Disastro Rigopiano, la Cassazione: “Era possibile e dovuto prevenirlo”. Se la strada fosse stata libera dalla neve non ci sarebbero stati morti

Era possibile prevenire il disastro di Rigopiano? “Era possibile e anche dovuto”. Così la Cassazione nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 3 dicembre ha parzialmente accolto le richieste della procura generale disponendo l’appello bis per dieci imputati per il disastro del 18 gennaio del 2017. Quel giorno morirono 29 persone a causa di una valanga che, dopo una forte scossa di terremoto, travolse l’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Le vittime erano ospiti e dipendenti, undici i superstiti tirati fuori dalla neve e dalla “macerie” della struttura dai soccorritori.

“La prevenzione ‘regina’ per l’incolumità individuale e collettiva”, vale a dire “l’identificazione di Rigopiano come sito valanghivo – scrivono gli ermellini nelle motivazioni – avrebbe dovuto attuarsi non a disastro naturalistico inverato” né “nel corso” e “nemmeno nell’imminenza della sua verificazione”. Avrebbe invece “dovuto procedere di molto l’evento” poiché “tale classificazione avrebbe comportato il divieto di accedervi oppure di utilizzare le strutture in esso presenti ovvero ne avrebbe imposto un uso disciplinato (limitato, per esempio, alle stagioni non invernali)”. “Era tal conclusione possibile? – dice ancora la Cassazione – Tale conclusione era possibile e anche dovuta

Se la strada che portava all’hotel Rigopiano “fosse stata liberata dalla neve” la mattina del 18 gennaio, quando gli ospiti dell’hotel “tentarono invano di abbandonare l’albergo, gli eventi morte e lesioni non si sarebbero verificati” sottolineano i magistrati che ricordano che la disponibilità di mezzi spazzaneve “avrebbe dovuto essere monitorata”: “l’assicurazione della viabilità delle strade quindi la tutela dell’incolumità delle persone, non può che passere attraverso la pronta a disponibilità degli strumenti a ciò necessari”.

La Cassazione aveva confermato la condanna per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, inflitta nel processo d’appello: un anno e 8 mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso,mentre era stato disposto un appello bis per dieci imputati tra cui i sei dirigenti del Servizio di Protezione civile della Regione Abruzzo che erano stati assolti nei primi due gradi di giudizio, come era stato sollecitato dal sostituto procuratore generale. Un nuovo processo di secondo grado era stato disposto anche per l’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e il tecnico del Comune all’epoca dei fatti, nonché ai due funzionari della Provincia di Pescara. Confermata invece la condanna all’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Saranno i giudici della corte d’Appello di Perugia a celebrare il processo.

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