Emergenza caldo, così le città si ritrovano piazze nuove di zecca, ma senza alberi né riparo. I casi più eclatanti a Roma e Milano: “Soluzioni non lungimiranti”
- Postato il 4 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Piazze nuove di zecca senza la minima ombra, fusti secolari sostituiti da alberelli alti poco più di un metro e mezzo, luoghi di ritrovo con panchine incandescenti per tutto il giorno. Si parla da anni di isole di calore e di come combatterle, eppure anche nelle grandi città, quelle più esposte, certi interventi di riqualificazione lasciano interdetti. Come è possibile rifare una piazza da capo, senza piantare neppure un albero? O eliminare pensiline davanti a una stazione? C’è sempre un’apparente ragione: le imposizioni della sovrintendenza, i limiti urbanistici, scelte distanti dai piani del verde adottati dalle amministrazioni pubbliche. Il risultato non cambia: nuove isole di calore crescono. Qualche esempio? A Roma, dove a gennaio 2025 è stata approvata la Strategia di adattamento climatico e dove un piano di forestazione prevede di piantare 490mila alberi entro il 2026, destano perplessità le riqualificazioni, per esempio, di piazza San Giovanni in Laterano che resta senza un albero, anche se con i giochi d’acqua e Piazza dei Cinquecento, davanti alla Stazione Termini. Qui, i lavori non ancora conclusi, hanno restituito un luogo meno caotico, ma è un’impresa trovare un posto all’ombra. E non mancano esempi in altre città. A Milano, i tre Garanti del Verde del Comune hanno strigliato il sindaco, Giuseppe Sala. Al centro delle polemiche piazza San Babila senza alberi, la riqualificazione in corso di piazzale Cordusio e altri interventi recenti a Bovisa e Crescenzago. ilfattoquotidiano.it ha chiesto chiarimenti all’assessorato al Verde del Comune di Milano, ma non ha ricevuto alcuna risposta.
I casi di Milano, da piazza San Babila a piazza Cordusio – Nel capoluogo lombardo dove ci sono 18 milioni di metri quadrati di verde (su più di 181 milioni di territorio) si sta redigendo il Piano del Verde e del Paesaggio, ma grida vendetta la recente riqualificazione di piazza San Babila. Dopo i lavori per la metropolitana M4, resta una distesa di cemento senza un albero. Il Comitato tecnico scientifico del Piano Aria Clima ha scritto a sindaco e assessori per chiedere una revisione del progetto di riqualificazione di piazza Cordusio. Sono scomparsi anche i pochi alberi che apparivano nei primi rendering. La presenza dei sottoservizi rende difficile piantarli in profondità “ma esistono soluzioni tecniche, dalle vasche sopraelevate all’irrigazione sotterranea – scrivono – che consentono di inserire verde urbano anche in contesti complessi”. Tra gli esperti del gruppo, Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria. “Anche in via San Vittore c’è un problema a causa della metropolitana – spiega a ilfattoquotidiano.it – ma non si è inserito il verde neppure dove c’era e sono pochissimi gli alberi in via Pantano, dove i lavori sono in corso e non ci sono sottoservizi. C’è bisogno di una città diversa”. Il comitato BovisAttiva ha scritto al Comune per via Andreoli, appena riqualificata, denunciando l’assenza del verde minimo previsto, in caso di pedonalizzazione di strade, dal Regolamento edilizio e dal Piano del verde del 2019. E si teme la stessa sorte per via Durando, in corso di riqualificazione. A fine maggio, ha fatto discutere l’installazione di una pergola con due panchine nella piazza di via Turroni, a Crescenzago. Sulla carta, una soluzione contro le isole di calore. A conti fatti, la strada è rimasta asfaltata sebbene pedonalizzata, resta completamente sotto al sole, dato che gli alberi laterali che già c’erano non creano ombra a chi passeggia e anche ai pochi fortunati che si siedono sulle panchine, l’ombra è garantita solo per poche ore.
L’intervento dei Garanti del Verde – In questa situazione, sono intervenuti i garanti del Verde, Ilda Vagge, Alessandro Bianchi e Nicola Noè, sottolineando che la crisi climatica “richiede risposte chiare e lungimiranti” e che “il Comune di Milano deve prepararsi ad affrontare questa sfida con un Piano del Verde – in corso di redazione – ambizioso”. L’obiettivo? “Innanzitutto mitigare l’effetto isola di calore, che rende molte aree della città insopportabili nei mesi estivi. Si deve intervenire in ogni quartiere, ogni via, ogni piazza, aumentando in modo significativo la copertura arborea e le superfici drenanti, creando un sistema di spazi verdi diffusi, accessibili e curati”. Come si fa con i sottoservizi, che non permettono l’installazione di nuovi alberi? Si fa. “Servono soluzioni che garantiscano la coesistenza tra radici, reti tecnologiche e infrastrutture”.
Roma, gli ostacoli che rallentano l’adattamento climatico – L’adattamento dei quartieri alle crescenti temperature è tra le priorità individuate nella Strategia di adattamento climatico approvata dall’Assemblea capitolina a gennaio 2025. Nei giorni scorsi si è svolto il convegno “Ridurre l’impatto del caldo nei quartieri di Roma”, promosso dall’Ufficio Clima. Anche perché la città è già in piena emergenza, anche se le recenti riqualificazioni non sembrano tenerne conto. Con la Capitale ostaggio di incendi e caldo torrido, diversi problemi sono venuti a galla. In piazza della Repubblica, il 20 giugno i volontari di Fare Verde Roma hanno deposto delle lapidi simboliche sotto gli alberi piantati dal Comune e già morti. L’associazione accusa l’amministrazione comunale di tagliare quelli secolari, rimpiazzandoli con nuove piante, che non hanno la stessa capacità di assorbimento degli inquinanti (Leggi l’approfondimento) e che poi non vengono curate. Qualcosa è andato storto nell’irrigazione del verde nelle piazze riqualificate con i fondi del Giubileo, da piazza Pia a piazza di Cinquecento. “Il vero problema non è piazza Pia, comunque migliorata con una quarantina di alberi, soprattutto nella fascia che costeggia il Tevere, due fontane e l’eliminazione dell’asfalto” spiega a ilfattoquotidiano.it Edoardo Zanchini, direttore dell’Ufficio Clima del Comune di Roma. Discorso diverso per piazza San Giovanni e Piazza di Cinquecento. Dov’è qui la strategia di adattamento climatico? “Gli unici due interventi in cui si è potuti esseri liberi di portare avanti gli obiettivi di adattamento climatico – lasciando la superficie a verde e utilizzando materiali a basso alvedo e permeabili – sono stati il Giardino Galafati, in via del Pigneto e piazza Risorgimento, anche se qui si sarebbero potuti piantare più alberi” racconta Zanchini. Perché non è stato fatto? “In tutte le città, soprattutto a Roma, la Sovrintendenza si oppone alla piantumazione di alberi, sostenendo che cambiano l’identità delle piazze. E all’interno delle mura è la Sovrintendenza ad avere l’ultima parola. C’è stata una battaglia per ogni albero piantato”.
Piazza San Giovanni senza alberi – A fine 2024, il Comitato San Giovanni di via La Spezia ha criticato il risultato dei lavori in piazza San Giovanni in Laterano: “Estesa la pavimentazione cementificata e coperta di sanpietrini a svantaggio del verde, ridotte a semplici strisce di prato le ex aiuole, sparite del tutto le storiche panchine di pietra”. Recente la polemica sul prato secco e sulle possibili cause, dai danni post concerto del 1 maggio all’irrigazione. Colpisce, però, l’assenza di alberi. Come spiega il presidente di Legambiente Lazio, Roberto Scacchi “a Roma ovunque scavi c’è un problema, vasche di laminazione, gallerie, metro, ville romane”. Cosa è accaduto, lo spiega Zanchini: “Si è deciso di non piantare alberi perché quella è la piazza delle manifestazioni, dove spesso ci si reca per visitare la Basilica. Gli alberi non c’erano neanche prima”. Solo che prima non si andava incontro a temperature così alte e oggi la priorità dovrebbe essere quella di tutelare cittadini e turisti. “Si è cercato di garantire refrigerio con i giochi d’acqua delle fontane. È una scelta – aggiunge – criticabile da alcuni punti di vista, ma fatta anche in altre piazze europee”.
Piazzale dei Cinquecento: meno caotica, più soleggiata – E poi ci sono i lavori davanti alla stazione Termini, in dirittura d’arrivo. L’intervento da 45 milioni di euro (27 da fondi giubilari e 18 dal Mit) ha reso la piazza più pulita e ordinata, ma in fatto di refrigerio e di adattamento climatico c’è poco da esultare. Mancano ombra e panchine alle fermate degli autobus. Italia nostra lo aveva denunciato: “Risparmiare i setti pini che devono essere abbattuti”. Erano disposti tra i capolinea e, oltre al colpo d’occhio, offrivano riparo dal caldo contrastando l’isola di calore generata dai mezzi in sosta. “Sono stati tagliati quasi tutti, erano diventati complicati da gestire, anche perché le gallerie stradali o ferroviarie delle città hanno tranciato per decenni tutti gli apparati radicali degli alberi, indebolendoli” spiega Scacchi. Ed oggi non si possono più piantare in una piazza sotto cui passano tunnel e linee della metro “soprattutto quelli ad alto fusto e con un apparato radicale che si sviluppa in senso verticale”. E non si sapeva prima? “Tutto parte da un concorso di molti anni fa – racconta Edoardo Zanchini – e dal progetto vincitore che, proprio con l’obiettivo dell’adattamento, prevedeva molti alberi”. Poi, però, ci si è accorti che all’uscita della piazza c’è una piastra gigantesca di 12 metri di cemento. Sotto c’è la metro. “Gli alberi sono stati e verranno piantati, dato che i lavori non sono finiti, negli unici punti in cui è possibile” aggiunge. Morale: il verde – secco o meno – è stato spostato nell’area che va verso la vicina piazza Indipendenza e in quella adiacente alle Terme di Diocleziano. Un problema per chi aspetta i mezzi di trasporto. “Bisognerà trovare l’alternativa per fare ombra” aggiunge Zanchini. Anche perché, sottolinea il presidente di Legambiente Lazio, Scacchi “è pericoloso che vi siano al massimo un paio di coperture ombreggianti in tutta la piazza, mentre prima c’erano una quindicina di tettoie”.
Zanchini: “Deve cambiare l’approccio” – E aggiunge: “Dove ci sono problemi urbanistici o tecnici, come la presenza sotterranea di gallerie o sottoservizi, l’ombra si può creare anche in altri modi, per esempio con l’utilizzo di panchine dotate di pannelli solari”. A maggior ragione in un’area dove si aspetta buona parte degli autobus che attraversano la capitale. “Quello di piazza dei Cinquecento è un progetto vecchio, ma ancora oggi gli ingegneri non sempre si pongono il problema delle isole di calore. Deve cambiare l’approccio. Ci stiamo lavorando” aggiunge Zanchini. E racconta dell’Atlante delle pavimentazioni fresche sviluppato da La Sapienza, appena presentato, in modo che sia vietato utilizzate l’asfalto nella realizzazione delle piazze. “Stiamo installando 435 pensiline tra centro e periferia – aggiunge – ma d’ora in avanti bisognerà farlo prioritariamente nelle aree più calde. Iniziamo dalla Tiburtina, ma sarebbe urgentissimo anche su Prenestina e Casilina”. Insomma, la strada da fare è lunga.
Le battaglie per salvare gli alberi, da Torino a Ravenna – Ma se negli uffici comunali si conducono battaglie per piantare alberi, fuori dai palazzi si conducono quelle per salvare il verde che già c’è. A Torino, per evitare che si possano abbattere interi viali alberati, comitati e associazioni ambientaliste hanno consegnato circa 2.500 firme per una delibera di iniziativa popolare che propone la modifica del regolamento del Verde pubblico e privato. Ma nel parco del Meisino, sempre a Torino, il progetto del “Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino”, finanziato con 11,5 milioni di fondi del Pnrr (e che quindi dovrebbe rispettare il principio di non arrecare nessun danno significativo all’ambiente, Do Not Significant Harm), prevede l’abbattimento di cinquanta grandi alberi. A Pordenone, invece, è stata vana la battaglia contro il taglio di 53 tigli in uno storico parco, l’ex Casa dei Balilla, per realizzare un polo sportivo, sempre con fondi del Pnrr. A Civitavecchia, dopo mesi e mesi di proteste di cittadini e ambientalisti, una nuova perizia che il Comune ha commissionato all’Università della Tuscia ha stabilito che è possibile salvare almeno quattro degli alberi monumentali sacrificati per il restyling di piazza Regina Margherita. A Ravenna, mentre per riqualificare viale Romagna l’amministrazione ha previsto l’abbattimento di quasi tutti i 49 pini che per mezzo secolo l’hanno ombreggiato, un gruppo di cittadini ha presentato di recente un progetto di riqualificazione alternativo per salvare gli arbusti. Emblematico, nel frattempo, quanto accaduto alla Festa del 2 giugno scorso, a Reggio Emilia, dove un carabiniere, un finanziere e un poliziotto si sono dovuti allontanare dal corpo di parata a causa di un malore dovuto al forte caldo. Tanto è bastato per riaccendere la nostalgia verso una piazza della Vittoria prima alberata. Non è l’unica oggi ingrigita da cemento e asfalto nel quinto comune italiano per incremento della superficie consumata. E dove, a sud-est del centro urbano, esiste un’area alberata ancora inedificata dove Conad Centro Nord vorrebbe realizzare degli edifici. Si tratta del Bosco Ospizio. Circa 4,5 ettari che rischiano di scomparire.
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