Emanuela Orlandi, “a Roma c’è un reticolo di catacombe del Vaticano in cui si può far sparire un cadavere con estrema facilità”: le nuove rivelazioni
- Postato il 3 novembre 2025
- Crime
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’ultima audizione della commissione che indaga sulla scomparsa della cittadina vaticana Emanuela Orlandi ha visto come protagonista la giornalista Maria Antonietta Calabrò, autrice del libro Il trono e l’altare.
La pista finanziaria
La Calabrò ha proposto una lettura del caso collegata agli scandali finanziari che hanno segnato la storia recente del Vaticano. In particolare, Calabrò ha sottolineato che la sparizione avvenne un anno dopo il crack del Banco Ambrosiano e mentre erano in corso le indagini sull’attentato a Giovanni Paolo II da parte dell’ex terrorista Alì Agca. Tutto questo accadeva “durante gli accordi di Ginevra per il risarcimento dei creditori del Banco Ambrosiano tramite i fondi riservati della Segreteria di Stato” (fonte: Alanews). La giornalista ha inoltre evidenziato il periodo a partire dal 2012, segnato dal primo scandalo Vatileaks (la fuga di documenti riservati del Vaticano) e “dal secondo scandalo legato all’Istituto per le Opere di Religione, lo Ior, la banca Vaticana. È stato ricordato il rientro in Italia nel 2017 di circa un miliardo di euro provenienti dai conti Ior, chiusi in seguito alla convenzione fiscale tra Vaticano e Italia del 2015”. (fonte: Alanews) Calabrò ha invitato la Commissione a indagare sulle motivazioni della cosiddetta “pista di Londra”, emersa proprio nel 2017 e successivamente definita una falsa pista dalla stessa commissione di inchiesta.
I depistaggi
“La pista di Londra è stata cassata come falsa senza una giustificazione reale”, ha detto il fratello della cittadina vaticana scomparsa Pietro Orlandi ai microfoni di Radio Due, nel corso del programma Giallo Crime. “La commissione vuole comunque approfondire per capire e approfondire. I depistaggi ci sono sempre stati in questa vicenda, lo dicono i magistrati che si sono occupati del caso, e non sono da confondere con i mitomani. Un conto è il folle che chiama per attirare l’attenzione, il depistaggio è una cosa seria e fa parte del rapimento di Emanuela, nel nostro caso, perché vuole allontanare dalla verità o per interesse personale. Per esempio la Stasi depistò per un interesse, per allontanare le indagini dalla pista bulgara”, ha aggiunto Orlandi. Questo depistaggio fu ammesso da un ex ufficiale della Stasi, i servizi segreti della Germani dell’Est, tale Gunther Bohnsack, in tempi più recenti.
La pista di Bolzano
Il fratello di Emanuela Orlandi è poi tornato su un’altra pista cruciale nelle indagini dell’epoca, quella di Bolzano. “Nell’agosto del 1983, una signora di Terlano (Josephine Hofer Spitaler, ndr), un paese alle porte di Bolzano, vide una ragazza che corrispondeva a Emanuela, a bordo di un’auto targata Roma. Questa ragazza, secondo quanto disse questa donna, fu prelevata dopo due giorni da un ex funzionario del Sismi di stanza a Monaco. La cosa strana – aggiunge Orlandi – è che arrivò, pochi giorni prima dell’avvistamento, anche una telefonata a una maestra di musica da parte di una ragazza che le disse di chiamarsi Emanuela Orlandi, chiedendole aiuto, “Mi hanno portato via”, le disse. Questa insegnante di musica conosceva l’Istituto Ludovico da Victoria a Roma a cui era iscritta Emanuela, ci andava spesso e lasciava lì dei biglietti da visita. La telefonata fu interrotta e dopo ne arrivò un’altra alla donna, in cui la minacciarono di dimenticare ciò che aveva sentito. Mi sembrò strano che questa pista fu bocciata all’epoca – osserva Orlandi –, soprattutto perché c’era all’epoca un funzionario del Sismi (i servizi segreti militari di allora, ndr), tale Rudolph Teuffenbach, capitano dell’esercito a Merano, che lavorava per i Servizi Segreti a Roma e aveva molti legami con il Vaticano. Sua figlia lavorava nell’Archivio segreto del Vaticano. Questa pista fu chiusa inaspettatamente e mai più ripresa da nessuno”, conclude Pietro Orlandi. Rudolph Teuffenbach , lo ricordiamo, fu perquisito dai carabinieri durante le indagini, nel maggio del 1985. Vennero perquisiti anche i suoi uffici, presso la sede dei servizi segreti di Roma e anche una sua cassetta di sicurezza (fonte: blog ufficiale di Emanuela Orlandi a cura dei familiari). Fu perquisita anche un’altra sua abitazione di Ladispoli. Vennero sequestrati fogli e documenti, una agenda, e anche dei biglietti ferroviari per la tratta Roma-Bolzano. Anche la signora Spitaler, oggi deceduta, disse che il 19 agosto 1983, vide giungere nel casale dove viveva “una Peugeot con a bordo tale Teuffenbach Rudolf, fratello della moglie del signor Springorum, accompagnato dalla propria consorte. Lo vide uscire dall’abitazione degli Springorum con la ragazza di quattro giorni prima che veniva caricata sulla Peugeot”. (fonte: blog ufficiale di Emanuela Orlandi a cura dei familiari)
Il dossier
Anche il magistrato Otello Lupacchini ha detto la sua su questa impenetrabile storia, nel corso di una delle ultime puntate del programma “Ignoto X” condotto dal giornalista Pino Rinaldi su La7. “Tutte queste piste portano verso un luogo ben preciso, Città del Vaticano, quello dove viveva Emanuela Orlandi. A Roma c’è un reticolo di catacombe in disponibilità diretta del Vaticano in cui si può far sparire un cadavere con estrema facilità”, ha dichiarato Lupacchini. “C’è stata una fase di trattative col Vaticano che conosciamo sommariamente, seguita da una chiusura quasi impenetrabile che pone in una oggettiva situazione di imbarazzo i soggetti coinvolti. Non è improbabile esista un dossier sul caso, considerato che sia la Segreteria di Stato che altri emissari per qualche tempo hanno avuto contatti con coloro che tentavano un ricatto sulla pelle di Emanuela. Non può essere un depistaggio, se il dossier fosse costruito per depistare non sarebbe secretato”, ha concluso Lupacchini. “Esiste questo documento – le parole a Ignoto X dell’avvocato della famiglia Orlandi Laura Sgrò – e lo ha ammesso il promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi. Io ne faccio richiesta dal 2017 ma non mi è mai arrivata risposta. Torneremo a richiederlo e mi auguro che anche la commissione di inchiesta ne faccia richiesta”.
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