“Dopo 23 anni di precariato sono finalmente di ruolo. Fra poco dovrò andare in pensione, ma ora voglio godermi la cattedra”

  • Postato il 16 settembre 2025
  • Scuola
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Dopo ventitré anni di precariato, alla vigilia della pensione, finalmente sono di ruolo”. Luisa Biaggi, insegnante di religione della diocesi di Crema, aveva quasi perso le speranze di avere un contratto a tempo indeterminato. La sicurezza di una cattedra è arrivata a 63 anni grazie al concorso straordinario che si è svolto nei mesi scorsi.

Mamma di due figli, nonna di Leonardo e Giulio, quest’anno – come se non fosse mai entrata in aula – dovrà pure svolgere il cosiddetto anno di prova. Se non fossimo in Italia, sembrerebbe una barzelletta ma per questa maestra, che ha dovuto riprendere in mano i libri e studiare didattica, pedagogia per tutta l’estate, non è stato uno scherzo.

Come si è sentita quando ha saputo che non sarebbe più stata una precaria?
Alla mia età le colleghe spesso mi chiedevano stupite “Come, tu non sei di ruolo?”. Ora sono a mio agio. Avrò diritto anch’io alla carta docente che per anni non ho avuto e banalmente, per entrare in un museo in qualità di insegnante, non dovrò rifare l’apposito modulo ogni anno. Più di vent’anni di precariato sono spiazzanti. Dal punto di vista contrattuale mi hanno riconosciuto da sempre gli scatti d’anzianità e grazie al rapporto di fiducia nato con l’ufficio diocesano ho sempre avuto un incarico annuale. Il rischio, nel corso di questi lunghi anni, è stato quello di perdere improvvisamente la cattedra per un taglio di ore.

Quando ha iniziato ad insegnare?
Ho cominciato il mio percorso nella scuola a quarant’anni a seguito della laurea in scienze religiose a Milano. Da allora sono alla primaria. Sono stata tra le prime “specialiste” ad entrare alle elementari dove fino ad allora la maestra “unica” faceva anche religione. Era il periodo in cui iniziavano a diminuire i sacerdoti; la nostra figura era diventata essenziale. All’inizio le colleghe ci guardavano con diffidenza perché ci vedevano come coloro che avrebbero sottratto loro ore e quindi posti di lavoro ma pian piano è stata riconosciuta da tutti la nostra professionalità.

Ai tempi immaginava che avrebbe dovuto fare così da tanti anni di precariato?
No. Anzi. Quando ho iniziato a fare la docente avevano bandito da poco il primo (e unico fino a quest’anno) concorso nel 2004. Si diceva che ne avrebbero fatti ancora, uno ogni tre anni ma più trascorreva il tempo più mi rendevo conto che l’obiettivo si allontanava. Mi preoccupavo sempre più di dover studiare per una prova a cinquant’anni. Ogni anno era quello giusto ma siamo arrivati al 2025.

Non è stato facile per lei affrontare il concorso.
Per nulla. Sono fiera di averlo fatto. Sono orgogliosa di averlo superato con ottimi risultati ma è stato stressante. Essendo straordinario abbiamo fatto solo una prova orale ma alla mia età ho dovuto riprendere in mano libri, leggi, manuali. Mi son fatta aiutare dai miei figli per imparare ad adoperare Canva e ho dovuto studiare sottraendo tempo alla famiglia.

Com’è cambiato nel corso di questi 23 anni il suo ruolo nella Scuola? Sono diminuiti gli alunni che si avvalgono della sua materia?
Il trend è rimasto più meno lo stesso, ma oggi ho in classe bambini di famiglie migranti che non sono battezzati. Negli ultimi tre-quattro registro anche qualche famiglia italiana che sceglie di non fare religione, mentre c’è chi sceglie di aderire alla mia ora, ma non celebra i sacramenti della Comunione o della Cresima.

E ora arriva la pensione.
Eh sì, a 67 anni dovrò lasciare la cattedra. Adesso non voglio pensarci. Lasciatemi godere questo ruolo.

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