Europa a rischio fame: il Green Deal affonda agricoltura e industria alimentare
- Postato il 5 agosto 2025
- Di Panorama
- 2 Visualizzazioni


Se il disastro delle auto si conta mese per mese, col crollo delle vendite e della produzione (Porsche a Stoccolma 1.900 esuberi; Stellantis perde 2,3 miliardi di euro) dopo che la follia del Green deal ha messo al tappeto la principale industria europea, abituati a celebrare i fasti del made in Italy nell’agroalimentare nessuno si accorge che l’Europa rischia di trovarsi alla fame o di farsi invadere da prodotti di scarsissima qualità. Con un contraccolpo durissimo anche sulle produzioni italiane. Già arrivano l’olio tunisino – 132 mila tonnellate – che entra senza dazi; il riso birmano – 388 mila tonnellate -, che l’Ue compra deprimendo quello italiano: noi siamo il primo produttore europeo; le arance del Marocco, oltre 15 mila tonnellate; le nocciole turche per circa 350 mila tonnellate (Ankara è il primo esportatore e la sua penetrazione in Ue è aumentata del 43 per cento negli ultimi due anni); il concentrato di pomodoro cinese (100 mila tonnellate) a cui si aggiunge il pesce (180 mila tonnellate). Ed è solo un parzialissimo elenco.
Standard doppi e regole sleali
Il tasto dolente è la mancanza di reciprocità di ciò che viene da fuori Europa (standard di qualità, di salubrità, di eticità e di rispetto ambientale pari a quelli imposti ai produttori europei), e la non riforma del codice doganale che consente di etichettare come comunitari prodotti che subiscono anche solo l’ultima parzialissima trasformazione in Ue.
L’olio extravergine “truccato”
L’esempio più clamoroso è l’olio extravergine di oliva: che pur essendo blend di oli Ue e non Ue può essere spacciato come europeo e lo stesso vale per il miele o i succhi di frutta. Ursula von der Leyen ci ha messo il carico da 11 – come si dice giocando a briscola nelle osterie di campagna – della riforma del bilancio comunitario. Dal 2028 sono 92 miliardi di euro in meno di sostegno ai campi, sparizione dell’asse dello sviluppo rurale (il sostegno per i piccoli produttori e le comunità rurali anche per il lavoro di salvaguardia ambientale) e pianificazione degli interventi su base nazionale (cancellate le Regioni come interlocutrici della politica agricola), che vengono liquidati a consuntivo secondo lo schema del Pnrr.
Inflazione, tagli e fondi pesca azzerati
Va anche calcolato che sui sei anni di vigenza del quadro finanziario – i contributi non vengono indicizzati -, l’inflazione si mangia altri 60 miliardi per effetto degli interessi composti e che nell’elenco dei tagli vanno aggiunti i 4 miliardi (su 6,2 complessivi) del fondo per la pesca con l’Ue che è ormai deficitaria sia nelle catture che nell’acquacoltura.
Trattori di nuovo in marcia
Inutile dire che gli agricoltori non ci stanno: hanno riacceso i trattori per marciare su Bruxelles dove andranno a scaricare tonnellate di letame davanti a “casa” Von der Leyen: palazzo Berlaymont. La Coldiretti ha dichiarato la mobilitazione permanente per tutti e due gli anni che ci separano da qui all’approvazione definitiva del nuovo bilancio Ue – già l’Eurocamera e tre quarti degli Stati che siedono nel consiglio europeo si sono detti contrari allo schema della “baronessa” – e il Copa-Cogea (rappresenta 23 milioni di imprese agricole e 22 cooperative di tutta Europa) è pronto a bloccare a oltranza gli uffici dell’Ue.
L’impatto su una filiera già fragile
Ma al di là delle proteste l’impatto delle misure annunciate dalla presidente della Commissione che è stata ribattezzata con due nuovi soprannomi non proprio aggraziati – “Fon der Leyen”, in riferimento alla sua capigliatura cotonata, e “Vonderland”, in riferimento alla “ragione” che non c’è – appare devastante su un’agricoltura continentale già in forte sofferenza. Secondo un rapporto di Areté e Standard & Poor’s consegnato all’Eurocamera a inizio 2025, l’84 per cento dei semi di soia è importato, la metà proviene dal Brasile e oltre un terzo dagli Stati Uniti. Per le farine di soia (usate prevalentemente nella mangimistica) il deficit raggiunge il 97 per cento (due terzi ne compriamo tra Brasile e Argentina), il 68 per cento dei fertilizzanti arriva da fuori, con la Russia (nonostante le sanzioni) primo fornitore. Di fatto l’Europa per le materie prime di base agricole – compresi anche cereali, ortaggi e frutta, ma particolarmente per i semi oleosi – è dipendente dall’estero.
Le cifre della catastrofe agricola
Gli effetti del Green deal in agricoltura sono pesanti. Uno studio di Divulga – tra i più importanti centri studi sull’economia agricola d’Europa – ha messo a confronto le stime di tre diversi osservatori – il Jrc (di fatto è l’ufficio statistico dell’Ue), l’università di Wageningen (la più importante per gli studi agricoli in Olanda) e la Usda (l’ufficio agricolo degli Usa) – per stimare l’impatto sull’Ue delle restrizioni alla coltivazione.
I risultati sono allarmanti: produzione ridotta tra il 15 e 20 per cento; su circa 550 miliardi di valore agricolo significa rinunciare ai prezzi attuali a 110 miliardi di Pil, aumento dei prezzi all’origine oltre i 17 punti, contrazione di un quarto dell’export con un aumento in egual misura dell’importazione con punte di un più 92 per cento per la frutta e un più 209 per cento del mais. Sostiene il presidente di Coldiretti Ettore Prandini: «Von der Leyen vuole finanziare il riarmo togliendo soldi al pane perché dice che siamo insicuri. Non ha capito che la prima sicurezza da tutelare è quella alimentare. È convinta che con i cibi artificiali prodotti in laboratorio potrà sfamare l’Europa? È una follia. Prenda esempio dalla Cina che con il 18 per cento di popolazione mondiale controlla il 60 per cento del grano!».
Mercosur, un colpo finale all’agricoltura
Ma non è finita perché il disimpegno agricolo europeo diventa manifesto con l’accordo Mercosur. La Von der Leyen e soprattutto Friedrich Merz, cancelliere tedesco, hanno fretta di rendere operativo l’accordo con i Paesi sudamericani – anche se l’Argentina ora guarda più a Donald Trump che ai suoi vicini – per vendere a brasiliani e soci le automobili messe fuorigioco dal Green deal. Per farlo però sacrificano i prodotti agricoli europei – ecco la contrarietà dell’Italia al Mercosur – dando via libera soprattutto al Brasile che già oggi con 9 miliardi di euro copre l’11 per cento delle importazioni europee.
Ci vende 8 milioni di tonnellate di semi oleosi, oltre 4 milioni di tonnellate di cereali, 930 mila di caffè, 200 mila di carne e 90 mila di frutta. Che per farlo abbia disboscato l’Amazzonia e usi in quantità industriali pesticidi vietati da noi, per Ursula von der Leyen forse non conta poi tanto. Per pagare il pieno ai suoi carri armati deve risparmiare e la spesa la vuole fare al discount…