Due personaggi in cerca d’identità
- Postato il 30 novembre 2025
- Cultura
- Di Agi.it
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Due personaggi in cerca d’identità
AGI - 2020: in pieno lockdown pandemico un insegnante d’italiano di un liceo di Rovereto riceve via social da un misterioso ex dj e musicista - che vive in solitudine su una barca attraccata nel porto di Cagliari - l’incarico di scrivere, da ghostwriter, la sua autobiografia. L’unico precedente contatto tra i due uomini, che via via svilupperanno uno straniante rapporto a distanza, un fugace incontro avvenuto a Berlino molti anni prima. Questa la base del plot de ‘I padri si saltano’ (Arkadia), ultimo spiazzante romanzo di Stefano Zangrando, un’opera di narrativa costruita come un gioco di specchi che risulta davvero difficile imprigionare in un genere. Fiction pura, auto fiction, thriller psicologico, indagine sul concetto di identità? Per capirne di più, l’AGI ha incontrato proprio l’autore.
Quando e da cosa nasce l’idea di questo singolare romanzo?
Il suo nucleo - relativo a un personaggio affetto da una misteriosa malattia che lo sta dissolvendo, deciso a lasciare un’autobiografia - ha addirittura 15 anni. Ma il fatto che fosse anche legato ai miei luoghi d’origine, Alto Adige e Trentino, mi bloccava: non trovavo per loro dignità letteraria. E’ stato lo sfondo pandemico, una volta sopraggiunto, a sembrarmi appropriato per raccontare questa storia, e la Storia per come è tornata a manifestarsi in Europa in una forma paradossale. Le idee che mi giravano in testa da anni si sono incrociate con una voce narrante ed il progetto ha preso forma. La sfida è stata tradurre un’idea complessa in una narrazione fluida che scorresse nella maniera più naturale possibile, generando un romanzo stratificato con diverse possibilità di fruizione. Nelle mie intenzioni, che spero di aver realizzato, questo libro può portare a interrogarsi a più livelli. Sono allievo di un allievo di Milan Kundera: per la mia formazione il tardo modernismo centro europeo è fondamentale, con la sua sperimentazione formale al servizio della vicenda da narrare
La ricerca d’identità è elemento centrale del libro: in che misura si tratta di una storia autobiografica?
Le società che realizzano autobiografie per privati esistono davvero. Un fenomeno sociale che in altri tempi poteva sembrava negazione della letteratura, ma oggi è stato superato da altri anche più minacciosi. Detto ciò, di me nel libro c’è poco o nulla: come tutti gli scrittori ho attribuito ai personaggi alcuni aspetti dell’esistenza che conosco, ma la biografia del protagonista non contiene alcuna coincidenza con la mia. Si tratta di fiction a tutti gli effetti, ogni elemento personale è stato trasfigurato per dare luce ai caratteri dei protagonisti della storia
Il rapporto tra storia individuale e Grande Storia sembra essere al centro del suo interesse.
E’ così. L’ho declinato alla maniera in cui è vissuto da noi della generazione degli anni ’70 e ’80. I cosiddetti post boomer, cresciuti in tempo di pace con la sensazione che la Storia accadesse tutto intorno, ma per quanto riguardava loro si fosse fermata: la famosa tesi sulla fine della storia di Francis Fukuyama. Molti, per lasciare una traccia, hanno preso la via della ricerca di popolarità attraverso le arti o la pura e semplice esposizione ai riflettori. Un modo vanitoso, non eroico, di imprimere segno di sé. Nel mio romanzo c’è un narratore che vede la possibilità di trovare nella scrittura di un’autobiografia il riscatto da una esistenza anonima, e un personaggio che vuole redimere un’esperienza da musicista e dj vissuta in maniera non proprio gloriosa. Il narratore è un uomo apparentemente appagato da una vita privata e professionale piccolo borghese, un progressista che ascolta Radio 3 e legge Internazionale, ma è votato alla famiglia. Scrivere un libro, anche su commessa di uno sconosciuto, diventa l’opportunità di redenzione di un autore mancato. Nei miei retro pensieri esiste un ammiccamento allo Svevo di ‘Senilità’, ma può dirsi quasi invisibile.
Tentino Alto Adige, Sardegna, Berlino: le descrizioni paesaggistiche, estremamente efficaci e curate, sembrano avere significati ulteriori in questo romanzo.
E’ un libro di territori e ambienti, attraversati in un tempo di pandemia in cui muoversi aveva anche più valore. I luoghi, in effetti, diventano elementi costitutivi delle identità. Quanto ci forgia vivere in un posto piuttosto che in altro? Avere la vista sbarrata da alte montagne, o liberata da un orizzonte piatto che allunga le ombre? Anche la luce ha un impatto sull’interiorità dei personaggi, come lo ha, credo, su quella di ognuno di noi.
Perché dobbiamo saltare i padri per capire davvero noi stessi?
Saltare i padri è costume diffuso in Occidente: ribellarsi alla precedente generazione costituisce un modo di trovarsi. Nel caso del mio personaggio in cerca di autobiografia significa ricostruire vita e origini scegliendo in autonomia da chi discendere, anziché accettare chi lo ha rinnegato. Saltare i padri è un’operazione culturale e personale: quanto ci sentiamo parte della nostra discendenza e quanto possiamo percepirci liberi di tirare le fila del nostro passato e definire da cosa e chi veniamo? La psicologia ci dice che siamo giocoforza prodotto di coloro che ci hanno preceduto, il mio romanzo si interroga su quanta libertà sia possibile nel decidere chi essere davvero.
Nato a Bolzano nel 1973, Stefano Zangrando ha studiato e vissuto a Trento e Berlino. È mediatore di letteratura attraverso traduzioni, recensioni, saggi e progetti territoriali. Con il romanzo ‘Fratello minore. Sorte, amori e pagine di Peter B.’ (Arkadia, 2018), uscito anche in traduzione tedesca, è stato finalista al Premio letterario dell’Unione Europea. Vive e lavora tra Rovereto e l’Alto Adige.
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