ministro del made in Italy Urso avrebbe potuto impegnarsi ed impegnare il suo governo a mettere finalmente mano agli impianti del freddo, ammodernando e sostituendo quelli esistenti datati 1956 che non reggono più sul piano della produzione tanto che la stessa è scesa al 20% e in porto è fermo parecchio materiale destinato ad essere lavorato”.
Avagnina che negli anni si è battuta al fianco dei metalmeccanici per trovare una soluzione per la città che tenesse insieme le esigenze della salute e quelle del lavoro, è amareggiata: “Sono iscritta alla Cgil da sempre, in passato abbiamo lavorato con i compagni su queste informazioni perché al tempo essere informati consentiva di avere forza di contrattazione in fabbrica, quindi davvero non capisco la veemenza esternata al convegno dall’Rsu Armando Palombo e altri, addirittura prospettare scioperi se le cose non andranno come vogliono loro, lo sciopero è un diritto ma non può essere usato in questo modo“.