Draghi sull’Europa: “L’inazione minaccia la nostra sovranità. Cittadini delusi, ci vedono incapaci di tenere il passo”

  • Postato il 16 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un anno dopo aver svelato il report sulla competitività che porta il suo nome, Mario Draghi torna a Palazzo Berlaymont. Ma, come era già avvenuto al Meeting di Rimini meno di un mese fa, le sue parole sono solo critiche nei confronti dell’Unione europea di fronte alle sfide che il presente e il futuro impongono, da Gaza all’Ucraina, dai dazi di Trump allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. “A un anno di distanza, l’Europa si trova in una situazione più difficile. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno. Ci è stato dolorosamente ricordato che l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità“, esordisce Draghi davanti a Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea che ha elevato il piano Draghi a bussola strategica del suo nuovo corso.

Eppure, l’ex governatore della Bce e già premier italiano, anche a Bruxelles è tornato ad attaccare l’Europa come aveva fatto a Rimini, quando aveva dichiarato che il 2025 “sarà ricordato come l’anno in cui è evaporata l’illusione” che l’Ue potesse “contare“, avvertendo che senza un cambio di passo resterà “marginale” e “spettatrice“. La linea della sua conferenza stampa odierna è praticamente la stessa: “I cittadini e le aziende europee apprezzano la diagnosi, le priorità chiare e i piani d’azione. Ma esprimono anche una crescente frustrazione. Sono delusi dalla lentezza dell’Ue. Ci vedono incapaci di tenere il passo con la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire, ma temono che i governi non abbiano compreso la gravità del momento”, spiega Draghi presentando il suo report sulla competitività. “Troppo spesso si trovano scuse per questa lentezza” e “questo è compiacimento“, sottolinea, esortando a “nuova velocità” e risultati “nel giro di mesi, non di anni”.

Alla vigilia della conferenza, Bruxelles ha esibito i risultati ottenuti negli ultimi dodici mesi: gigafabbriche per l’IA, il programma Choose Europe per attrarre talenti, i lavori sull’Unione del risparmio, pacchetti omnibus per ridurre la burocrazia, il Clean Industrial Deal e i piani per auto, acciaio e chimica. In aggiunta, 150 miliardi per la difesa con l’iniziativa Safe e la spinta a diversificare gli scambi anche sotto la pressione dei dazi di Donald Trump. Ma il quadro – tra ritardi, divisioni interne e un contesto internazionale che imporrebbe ben altro passo – resta fragile, se non peggio. Lo ricorda lo stesso Draghi nel corso della sua conferenza, sottolineando il “netto divario” con Cina e Usa sull’IA, esprimendo preoccupazione per il prezzo dell’energia troppo alto e stroncando anche la transizione alla mobilità elettrica: “I target sono basati su presupposti non più validi“. L’analisi di Draghi prosegue: “Finora, la risposta dell’Europa è caduta in due trappole: sforzi nazionali non coordinati o cieca fiducia nel fatto che le forze di mercato creeranno nuovi settori. Il primo approccio non potrà mai dare risultati su larga scala. Il secondo è impossibile quando altri distorcono i mercati e alterano le condizioni di concorrenza. Dobbiamo invece sviluppare la capacità di difenderci e resistere alle pressioni nei settori chiave: difesa, industria pesante e tecnologie che plasmeranno il futuro”.

Il tema dell’intelligenza artificiale

“In alcuni settori l’Europa sta compiendo progressi. Sono in corso progetti per la realizzazione di almeno cinque gigafabbriche di IA, ciascuna con oltre 100.000 Gpu avanzate. La capacità dei centri dati è destinata a triplicare nei prossimi sette anni. Entro la fine dell’anno è prevista un’importante riforma delle telecomunicazioni. Anche l’adozione è in aumento: secondo la BEI, le aziende europee stanno adottando tecnologie avanzate a un ritmo simile a quello delle loro controparti statunitensi, sebbene partendo da una base inferiore“, dice Draghi. Le buone notizie finiscono qui: “Ma il divario è netto. Sul fronte dell’IA, lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli di base, la Cina 15 e l’Ur solo 3. Tra le PMI, l’adozione dell’IA è ancora bassa, compresa tra il 13 e il 21%. E nel campo più strategico, quello dell’IA basata sulla proprietà intellettuale europea per consolidare le nostre industrie principali, i progressi sono minimi“.

I prezzi dell’energia e lo sviluppo delle e-car

“I prezzi del gas naturale nell’Ue sono ancora quasi quattro volte superiori a quelli degli Stati Uniti. I prezzi dell’energia industriale sono in media più del doppio. Se questo divario non si riduce, la transizione verso un’economia ad alta tecnologia si bloccherà. L’energia è fondamentale quanto la tecnologia nel guidare l’intelligenza artificiale”, ammonisce Draghi. “La domanda di elettricità dei data center in Europa aumenterà del 70% entro il 2030. L’energia rappresenta già fino al 40% dei loro costi operativi”, sottolinea l’ex premier.

“In alcuni settori, come quello automobilistico, gli obiettivi” posti dall’Ue “si basano su presupposti che non sono più validi“, prosegue poi Draghi. “La scadenza del 2035 per le emissioni zero allo scarico era stata concepita per innescare un circolo virtuoso – spiega – obiettivi chiari avrebbero spinto gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l’innovazione e reso i modelli elettrici più economici. Si prevedeva che batterie, microchip si sviluppassero parallelamente. Ma ciò non è avvenuto“.

I dazi di Trump

“Gli Stati Uniti hanno imposto le tariffe più elevate dall’era Smoot-Hawley. La Cina è diventata un concorrente ancora più forte. Abbiamo anche visto come la capacità di risposta dell’Europa sia limitata dalle sue dipendenze, anche se il nostro peso economico è considerevole. La dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa è stata citata come uno dei motivi per cui abbiamo dovuto accettare un accordo commerciale in gran parte alle condizioni americane“, evidenzia Draghi.

Il debito comune

È necessario “considerare un debito comune per progetti comuni – sia a livello Ue, sia tra una coalizione di Stati membri – per amplificare i benefici del coordinamento”, sostiene Mario Draghi alla conferenza organizzata dalla Commissione europea. “L’emissione congiunta non amplierebbe magicamente lo spazio fiscale. Ma permetterebbe all’Europa di finanziare progetti più grandi in settori che aumentano la produttività – innovazioni, tecnologie su larga scala, ricerca e sviluppo per la difesa o energia – dove la spesa nazionale non è più sufficiente”, aggiunge l’ex premier italiano.

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