È morta Ornella Vanoni, “la voce suadente della nostra memoria”: dai tormenti con Paoli ai trionfi di Senza fine e L’Appuntamento, la storia di un mito

  • Postato il 21 novembre 2025
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Prima ti affascina poi ti strega. Addio Ornella Vanoni. Una delle voci storiche della musica italiana è morta. Aveva 90 anni. Interprete tra gli anni sessanta e fino ai giorni nostri di una quantità infinita conosciuta canticchiata di brani come L’appuntamento, Senza Fine, Che cosa c’è, La musica è finita, Domani è un altro giorno, Musica, musica, Tristezza, La voglia e la pazzia, e di oltre una trentina di album, Vanoni ha lasciato un segno indelebile nella memoria melodica degli italiani. Voce suadente e inimitabile, una carriera imprevedibile, versatile, inesauribile che ha attraversato almeno quattro decenni sapendosi continuamente rilanciare, modificando persino ritmica e generi, rimanendo sempre in vetta alle classifiche di vendita.

Figlia dell’alta, severa, conservatrice borghesia milanese, studia in collegi svizzeri, poi cerca di diventare estetista (“volevo curare le ragazze dall’acne”), ma finisce ai provini del Piccolo Teatro di Milano allora diretto maestosamente da Giorgio Strehler. Solo che il “maestro” – siamo a metà anni cinquanta – si innamora di lei e non solo inizia con la Vanoni una storia d’amore alquanto scandalosa (lui era sposato), ma le cuce addosso qualcosa di memorabile che la lancerà nel mondo dello spettacolo e della canzone. Tra il 1958 e il ’59 assieme a Fiorenzo Carpi e Gino Negri, Strehler inventa le Canzoni della mala, un repertorio di brani scritti ex novo, anche se abilmente riferiti a ipotetici legami con la tradizione popolare, che trattavano di furfanti, perdigiorno, malfattori, sfruttati qualunque. Tra queste la celebre Ma mi.. che Vanoni porta al successo nazionale e che parla delle detenzione di Strehler a San Vittore durante la Repubblica di Salò. Ornella esordisce così come cantante tutta di nero vestita, cupa, con un rossetto vistoso. Tempo qualche mese e il talento di questa ragazza alta, elegante, dai lineamenti del viso marcati, viene amplificato in tutto il suo splendore grazie all’incontro tre le stanze della casa discografica Ricordi con Gino Paoli. Altro amore, forse ancor più tormentato e sottotraccia duraturo, con il cantautore piccolo e secco di Genova, anche se Vanoni nel 1960 si sposa con l’impresario Lucio Ardenzi, da cui si separerà presto e con il quale avrà un figlio (l’unico suo).

Paoli però le regala Senza fine, una delle più straordinarie melodie della canzone mondiale. Nel brano c’è uno dei riferimenti da brividi, tipico della poetica paoliana, quando scrive riferendosi all’amata “nelle tue mani, mani grandi/mani senza fine”, proprio come vuole il primo complimento che Gino fece a Ornella riferito alla sue mani lunghe e affusolate. Per la Vanoni è l’inizio immediato di una carriera che dopo pochi mesi è già ricca di altri brani, dischi, nonché interpretazioni in commedie musicali come in Rugantino di Garinei e Giovannini che la porterà a calcare i palchi di mezzo mondo occidentale. Vanoni si diletterà spesso con queste melodie morbide, dai ritornelli perentori ed orecchiabili, giocati su schermaglie amorose che la rendono perfino sex symbol, tanto che a metà anni settanta diventerà ragazza senza veli del mese di Playboy (di lei si racconta che non indossasse biancheria intima). Su questo echeggia ancora la battuta recente della cantante a chi le segnalava che su eBay quel numero venisse valutato 70 euro: “Soltanto 70?”. Sono gli anni del teatro e della tv (Walter Chiari, Pino Caurso, Gigi Proietti), della rivalità (vera!) con Mina, anche se l’ennesima svolta, l’ennesimo successo ancora più grande di prima avviene nel 1970 quando registra L’appuntamento, brano scritto da Bruno Lauzi e Roberto Carlos rifacendosi a una canzone portoghese, che poi aprirà il film Tony Arzenta di Duccio Tessari con Alain Delon. Per capire il potere seduttivo, malinconico pessimista, di un brano che diventa storia, dove la protagonista accetta un appuntamento con un uomo che non vede da tempo ma che non andrà a buon fine, va ricordato l’incipit – “ho sbagliato tante volte sai che lo so già”– e quel ponte che fa “Amore fai presto, che io non resisto”. Autoradio, mangianastri e giradischi a manetta, a metà anni settanta tutti in Italia ascoltano Ornella (L’appuntamento è un 45 giri da 600mila copie!) e allora lei che fa? Segue il paroliere, storico, istrionico Sergio Bardotti e la sua passionaccia per la bossa nova. Ne esce, nel 1976, un album memorabile La voglia pazza l’incoscienza e l’allegria, scritto assieme al poeta Vinicius de Moraes ai musicisti Jobim e Chico Buarque, cantato dalla Vanoni in decine di memorabili live assieme a Toquinho. “La musica è bella o brutta, musica “leggera” non vuole dire niente”, amava dire Ornella. Sono questi gli anni della definitiva consacrazione, per una impaurita ragazzona che nemmeno a 40 anni aveva già incontrato Bertolt Brecht, Jorge Luis Borges, Hugo Pratt e mezzo universo musicale tra il jazz e il pop.

I grandi brani continuano comunque a fioccare, come le collaborazioni altisonanti. Se negli anni sessanta la facevano da padrone Paoli e Franco Califano, nei settanta toccherà a Ivano Fossati, Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Pierangelo Bertoli. Vanoni diventa una sorta di crooner al femminile, spesso in live sofisticati piano, basso, chitarra e sax, per performance con sgabello, abito da sera, luci soffuse che arriva direttamente dalla scena teatrale. Otto le partecipazioni di Vanoni a Sanremo: quella più importante è quella del 1967 quando con La musica è finita finisce quarta; mentre quella che ancora graffia con grinta e personalità è del 1989 con Io come farò, sempre donata dall’amato Paoli e dal fido Bardotti, uno splendido pezzo quasi recitato dove la protagonista si interroga spaesata e disillusa di fronte ad un amore che si è fatto assente: “Io come farò a inventarmi te, per poterti davvero toccare”. Negli anni ottanta Vanoni cadrà più volte in depressione, vera e propria malattia dalla quale si riprenderà con ampio e osannato uso di psicofarmaci: “Mai sarò loro abbastanza grata. Ho deciso colpevolmente di incontrarli tardi, ma adesso non li lascio più”. Amante della poesia, probabilmente socialista sulla scia dell’amato Strehler, negli ottanta come molti artisti storici a Milano fu craxiana: “Sicuramente Craxi ha sbagliato – raccontò in Vincente o perdente (La Nave di Teseo). Però operava in un sistema in cui per incidere, per essere influente, dovevi sbagliare. Ha pagato lui per tutti”. Lascia la piccola cagnetta Ondina che molte volte abbiamo visto giocosa in foto sul suo profilo Instagram e diverse apparizioni tv da Fazio.

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