Dl Sicurezza, l’allarme degli esperti alla Camera: “Aggredita la Costituzione”. Ma ad ascoltarli non c’è nessuno
- Postato il 24 aprile 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
.png)
Un “attacco alla marginalità e al disagio“, un provvedimento di “matrice profondamente illiberale e autoritaria” segnale di “una vera e propria regressione democratica“. In audizione di fronte alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, esperti e studiosi demoliscono senza appello il decreto Sicurezza varato dal governo, arrivato a Montecitorio per la conversione in legge. Le critiche non riguardano solo il contenuto del testo – un coacervo di norme securitarie e repressive, tra cui 14 nuovi reati e nove aggravanti – ma soprattutto il metodo: cioè la scelta di trasformare in un decreto legge il contestatissimo ddl Sicurezza, in discussione in Parlamento da oltre un anno e rimasto momentaneamente bloccato per un problema di coperture. “Con questo decreto si entra in una fase nuova rispetto all’abuso della decretazione d’urgenza, aprendo a quella che può essere considerata una vera e propria regressione democratica, con un salto di qualità nell’aggressione alla legalità costituzionale e ai diritti fondamentali”, ha denunciato Roberta Calvano, professoressa ordinaria di Diritto costituzionale all’università Unitelma Sapienza di Roma. Lo strumento eccezionale del decreto legge, ha ricordato, “va utilizzato per quei casi straordinari di necessità ed urgenza che non possono derivare dall’esigenza di aggirare il dibattito parlamentare, pena lo stravolgimento non solo dei rapporti tra fonti, ma degli equilibri della stessa forma di governo”.
Convocata per mercoledì mattina, Calvano ha parlato a una platea praticamente deserta: su 63 membri delle due commissioni, ad ascoltarla in presenza c’erano appena quattro deputati, tutti di opposizione, più pochi altri in collegamento. Della maggioranza non si è fatto vedere nessuno a parte il presidente, Ciro Maschio di Fratelli d’Italia. “Sono rimasta abbastanza sconcertata”, dice la professoressa al fattoquotidiano.it. “Noi costituzionalisti ci sgoliamo da anni per difendere il ruolo costituzionale delle Camere, ma ormai sembra di assistere ad una sorta di omicidio del consenziente“, ironizza. Oltre a lei, mercoledì sono stati auditi anche Luca Blasi della Rete No ddl Sicurezza, Antonella Soldo dell’Associazione Meglio Legale, rappresentanti di Coldiretti, Antigone, Arci, Nessuno tocchi Caino e Società della Ragione. Riportando le loro osservazioni, Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra – uno dei pochi onorevoli presenti – denuncia a sua volta come le audizioni su un provvedimento così importante si stiano svolgendo “nel deserto della maggioranza“: “È un provvedimento affetto da uno sfrenato e incontenibile panpenalismo. Le norme criminalizzano le lotte sociali, le proteste per i cambiamenti climatici, e mascherano intenti discriminatori, come quella che permette il carcere per le donne in stato di gravidanza o con bambini neonati”, attacca. Mentre l’articolo 18, che vieta la commercializzazione di cannabis light, è “un’assurda fatwa” che distrugge “una fiorente attività imprenditoriale con più di 23mila addetti”.
Il giorno prima, martedì, le Commissioni avevano ascoltato i rappresentanti della magistratura e dell’avvocatura, per una volta uniti nel denunciare le storture del decreto. Pur con i toni soft che lo contraddistinguono, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi ha sottolineato che la situazione del Paese non sembra “così grave ed esasperata da poter giustificare un provvedimento d’urgenza di questo tipo”: “Un problema di costituzionalità si pone”, ha ammesso. “Per alcuni colleghi c’è una percezione, da parte di molti in generale, che questo tipo di risposta sia un attacco alla marginalità e al disagio, che secondo altri potrebbero necessitare invece di una risposta diversa. Questa risposta è quindi interpretata da alcuni come puramente repressiva e non in sintonia con le esigenze di chiarimento e di dialogo che il Paese propone”, ha aggiunto. Lanciando pure una provocazione velenosa alla politica: “Qui di tecnico c’è davvero poco. Nel decreto legge ci sono decisioni di carattere politico. E oggi ci viene chiesto un giudizio politico che invece in altri casi”, leggasi separazione delle carriere, “non è gradito“. Durissimo anche Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere penali, il “sindacato” degli avvocati penalisti che contro il provvedimento sciopereranno dal 5 al 7 maggio: le norme del decreto, denuncia, “sembrano criminalizzare determinate condotte di marginalità e di dissenso individuando categorie di persone come il manifestante, il disobbediente, l’imbrattatore, l’occupante, l’irregolare, come se fossero appunto categorie da criminalizzare. Stiamo andando verso un diritto penale totale, che aggredisce tutte le forme del disagio“, attacca. E definisce la sostituzione del ddl con un decreto legge “una modalità offensiva delle prerogative del Parlamento”.
Martedì era stato ascoltato anche Alfonso Celotto, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, secondo cui il nuovo reato di blocco stradale introdotto dal decreto contrasta con il diritto di resistenza garantito dalla Costituzione, mentre il divieto di coltivare la cannabis light viola il diritto comunitario. Secondo Celotto, la trasformazione del blocco stradale da illecito amministrativo in reato (punito fino a due anni di carcere) cozza con “uno dei grandi principi di libertà riconosciuti dalla nostra Assemblea costituente, il diritto di resistenza“, che è sempre stato garantito come fondamento della disobbedienza civile, e in questo modo “non esiste più”. La stretta sulla cannabis light, invece, “crea un problema rispetto al diritto dell’Unione europea, perché si limita la circolazione di una merce in maniera sproporzionata, violando il principio di mutuo riconoscimento”. Inoltre, esiste un regolamento Ue che “consente coltivazione e diffusione della canapa industriale”: la norma del decreto, quindi, “non è solo incostituzionale, ma anche disapplicabile in ambito comunitario”. Infine, ricorda Celotto, esiste “il principio di affidamento, che non consente al legislatore di cambiare idea se non in maniera ragionevole: se dal 2016 la canapa è coltivabile liberamente, non puoi dire da oggi con decreto legge che non si coltiva più”.
L'articolo Dl Sicurezza, l’allarme degli esperti alla Camera: “Aggredita la Costituzione”. Ma ad ascoltarli non c’è nessuno proviene da Il Fatto Quotidiano.