“Dobbiamo dire sempre dove dormiamo, ma a volte è complicato saperlo in anticipo. Io ho un metodo”: Berrettini racconta i test anti-doping
- Postato il 12 marzo 2025
- Tennis
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Loro sanno tutti i ca**i miei: dove sto, dove dormo. È un po’ un peso, una roba stressante“. Intervistato al podcast Tintoria, Matteo Berrettini ha parlato dei controlli anti-doping nel tennis (argomento caldo soprattutto dopo il caso Clostebol che ha coinvolto Jannik Sinner), spiegando in cosa consiste tutta la procedura necessaria per effettuarli. Berrettini ha registrato l’intervista nei giorni della visita al Quirinale dal presidente Sergio Mattarella, quindi prima che fosse noto lo stop di tre mesi per Sinner.
Per questo nel podcast Berrettini non ha parlato dell’accordo con la Wada, ma ha invece svelato come funzionano i controlli anti-doping. “Capita spesso, e sono sempre a sorpresa. A volte sono solo urine, altre comprendono anche esami del sangue. Abbiamo un app in cui dobbiamo dire sempre dove dormiamo così che loro possano arrivare la mattina”, ha spiegato Berrettini. Che ha aggiunto: “È un po’ complicato, devi dire con anticipo se sarai a casa o comunque nell’hotel o insomma dove ti fai trovare”. Il tennista romano ha svelato di avere una sorta di metodo per evitare errori: “Tutte le sere prima di andare a dormire devo controllare se ho messo l’indirizzo giusto“, ha ammesso il tennista.
Ma spesso le complicazioni aumentano: “In vacanza poi è un po’ una seccatura. Per esempio, se dici di dormire in tenda ci deve essere una sorta di hotel lì vicino, o se sei in barca devi segnalare il molo in cui hai attraccato”. E nel caso tu non ti faccia trovare, la punizione è severa: “Se non ti fai trovare c’è un warning e quando ne prendi 3 sei squalificato per un anno e mezzo. Una volta mi capitò che mi chiamarono ed erano a Monte Carlo, mentre io ero a Berlino e ho avuto un warning, che dura poi un anno. Dopo un anno solare si azzerano”.
Berrettini è poi entrato nei dettagli della procedura, spiegando nel concreto che “loro”, quindi chi esegue i test, “ti devono guardare mentre la fai. Questo perché in passato le persone dopate avevano dei trabiccoli con dei peni finti, delle protesi e versavano la pipì di un altro, pulita. L’avevano nei pantaloni e per questo loro ora si assicurano bene”. Il tennista romano ha poi concluso sull’argomento: “Ho già fatto 4 test e ogni volta è un ‘ave maria‘, durante l’anno ne farò una trentina“.
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