“Emanuela Orlandi è morta quella stessa sera, è stata strozzata con una cravatta”: la rivelazione e l’audio inedito a Verissimo

  • Postato il 23 novembre 2025
  • Crime
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Emanuela è morta quel giorno, quella stessa sera, è stata strozzata con una cravatta”. A fare questa confessione a Pietro Orlandi, che l’ha riportata su Canale 5 a “Verissimo”, é stato lo stesso uomo che qualche anno fa gli avrebbe detto che il corpo di sua sorella potrebbe trovarsi all’interno della grande galleria che c’è al di sotto della Casa del Jazz e in cui in questi giorni si cerca il corpo del giudice Paolo Adinolfi, scomparso il 2 luglio del 1994.
A Pietro quest’uomo, incontrato dalle parti di Como, disse che “Enrico de Pedis gli aveva detto di aver ucciso Emanuela Orlandi con una cravatta perché gli avevano chiesto un favore. Poi i due sarebbero entrati, come nel racconto dell’uomo, in un cunicolo. Questa persona mi descrisse quei luoghi e sono proprio come oggi ne parlano. Mi disse che i resti di Emanuela stanno lì, o almeno così gli disse de Pedis. Gli rivelò anche che lì dentro c’erano un paio di valigette e dei documenti che tirano in ballo tanta gente. Ma per de Pedis “questo muro non lo butteranno mai giù, quella è la mia garanzia di vita”, gli disse.

Gli scavi alla Casa del Jazz

Quel muro che forse ha tombato indicibili segreti invece sta cadendo. Proprio in questi giorni sono in corso gli scavi alla Casa del Jazz di Roma, a ridosso della Cristoforo Colombo. Scavi eseguiti da una richiesta di verifica partita dall’ex giudice Guglielmo Muntoni che ha reperito fondi privati per poter procedere. E proprio per paura di un crollo improvviso e devastante i lavori di scavo procedono da più giorni, nel tentativo di capire come entrare in questa grande galleria, tombata esattamente dopo la scomparsa del giudice da Nicoletti e di cui è stato individuato l’accesso. Questa galleria è stata descritta davanti alle telecamere, nei giorni scorsi, da uno dei sacerdoti appartenenti alla congregazione religiosa che ha venduto la villa, che ha indicato anche il punto da cui iniziare a scavare. La Casa del Jazz, lo ricordiamo, è nato dalla confisca del bene alla criminalità organizzata, nella fattispecie al cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti. La villa fu venduta a Nicoletti dal Vicariato di Roma e la compravendita della villa fu regolata dal cardinale Ugo Poletti (un personaggio chiave dell’intera vicenda della cittadina vaticana, ndr)”. Villa Osio fu ceduta a Nicoletti nel 1984 quindi “Quando Emanuela scomparve, era ancora di proprietà del vicariato di Roma”, ha fatto notare in più occasioni Pietro Orlandi.

Pista del cinematografo

Proprio in concomitanza degli scavi vengono fuori all’improvviso “tre piste su Emanuela, in un solo giorno”, fa notare a Verissimo Pietro Orlandi.
La prima, tirata fuori dalla commissione di inchiesta che indaga sul mistero della cittadina vaticana, riguarda un appunto sul diario di Emanuela in cui c’è scritto “cineforum”, con riferimento a una rassegna sulla via Cassia. Ancora le parole di Pietro: “Per l’epoca era una cosa normale, ci si s’andava tutti, c’era mezza Roma. Non capisco dove si vuole arrivare. Di certo questa pista porterebbe lontano dal Vaticano. E poi c’è la pista familiare tirata fuori da Giletti che ci ha fatto un servizio solo per infangare la famiglia”, ha dichiarato il fratello di Emanuela. Questa pista che tira in ballo lo zio di Emanuela Mario Meneguzzi era stata già diffusa durante il tg de La 7, due anni fa. Parte da alcune lettere del Vaticano al padre spirituale della sorella di Emanuela, Natalina, in cui fu al sacerdote fu chiesta conferma di una confessione fatta dalla più grande delle sorelle Orlandi, Natalina, su zio Mario. La donna nel ‘78 disse di aver ricevuto avances verbali da Meneguzzi. L’uomo all’epoca fu indagato e la sua posizione venne archiviata con un nulla di fatto. “Enrico Mentana si è scusato con me, ha capito di essere stato usato”, ha detto Pietro.

Un audio inedito

Durante la puntata di Verissimo, é stato diffuso anche un audio inedito. Si tratta della voce dell’uomo che nel 2022 ha contattato Pietro Orlandi sul dark web, facendo delle rivelazioni e consegnando dei documenti sulla vicenda di sua sorella Emanuela. Quest’uomo disse di chiamarsi Vittorio Baioni e di essere stato il carceriere della ragazza a Londra, in un istituto di Padri Scalabriniani a Chapman Road. Questo indirizzo coincide con quello citato nei cinque fogli contenenti la nota spese per il mantenimento della Orlandi, da parte del Vaticano, a Londra. I cinque fogli, lo ricordiamo, sono stati pubblicati dal giornalista Emiliano Fittipaldi che li trovò in una cassetta di sicurezza degli Affari Economici del Vaticano. L’uomo che si spacciò con Pietro Orlandi per Vittorio Baioni dopo avergli rilevato particolari agghiaccianti sul destino di Emanuela, collegati all’Inghilterra, è poi scomparso e ha chiuso ogni contatto. Tuttavia diede a Orlandi una falsa identità perché non era Vittorio Baioni. Il vero Baioni, ex militante dei Nar (nuclei armati rivoluzionari) in quegli anni era in carcere per cui, come ha detto anche alla Commissione di inchiesta durante la sua audizione, è completamente estraneo ai fatti. Ecco intanto il contenuto dell’audio inedito trasmesso a Verissimo: “Allora Pietro, uso un modificatore di voce perché prima di uscire allo scoperto devo capire come tutelare la mia famiglia, loro sono la priorità. Non me ne frega niente di me. Inoltre ci tengo a dirti una cosa, ormai è chiara: qualunque cosa ti dia, qualsiasi documento ti dia, ti verrà detto che è falsa, ti diranno che ci sono dei problemi. Che ci sono degli errori, non potremo fare nulla su questo. Ti diranno sono un “quaquaraquà” (nel gergo, un millantatore, ndr). Quindi io ti chiedo, tu cosa vuoi? Cosa posso fare per te? Sto pensando se espormi o meno per paura ma è l’ultima cosa che vorrei fare”. “Il vero Vittorio Baioni è stato ascoltato in commissione e ha smentito di avermi inviato quei messaggi ma allora perché usare quel nome? Era un messaggio per qualcuno?”, si domanda Pietro.

La pista di Londra

La questione della pista Londra, intanto è stata cassata dalla commissione di inchiesta. “Io non ho la certezza che sia veritieria ma ci sono molte cose vere in questa pista. Sembra che ci sia la volontà di screditare tutto e non approfondire. La pista di Londra va avanti dal 2017. Anche se fosse falsa, qualcuno ha creato questa situazione e bisogna capire chi lo ha fatto e perché. Un Monsignore, Angelo Balda (anche lui più volte emerso in questa vicenda) ha detto che le cose che ha visto su Emanuela erano legate a un giro di tanti miliardi di lire che partivano dal Vaticano e andavano in Polonia al movimento Solidarnosc. Erano soldi che provenivano dal narcotraffico del Sud America e dalla mafia Siciliana. Roberto Calvi del Banco Ambrosiano aveva delle sedi in Sud America. Tutti questi miliardi sarebbero spariti perché finiti in Polonia. La questione coinvolge istituti bancari non solo italiani ma internazionali, e inglesi”, ha concluso Pietro Orlandi a “Verissimo”.

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Il Fatto Quotidiano

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