"Dopo la morte di mio marito...": Carla, l'incredibile storia della camionista bergamasca

  • Postato il 16 marzo 2025
  • Di Libero Quotidiano
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"Dopo la morte di mio marito...": Carla, l'incredibile storia della camionista bergamasca

Sul camion, Claudia Gina Sasz, c'è (letteralmente) quasi nata: «Mia mamma stava per partorire dentro la cabina, diciamo che in questo settore ci sono cresciuta», racconta. Babbo camionista, sorella camionista: lei, però, che pure ha appena vinto il Sabo rosa, ossia il premio per la camionista dell'anno del Roberto Nuti group di Castel Guelfo di Bologna, al volante di un tir ci si è seduta appena tre anni fa. Dopo la morte di Cesare, suo marito: camionista anche lui, manco a dirlo.

Di Bariano, in provincia di Bergamo, con origini rumene, 47 anni: Claudia è una donna determinata dai capelli rossi e dalla vita incredibile. È una «lavoratrice capace e competente che ogni giorno si batte affinché la propria presenza e quella delle sue colleghe venga riconosciuta in un mondo che ancora guarda alle donne con diffidenza», si legge tra le motivazioni che le sono valse il riconoscimento. E d'accordo che le donne italiane in forza nel settore dei mezzi pesanti siano il 6,2% dell'intera categoria, d'accordo che il dato sia quasi il doppio rispetto alla media europea (per una volta primeggiamo), d'accordo pure che (in termini assoluti) voglia dire qualcosa come circa 3mila signore con la licenza per i camion, però mica è facile.

Mica è semplice, anche se alle spalle hai una famiglia “d'arte” e non parti da zero. «Ci sono insulti, prese in giro, spesso anche molestie sessuali. Certo, magari abbiamo meno forza degli uomini per caricare o scaricare la merce», spiega Claudia che al momento lavora per la Frigor trasporti orobico di San Paolo d'Argon, «ma invece di aiutarci ci trattano male. Mentre noi vorremmo solo un po' di rispetto».

Rispetto che lei s'è conquistato sulla strada. Macinando chilometri a bordo della sua “Bimba” (poteva chiamarsi sennò?) Scania R500: un bestione rosso fuoco che all'occorrenza fa da sala da pranzo e da dormitorio. «Mi lavo all'autogrill, tante volte non trovo nemmeno il modo.
In Italia non siamo attrezzati».

La passione di Claudia per i tir è nata dal dolore per la scomparsa di Cesare. E a Cesare, lei, oggi, dedica il Sabo rosa che ha ricevuto: «È morto per un malore nel 2019 nei pressi di Modena Sud». Il gergo del camionista che sbuca quando meno te l'aspetti. La loro è stata una storia d'amore come ce ne sono poche: a inizio secolo Claudia s'è trasferita in Abruzzo. Ai camion non ci pensava. Era «una vita di sacrifici, proprio perché sono cresciuta “in mezzo alla nafta” avevo deciso di dedicarmi ad altro, e nemmeno mia madre voleva lo facessi». All'epoca aveva solo la patente B, quella per l'auto.

Ma il destino è così. È beffardo, è imprevedibile. È che non gli scappi. In Abruzzo Claudia ha fatto un po' la badante e un po' la cameriera, soprattutto ha incontrato Cesare. Che era vedovo e aveva due figli, col quale ha passato quindici anni di serenità. Lui, tutte le mattine, le diceva: “Se mi succede qualcosa, sappi che io sono felice perché questo è il lavoro che amo”. La disgrazia è capitata cinque anni fa: Cesare s'è sentito male mentre era alla guida, però è riuscito ad accostare in tempo. È finito su un capannone per non centrare un incrocio «dove chissà cosa sarebbe successo».

A quel periodo difficile, difficilissimo, Claudia ha deciso di reagire: e l'ha fatto di petto, forse nell'unico modo che c'è per non farsi sotterrare dalle catastrofi. Prendendole di petto. Affrontandole. Sfidandole sul loro stesso terreno, se serve. «Ho deciso di salire sul camion per portare avanti la passione di mio marito. Che poi è diventata anche la mia. Certe mattine è veramente dura, ma quando giro la chiave nel cruscotto passa tutto».

«Io amo questo lavoro», continua Claudia, «anche se le problematiche sono tante. Il traffico, la gente, la nebbia. Mi rendo conto che è un mondo difficile. Un mondo di uomini. Cesare già me ne parlava. Io lotto perché le donne abbiano la parità con gli uomini. Siamo spesso discriminate, io stessa ne ho subite tante ma continuo a battermi e mi fa piacere vedere che siamo tante. Siamo sempre di più. Le donne ce la fanno, mi rendono orgogliosa».

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Libero Quotidiano

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