Equalize, niente arresto per Enrico Pazzali
- Postato il 31 luglio 2025
- Di Panorama
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Si fa più vicina la fase processuale per uno dei casi di spionaggio digitale più complessi degli ultimi anni in Italia, ovvero il caso Equalize. Il pm Francesco De Tommasi ha notificato oggi a Enrico Pazzali, ex titolare di Equalize ed ex Presidente di Fondazione Fiera Milano, e ad altri 14 indagati, un avviso di conclusione delle indagini, corredato da oltre 200 pagine di documenti.
L’atto, firmato dai magistrati Francesco De Tommasi, Antonello Ardituro e Barbara Sargenti della Direzione Nazionale Antimafia, rappresenta il preludio alla richiesta di rinvio a giudizio per un’organizzazione accusata di aver architettato un sistema di dossieraggio sistematico attraverso l’accesso abusivo alle principali banche dati istituzionali italiane.
L’architettura del sistema e il metodo operativo
Al centro dell’inchiesta c’è Equalize srl, società di investigazioni private con sede in via Pattari a Milano, che secondo l’accusa operava come una vera e propria centrale di spionaggio. Enrico Pazzali «ricopriva un ruolo di vertice quale ideatore, promotore e organizzatore dell’associazione a delinquere» legata alla società Equalize, contrariamente a quanto aveva stabilito inizialmente il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice, che aveva escluso misure cautelari per l’ex presidente di Fondazione Fiera Milano.
L’organizzazione, secondo gli inquirenti, aveva una struttura piramidale ben definita: ai vertici Pazzali come socio di maggioranza, affiancato dall’ex poliziotto Carmine Gallo (deceduto il 9 marzo scorso per infarto) e dal tecnico informatico Nunzio Samuele Calamucci, responsabile dell’architettura tecnologica del sistema di spionaggio. Quest’ultimo aveva ideato la piattaforma “Beyond” per veicolare i dati illecitamente acquisiti e coordinava un gruppo di hacker definiti negli atti “analisti” o “i ragazzi”.
Il principale obiettivo dell’organizzazione era il Sistema Informativo Interforze (Sii), la banca dati del Ministero dell’Interno nata nel 1981 che raccoglie segnalazioni, querele e dati giudiziari su persone fisiche e giuridiche. Allo Sii possono accedere solo ufficiali di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza autorizzati, con credenziali personali e obbligo di motivazione per ogni consultazione. I dati sottratti da questo sistema venivano poi elaborati e distribuiti attraverso la piattaforma “Beyond” ideata da Calamucci.
Contrariamente alle vanterie interne intercettate dai carabinieri, l’organizzazione non disponeva di capacità autonome di “bucare” i server del Ministero dell’Interno. Il sistema si basava piuttosto sulla corruzione di pubblici ufficiali infedeli, tra cui il poliziotto Marco Malerba del Commissariato di Rho e il maresciallo della Guardia di Finanza Giuliano Schiano della DIA di Lecce, che fornivano accesso diretto alle banche dati utilizzando le proprie credenziali istituzionali. Entrambi risultano essere indagati.
Le vittime illustri e i clienti facoltosi
Tra le centinaia di persone spiate emergono nomi di primo piano della politica, dell’economia e dell’informazione italiana. Sono stati consultati abusivamente i dati del presidente del Milan Paolo Scaroni, dei banchieri Giovanni Gorno Tempini e Massimo Ponzellini, dei giornalisti Giovanni Pons, Gianni Dragoni e Guido Rivolta, oltre all’architetto Stefano Boeri e al cantante Alex Britti.
Il sistema funzionava anche su commissione di clienti paganti, tra cui figurano, secondo l’accusa, Leonardo Maria Del Vecchio (figlio del fondatore di Luxottica), i fratelli Matteo e Fabio Arpe (manager di Erg e Heineken), e l’ex dirigente Publitalia Fulvio Pravadelli. I servizi spaziavano da questioni sentimentali e beghe familiari a vere e proprie operazioni di intelligence economica.
I reati contestati e il nodo intercettazioni
L’atto di conclusione indagini dei pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro conta oltre 200 capi di imputazione per i 15 indagati, articolati in un ampio ventaglio di reati che spazia dall’associazione a delinquere all’accesso abusivo a sistemi informatici, dalla corruzione alla rivelazione di segreti d’ufficio.
Particolare gravità assume l’accusa mossa a Vincenzo De Marzio, ex sottufficiale del Ros dei Carabinieri, accusato di aver consegnato a Calamucci oltre 52mila file del Sistema d’Indagine del Ministero degli Interni e 108mila documenti di polizia giudiziaria, alcuni dei quali classificati dall’Agenzia Informazione e Sicurezza Interna (il servizio segreto interno italiano) e coperti da segreto di Stato.
Una delle questioni più controverse riguarda l’effettiva capacità del gruppo di intercettare comunicazioni private. Gli inquirenti hanno accertato che molte presunte intercettazioni avvenivano in realtà solo grazie alla indispensabile collaborazione dall’interno di qualcuno che, nelle società clienti che richiedevano intercettazioni illegali di propri dipendenti o avversari, «apriva» agli hacker di Equalize le «porte» dei propri sistemi informatici, nei quali Equalize inoculava gli illegali captatori informatici detti Trojan. In alcuni casi, come emerso dalle testimonianze di vittime illustri, i messaggi attribuiti loro non corrispondevano esattamente alla realtà, pur riflettendo «grosso modo il loro pensiero vero».
Niente arresti domiciliari per Pazzali
Con la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, gli indagati hanno ora 20 giorni per presentare memorie difensive e richiedere di essere interrogati, nel tentativo di evitare il rinvio a giudizio.
La Procura ha già annunciato che seguiranno altri avvisi per soggetti collegati al gruppo principale. Intanto, però, il Tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso dei pm contro il no del gip alla richiesta di arresti domiciliari per Enrico Pazzali. Il Tribunale, decidendo sui ricorsi della Procura, ha disposto gli arresti domiciliari solo per l’immobiliarista romano Lorenzo Sbraccia, già ai domiciliari in un altro filone dell’inchiesta. I giudici hanno, comunque, riconosciuto il «grave quadro indiziario» prospettato dai pm per tutti gli indagati, tra cui lo stesso Pazzali.