Il mondo va in ordine sparso sulla disforia di genere. E non è un bene

  • Postato il 27 aprile 2024
  • Di Il Foglio
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Il mondo va in ordine sparso sulla disforia di genere. E non è un bene

C’è anche la firma di J. K. Rowling, che dopo la pubblicazione del Cass Review sul fallimento del sistema sanitario britannico nel trattamento delle/dei minori con disforia di genere ha chiarito di non avere intenzione di perdonare i suoi persecutori, a cominciare dagli attori della saga di Harry Potter – Daniel Radcliffe ed Emma Watson – che hanno “usato le loro piattaforme per fare il tifo per la transizione dei minori” e “si sono accodati a un movimento intenzionato a erodere i diritti faticosamente conquistati dalle donne”. C’è la firma di Keira Bell, la detransitioner più nota al mondo che con la sua denuncia ha dato avvio al radicale ripensamento sulla “terapia affermativa” a base di puberty blocker e ormoni, fino alla chiusura della Tavistock Clinic e al più recente stop al trattamento in Gran Bretagna. Keira ha detto che per lei è stato “traumatico e triste” leggere il rapporto della dottoressa Hilary Cass, anche se si è sentita “almeno in parte vendicata” e ha espresso la speranza di vedere partire procedimenti penali perché le ragazze e i ragazzi che come lei sono stati sottoposti a un trattamento “sperimentale e distruttivo” possano finalmente avere giustizia. 


La lettera-appello al primo ministro inglese Rishi Sunak lanciata dallo psicoterapeuta James Esses è stata sottoscritta da intellettuali, medici, avvocati, e personalità politiche di tutto l’arco parlamentare. E accoglie l’auspicio di Keira chiedendo l’apertura di un’inchiesta pubblica che accerti le responsabilità delle “istituzioni statali e non statali complici di questo danno”. “Per fortuna”, si dice nella lettera, “la marea sta cominciando a cambiare… La società sta lentamente ma inesorabilmente iniziando a rendersi conto degli orrori causati in nome dell’ideologia di genere. I bambini sono stati danneggiati. Le donne sono state cancellate. La libertà di parola è stata attaccata. La realtà è stata minata”. 


“Gli interventi medici sui bambini transgender si sono rivelati un grave scandalo medico” ma ci sono ancora scuole che “insegnano l’ideologia dell’identità di genere agli alunni come se fosse un dato di fatto, spesso escludendo o negando la realtà biologica… Rishi, se leggi questa petizione: per favore fai la cosa giusta e avvia con urgenza un’inchiesta pubblica. Il benessere dei nostri figli dipende da questo”.


In seguito alla pubblicazione della lettera, la ministra della sanità Victoria Atkins ha avvisato l’amministratrice delegata del servizio sanitario Amanda Pritchard: se si decidesse di avviare un’inchiesta pubblica, le gender clinic sarebbero obbligate a fornire i dati dei loro pazienti.


Intanto anche la Scozia si allinea alle recenti disposizioni inglesi – il Cass Review è stato un vero terremoto:  anche lì non si prescriverà più la “terapia affermativa” ai minori gender non-conforming. Ma se nel Regno Unito come in tutto il Grande nord e in più di venti stati americani la stretta trans sui bambini sembra allentarsi, sul fronte della trans-legislazione l’Europa resta un campo di battaglia. 


Qualche giorno fa, i parlamenti di Germania e Svezia hanno approvato leggi che consentono l’autoidentificazione di genere – self-id – con un semplice atto amministrativo. Il modello è la Ley Trans spagnola e altre norme simili già in vigore a Malta, in Lussemburgo, in Belgio, Danimarca, Irlanda, Norvegia e Portogallo. Fortemente sostenuta dalla maggioranza di governo, avversata dal blocco conservatore guidato dall’Unione cristiano-democratica (Cdu) e dal partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) – 373 voti a favore, 251 contro – la legge tedesca entrerà in vigore dal primo novembre e consentirà di “cambiare sesso” nel giro di tre mesi con una semplice autodichiarazione all’anagrafe, niente più perizie mediche e psicologiche e sentenze del tribunale. Ma qualunque sia il genere prescelto – c’è anche l’opzione non-binary – trascorso un anno potrà essere nuovamente cambiato, ed eventualmente ricambiato l’anno successivo: una super-fluidity modello fast-fashion che massimizza la “libertà”, se vogliamo chiamarla in questo modo, e azzera ogni impegno con se stessi, con gli altri e con la realtà materiale. Tra i 14 e i 18 anni la richiesta dovrà essere approvata dai genitori o tutori, ma nel caso gli adulti si opponessero il minore può rivolgersi al Tribunale della famiglia per fare annullare l’interdizione. D’altro canto ai genitori è conferito l’enorme potere di attribuire il sesso al figlio neonato a prescindere dall’anatomia: se volevi un maschio ma ti nasce una creatura con genitali femminili il particolare sarà ritenuto irrilevante, maschio lo volevi e maschio sarà all’anagrafe, salvo consentire al bambin* di confermare la scelta parentale una volta compiuti i cinque anni. 


Più moderata la legge svedese, anche in questo caso avversata da cristiano-democratici ed estrema destra ma soprattutto dalla stragrande maggioranza dei cittadini, 60 contrari su 100 secondo i sondaggi, solo il 22 per cento favorevole all’innovazione. Ma in Svezia come in Germania le leggi sono passate senza significativo dibattito pubblico e nonostante l’allarme del femminismo secondo il principio del no debate raccomandato su queste faccende dai Dentons Principle – meno se ne parla e meglio è –, tattica pedissequamente seguita dalla trans-lobby. 


Intanto in Spagna a un anno dall’approvazione della Ley Trans è il caos totale: le richieste di cambio di genere sono aumentate del 400 per cento, un gruppo di 37 militari di Ceuta, barba, baffi, sudore e polvere, ha ottenuto il cambio di massa, performance machista contro la Ley ma anche contro le quote riservate alle donne. Le associazioni trans li hanno denunciati per frode, i militari hanno contro-denunciato per transfobia: una pochade infernale.  


Ma la novità più rilevante viene dagli Stati Uniti dove il povero presidente Biden incalzato dai cattivi consiglieri obamiani ha di fatto abolito il Titolo IX dell’Education Amendment, articolo che dal 1972 vieta la discriminazione in base al sesso in tutti i programmi educativi pubblici. Al posto di “sesso” ora figura gender identity: vuole dire che qualunque uomo si dichiari donna a capocchia o per opportunismo potrà accedere a borse di studio accademiche e sportive riservate alle donne, avrà libertà di accesso a bagni, spogliatoi e dormitori femminili, che i docenti saranno tenuti ad accertare il pronome prediletto da ogni studente e che chiunque potrà essere accusato di transfobia se non si atterrà al regolamento. Alla faccia dei sondaggi che rilevano l’esasperazione degli americani, buona parte dei democratici compresa. Ma a quanto pare la forza della lobby nell’Amministrazione americana è irresistibile, hai voglia a strillare “Go Woke-Go Broke” – c’è anche una popolare ballad con questo titolo –, Disney, birra Bud e anche Victoria’s Secret che fuggono dalla fluidity per salvare i bilanci. 


A quanto pare non è solo una banale questione di affari e di business. Ci dev’essere in gioco dell’altro, non per essere complottisti, qualcosa che forse ha a che vedere con la vecchia democrazia, dispositivo noioso e obsoleto. C’è ancora molto da pensare, qui. 

 

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Autore
Il Foglio

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