Eternity, un valzer romantico nell’aldilà apre il Torino Film Festival con ironia e poesia

  • Postato il 22 novembre 2025
  • Cinema
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Benvenuti nella terra di mezzo. No, Tolkien non c’entra nulla. In Eternity – film d’apertura Fuori Concorso del Torino Film Festival 2025 – non ci sono hobbit e compagnie varie. Si tratta di una “stazione di scambio”, metà sala d’aspetto dei treni, metà piazza condominiale, dove transitano miliardi di anime di morti con le sembianze fisiche del momento più bello della loro vita. Ad accoglierli alcuni consulenti in ghingheri con cartelletta, pronti a suggerire loro le opportunità più varie su dove trascorrere la loro eternità. C’è il mondo montagna e il mondo mare (molto frequentato), il mondo satanista e quello modello Studio 54 (dove si pippa la coca), quello del circo, dell’eterna primavera e pure quello marxista (dicono: fuori moda). Scelto un mondo, si rimane lì per sempre.

Nella stazione di scambio giungono Larry (Miles Teller, lo ricordate in Whiplash) e Joan (Elizabeth Olsen, che a noi piace di più in I segreti di Wind River che nelle giaculatorie Marvel), due simpatici vecchietti che abbiamo visto battibeccare in automobile in mezzo al traffico prima dei titoli di testa, morti a una settimana l’uno dall’altra: prima lui, dopo essersi strozzato con un pretzel, poi lei per il cancro. Spaesato e ballonzolato tra migliaia di anime in transito, Larry finisce nella sua cameretta privata, con un armadio pieno di abiti amati e portati per una vita. Dovrà scegliere, tra centinaia di opuscoli e stand tipo fiera, quale sarà il suo mondo eterno.

Il tempo di consumare qualche buffa incertezza comica con una consulente dell’aldilà (Da’Vine Joy Randolph, in forma splendida), ed ecco arrivare anche la defunta Joan. Eternity parrebbe quindi già finire dopo una quarantina di minuti, se non fosse che il barista che ha servito Larry il primo giorno in cui è giunto lì altri non è che Luke (Callum Turner): primo marito di Joan, morto nella guerra di Corea e rimasto un giovanotto aitante e fascinoso che attende la sua ex moglie da almeno 50 anni per passare insieme l’eternità. A quel punto Joan è colta da una lancinante indecisione: il tempo per la scelta stringe e, ovviamente, né Larry né Luke vogliono cedere il posto l’uno all’altro.

Giocato sul registro di una brillante ironia su morte e aldilà, Eternity è un valzer spiritoso e romantico sul senso della vita di coppia, pitturato con tonalità calde e pastose, ritmato e animato da uno spirito poetico che potrebbe ricordare certi film della Pixar. Se c’è poi uno scarto in positivo rispetto a tante romanticherie d’accatto hollywoodiane è l’impianto produttivo generoso nel ricreare un’atmosfera originale, satura di codici nuovi da cogliere al volo e in fretta, tra stazione di scambio e relativi mondi dell’eternità in cui si svolge il 99% della storia. Non ci sono soltanto questi enormi grattacieli da cortili di periferia, i tabelloni con tutti i nomi dei defunti che scorrono come stazioni di partenza/arrivo, ma anche artigianalissimi fondali finti fatti di tessuto e colorati con la vernice, sostituiti a mano a ogni cambio scena delle fasi del giorno.

E poi, visto che “tutto ciò che siamo è una raccolta di ricordi”, quando le anime arrivano nei mondi eterni possono spesso visitare una specie di attrazione circense: un archivio modello baracchina dal doppio tunnel d’entrata. Da una parte si torna per rievocare i ricordi in coppia, dall’altra quelli in solitaria. Sarà del resto questo tunnel – collegamento spazio-temporale, nonché sentimentale – a imporsi come espediente per l’ennesimo twist finale con la Olsen protagonista. La regia è di David Freyne. Produce, ancora una volta con una discreta dose di coraggio, la oramai non più indie A24. In Italia esce il 4 dicembre con I Wonder. E, chissà, potrebbe pure essere la sorpresa sotto l’albero di Natale.

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Il Fatto Quotidiano

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