Elly Schlein è a un bivio. E io, da elettore 5 stelle, spero in po’ di coraggio

  • Postato il 25 luglio 2025
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di Eugenio Lanza

Il Partito Democratico nacque ibrido, debole e confuso. Frutto d’un processo durato almeno tre lustri, e traducibile come un compromesso al ribasso tra democristiani ed ex comunisti; dal sapore molto migliorista (si fa per dire) e nient’affatto socialista.
Triste sintesi, chimica più che hegeliana, di due nemici quarantennali: la falce e il martello e lo scudo crociato. Unione destinata perciò al fallimento, ed infatti sconfitta da Silvio alle urne, per poi genuflettersi nel 2011 alla tecnocrazia. Ciao D’Alema, ciao Prodi, ciaone Veltroni.

Benvenuto Bersani? Purtroppo no. Perché erano cambiati anche i tempi, la gente si era stufata di vent’anni di sterile bipolarismo, e nel 2013 gridò il proprio Vaffa alle consultazioni. E così, la sua carta migliore, il Pd non fece neanche in tempo a giocarla, a causa di una credibilità ormai erosa nelle esperienze precedenti.

Sopraggiunse allora il morbo più grave: Renzi. Fanciullo della nuova destra, liberista e neoliberale, cresciuto nel mito di Blair e maturato nell’amicizia con Berlusconi, infine autodistruttosi per illusione d’onnipotenza nel 2016. Il Clinton fiorentino mollò il governo ma non la politica come aveva promesso, e abbandonò il Pd solo dopo altri tre anni e una pesante batosta alle politiche del 2018. Non senza lasciare scorie al Nazareno. Il resto è attualità.

2007-2025: cos’è oggi il Pd? Tre anime inconciliabili, tenute insieme da una poltrona che sa diventare divano, abbastanza largo da far sedere tutti. Sinistra, centro e destra. Un partito che è piuttosto un parlamento, e dove l’unica certezza è che Franceschini punterà sempre sul candidato giusto per la segreteria. Tornando seri: siamo di fronte a un radicato centro di potere politico e amministrativo, con un grande patrimonio. Quale? Un sicuro bacino elettorale che non riesce proprio a guarire da sindromi di Stoccolma e dipendenze affettive verso l’erede formale del PCI. Persone che sovente la sinistra la sognano davvero, ma poi si accontentano di ciò che passa il convento.

Adesso la nuova segretaria, la giovane Elly Schlein, è di fronte a un bivio. E io, da elettore dei 5 Stelle che la stima, e che è interessato a dar vita ad un solido polo giallorosso, mi permetto di illustrarle telegraficamente le due strade che ha davanti. Da un lato fare pulizia, con ogni mezzo democratico a disposizione. Mantenere dentro solo persone come Orlando, Boccia, Camusso, Zingaretti e De Luca. A quest’ultimo, apro e chiudo parentesi, rimprovero ancora l’autoritarismo durante il Covid e un’iniziale allergia classista al Movimento; ma oggi riconosco enorme lucidità geopolitica e rara chiarezza ideologica. Con questa rosa si potrebbe costruire una squadra brillante e compatta. Soprattutto, un soggetto unico.

Poi, a partire da qui, dialogare con la sinistra senza prefissi. La sinistra che oggi riempie le piazze perché egalitaria e legalitaria, partecipativa e democratica, pacifista e vicina ai giovani. Quella fatta di persone che chiedono l’Europa della solidarietà e respingono il modello di Re Draghi. In soldoni: coloro che si fidano del Movimento di Giuseppe Conte e dell’alleanza Bonelli-Fratoianni.

Dall’altro lato, c’è sempre la possibilità della lenta e inesorabile resa alla destra, intrapresa con il sostegno al rivoltante Von der Leyen bis. Come proseguirla? Consegnando il Pd a sionisti e liberisti, sostenitori dell’Ue bellicosa e austera, paranoica della Russia ma afona su Gaza. Chiavi in mano a personaggi come Picierno, Fassino, Bonaccini e Malpezzi ed il gioco è fatto. Se poi si vuole strafare, al fine di completare il disastro, riallacciare anche i rapporti con Renzi e Calenda, per una bella ammucchiata autolesionista vecchio stile.

Due sentieri opposti e paralleli. Scelga quello che ritiene più consono, segretaria. Dicono che non l’hanno vista arrivare. Ora, con un po’ di coraggio, può accelerare girando il volante in senso antiorario. Lo vedranno.
Buona fortuna signora Schlein, ne avrà bisogno.
Qui si parrà la sua nobilitate.

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Il Fatto Quotidiano

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