Disagio giovanile, i dati restano allarmanti: la situazione nel savonese e il parere degli esperti

  • Postato il 2 novembre 2024
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico ottobre 2024

Allarme. Non accenna a dare segni di miglioramento la situazione di grave disagio che, complici l’avvento dei social network e la pandemia da Covid-19, continua ad opprimere pericolosamente i giovani del nostro Paese.

Durante l’emergenza sanitaria, tutti gli italiani hanno dichiarato di avere avuto problemi psicologici, ma sui giovani l’impatto è stato maggiore: dati Censis mostrano che i numeri di chi ha sofferto di ansia e depressione si attesta al 49,4% nei ragazzi tra i 18 e i 25 anni.

Dal disagio e dall’incomprensione all’interno del contesto familiare traggono origine, per il 69,1% dei giovani, fenomeni antisociali o violenti come il bullismo; all’origine della violenza giovanile trovano spazio anche la scarsa autostima e la difficoltà di inserimento sociale (34%), il desiderio di accettazione (29%) e l’adesione a modelli culturali negativi veicolati dai social (24,4%).

Nel 2024, però, si è registrato almeno un dato positivo: una piccola inversione di tendenza, nel primo semestre dell’anno, delle richieste d’aiuto da parte di persone che si sono rivolte a “Telefono Amico Italia” per gestire un pensiero suicida, proprio o di un caro. Sono state 3500, ovvero il 6,5% in meno dal primo semestre 2023. Numeri comunque ancora molto lontani dai livelli pre-pandemia, quando l’organizzazione di volontariato gestiva mille chiamate l’anno di questo tipo.

Ma il disagio non è solo questione di numeri e sempre più spesso si manifesta concretamente nei ragazzi sotto forma di gravi disturbi alimentari o conducendo all’uso e abuso di alcool e sostanze stupefacenti. Una situazione ben nota agli esperti del mestiere che operano nel savonese, i quali tutti i giorni lavorano a stretto contatto con i giovani pazienti e ne testimoniano la generale insicurezza verso il futuro ed il conflittuale rapporto con il proprio corpo e con la propria identità, cause maestre del disagio accusato.

Stefania Lanaro, psicologa e psicomotricista, attiva nelle scuole del Ponente nonché membro dell’associazione “Bucaneve” contro i disturbi alimentari, spiega: “Occorre distinguere attentamente il disagio dalla patologia. Spesso i ragazzi, nel venire etichettati come portatori di una patologia ben definita, trovano risposta alla loro ricerca di un’identità che li renda unici. Ritengo che sia certamente importante effettuare una diagnosi, ma ancor di più lo è il concentrarsi sul malessere stesso, dandogli per esempio un nome e una forma, e facendo capire ai giovani pazienti che si tratta di qualcosa di esterno e di temporaneo“.

“E’ giusto cercare per loro nuove strategie e fornire consigli, ma senza sostituirsi loro nel ruolo di protagonisti. Non bisogna fornire rigide prescrizioni o giudizi critici ma incoraggiarli ad essere propositivi, ad autogestirsi, a mettersi in gioco attivamente e focalizzarsi sulle emozioni, garantendo sempre loro la presenza di un supporto – prosegue la dottoressa – Non sempre ciò che si vuole si può ottenere, dunque occorre ‘contrattare’ e porre dei limiti: i ragazzi hanno bisogno dei ‘no’.

“E’ importante che anche gli adulti si mettano in discussione, che ascoltino di più, senza provare paura o vergogna nei confronti del dolore e della sofferenza. I genitori devono curare il lato affettivo del rapporto con i figli, al professionista spettano le ‘regole’. No ai sensi di colpa ma è comunque necessaria un’assunzione coraggiosa di responsabilità, senza evitare eventuali argomenti scomodi. I parenti e le famiglie costituiscono un grande valore aggiunto e, insieme ai giovani pazienti, rappresentano le vere navi-guida del mestiere”.

A fornire ulteriore testimonianza dell’incremento allarmante del fenomeno è il dottor Pier Fabrizio Cerro, direttore del S.C. Psichiatria ponente CDAA: “Negli ultimi due anni abbiamo registrato un aumento delle richieste d’urgenza dal 67% al 140%, nella fascia di età compresa tra i 14 e i 24 anni. L’arrivo in Pronto Soccorso segnala l’avvenuto superamento di tutti i confini di contenimento del malessere. Ansia e depressione le principali cause, ove i canali di sfogo divengono il cibo ed il proprio corpo: i disturbi dell’alimentazione sono i più frequenti, seguiti da  autolesionismo e condotte para-suicidarie“.

I dati fornitici durante l’intervista parlano chiaro: nel 2023 si sono contate, al Santa Corona di Pietra Ligure, 126 ricoveri e 490 prestazioni ambulatoriali, delle quali 200 erano prime visite. Numeri che testimoniano di percorsi riabilitativi molto lunghi e complessi, con sempre nuovi casi che vi si sommano.

“Ci troviamo di fronte a bisogni nuovi, dove i quadri diagnostici risultano sfumati ed i confini labili. Disagio e ed incertezza per la propria identità, per il proprio corpo e per la propria posizione nel mondo vanno di pari passo con la paura del futuro, che appare come dubbio e minaccioso, e con l’eco-ansia. Le reazioni a questi malesseri sono le più varie, da chi riesce in qualche modo a ‘mentalizzare’ la paura tramite idee o progetti, ai più fragili che invece cadono nell’auto-isolamento o nel desiderio e idea latente di morte, in uno stato di costante allarme”.

Prosegue ancora Cerro: “Si registra inoltre un preoccupante 43% di giovani che ricorre ad auto-terapie, assumendo farmaci spesso reperiti direttamente in casa, senza alcun consulto medico. Inoltre, dagli screening che abbiamo effettuato nelle scuole superiori, è emerso che il rischio di disturbi alimentari si attesta ad un significativo e preoccupante 15%. A tal fine promuoviamo gruppi di ascolto negli istituti, affinché si possa lavorare sui disagi con le parole, prima che questi si trasformino in sintomi”.

Anche il direttore della Struttura Complessa Servizio Dipendenze di Savona, il dottor Roberto Carrozzino, commenta: “Come noto, la nostra provincia è afflitta ormai da tempo da un inarrestabile calo demografico. Gli adolescenti di oggi sono nati in un periodo in cui la natalità era già in drastico declino, dunque il numero assoluto di casi di disagio attualmente registrati è doppiamente preoccupante: alla decrescita della componente giovanile corrisponde una maggiore presenza di problematiche“.

“Le manifestazioni sono molteplici: condotte scorrette, isolamento, disturbi alimentari, uso di sostanze. Proprio nell’assunzione di stupefacenti la Liguria si classifica come maglia nera in Italia, con due ragazzi su tre che dichiarano di averli provati e un ragazzo su tre che afferma di farne consumo abituale. Oggi ne viene fatto un cosiddetto uso ‘ricreativo’ prevalentemente nei fine settimana che, proprio per questo motivo, non va spesso a costituire una dipendenza franca come in passato ma causa, al contrario, problemi difficili da riconoscere. Alle droghe tradizionalmente più assunte (oppiacei, cocaina) e all’alcool, si sono sostituite sostanze più pericolose come i cannabinoidi sintetici e la chetamina, reperiti sul sul dark web e in alcuni locali”.

“E’ importante distinguere – conclude Carrozzino – il fatto culturale da quello sanitario, non ricorrendo alla medicalizzazione ove non necessario: bisogna essere il più possibile presenti sul territorio, evitando l’iper-sanitarizzazione e studiando, di contro, percorsi ad hoc per le esigenze di ogni singolo paziente, a prescindere dalla porta d’accesso attraverso la quale hanno richiesto aiuto”.

Autore
Il Vostro Giornale

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