Dove nascerà un futuro oceano in Africa: dati del ’68 rivelano “nuovi” segreti sulla frattura che dividerà il continente
- Postato il 12 dicembre 2025
- Scienza
- Di Il Fatto Quotidiano
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Nel cuore dell’Africa orientale sta accadendo qualcosa di straordinario: il continente si sta lentamente separando in due grandi porzioni, aprendo la strada – su scala di milioni di anni – alla formazione di un nuovo oceano. È un processo impercettibile nell’arco di una vita umana, ma molto concreto nella logica della geologia, e oggi se ne comprendono meglio i meccanismi grazie a uno studio che unisce tecnologia moderna e dati raccolti oltre 50 anni fa.
La ricerca, pubblicata sul Journal of African Earth Science, è frutto della collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l’Università di Keele nel Regno Unito e la società australiana P&R Geological Consultants. Le nuove analisi descrivono con maggiore precisione come si siano mossi i blocchi di crosta terrestre nell’area dell’Afar, nel nord dell’Etiopia, un punto nevralgico della geodinamica planetaria.
Afar, il crocevia dove nascono i continenti
“L’Africa si sta lentamente dividendo in due parti, con una grande frattura che attraversa l’intero continente e che affonda le sue radici nella regione dell’Afar”, spiega Riccardo De Ritis, ricercatore dell’Ingv e co-autore dello studio. “Si tratta di un luogo unico al mondo, in cui convergono tre grandi sistemi di rift: il Mar Rosso, il Golfo di Aden e il Rift dell’Africa Orientale. È una delle aree geologicamente più attive e complesse del pianeta”. In queste grandi ferite della crosta terrestre – i rift – le placche si allontanano lentamente, creando nuove zone di assottigliamento e spaccatura. È lo stesso processo che milioni di anni fa ha originato l’oceano Atlantico. Oggi, qualcosa di simile sta iniziando proprio nel Corno d’Africa.
I dati del passato che illuminano il presente
La novità più sorprendente della ricerca è l’utilizzo di una vasta serie di misure magnetiche raccolte tra il 1968 e il 1969 nella regione dell’Afar. Un archivio rimasto finora inesplorato che, integrato con i dati più recenti, ha permesso di ricostruire con maggiore accuratezza l’evoluzione delle fratture presenti tra Africa e Arabia. Dalle analisi emerge che le prime rotture nella crosta si verificarono tra la placca africana e quella araba, mentre il rift etiopico – una delle strutture più imponenti dell’area – si sarebbe attivato solo successivamente. La causa? Probabilmente la risalita di un pennacchio caldo proveniente dal mantello terrestre, un vasto flusso di materiale fuso capace di indebolire e spingere verso l’alto la crosta sovrastante.
“La nostra ricerca non solo aiuta a comprendere meglio la storia geologica della regione, ma dimostra l’importanza di preservare i dati del passato”, osserva De Ritis. “I modelli interpretativi cambiano con il tempo, ma i dati ben acquisiti possono continuare a parlare per generazioni”. La regione dell’Afar è da tempo considerata un laboratorio a cielo aperto per studiare la nascita dei rift continentali. Qui è possibile osservare un processo che altrove è ormai avvenuto milioni di anni fa: la creazione di un margine oceanico, il preludio alla formazione di un nuovo mare.
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