Di Bernardo (ex gran maestro): «I calabresi governano la massoneria. E continueranno a lungo»

  • Postato il 24 aprile 2025
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Di Bernardo (ex gran maestro): «I calabresi governano la massoneria. E continueranno a lungo»

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Intervista a Giuliano Di Bernardo, ex gran maestro del Goi, sulla proliferazione di logge e grembiuli in Calabria e sulle infiltrazioni criminali. «Forte presenza della ‘ndrangheta».


«I calabresi governano il Grande Oriente d’Italia da anni, ormai. E continueranno a farlo, se non da qui all’eternità, per molto tempo». La profezia è di Giuliano Di Bernardo, ex gran maestro del Goi, da lui lasciato nel 1993, quando decise di collaborare con il procuratore di Palmi Agostino Cordova, che aveva portato alla luce inquietanti connessioni tra massoneria e criminalità organizzata.

Oggi Di Bernardo è alla guida di un nuovo ordine esoterico, da lui denominato Dignity. All’epoca in cui era al vertice del Goi, in Calabria c’erano 32 logge, gran parte delle quali – 28 – sarebbero state infiltrate dalla ‘ndrangheta. Da allora sono triplicate le logge della Calabria, che, con i suoi 3500 fratelli (ma il dato si riferisce soltanto alle due obbedienze principali), è la regione italiana in cui si concentra il maggior numero di iscritti alla massoneria. «Un’infinità. In Calabria le logge proliferano come funghi», dice Di Bernardo al Quotidiano.

Profondo conoscitore della massoneria, fondatore della Gran Loggia Regolare d’Italia, Di Bernardo sa ancora molto di quello che si muove dentro e fuori dal Goi, che un anno fa elesse un calabrese, Antonio Seminario da Rossano, come gran maestro alla successione di Stefano Bisi. Il Tribunale civile di Roma ha poi sospeso le elezioni in seguito al ricorso del romagnolo Leo Taroni, che aveva incentrato la sua campagna elettorale sulla lotta alle infiltrazioni criminali. Ma Di Bernardo è certo che i massoni calabresi, che sono tanti anche nelle altre regioni, continueranno a detenere la leadership.

Un dato di cui forse bisogna tenere conto per acquisire consapevolezza dell’enorme influenza del potere massonico e soprattutto di quelle centinaia di logge coperte che costituiscono il tramite tra clan e istituzioni e condizionano carriere universitarie, appianano vicende giudiziarie e coprono affari sporchi. Anche alla luce di quel legame strutturale tra massoneria e ‘ndrangheta in seguito all’istituzione del grado della “santa”. La cupola degli invisibili, dove ‘ndrangheta e massoneria si intrecciano e si confondono fino a diventare un tutt’uno. Ne abbiamo parlato con Di Bernardo.

Lei ha denunciato che 28 su 32 logge erano controllate dalla ‘ndrangheta. Era il 1993, un anno in cui crolla un sistema politico e anche nella massoneria avviene una rivoluzione. Come ha saputo delle infiltrazioni criminali nella massoneria calabrese?

«Quando il cosentino Ettore Loizzo, mio gran maestro aggiunto e allora figura apicale del Goi in Calabria, fece quella dichiarazione in Giunta, avevo già deciso di dimettermi. L’affermazione di Loizzo faceva seguito ad un’altra informazione che avevo avuto da 23 gran maestri dell’Europa e degli Usa. Mi trovavo a Londra per celebrare il 275esimo anno della fondazione della massoneria. Un gran maestro di una loggia europea mi disse di passare da Vienna perché 23 gran maestri avevano piacere di parlarmi. Mi dissero di sapere con certezza che nel Goi si stava per verificare uno scandalo più grosso della P2. Una certezza che derivava da servizi segreti e ambasciate. Parlavano di infiltrazioni criminali, ma il riferimento era a mafia e ‘ndrangheta. Tornai a Roma e convocai la giunta. Ripetei pari pari ciò che mi avevano detto. Nessuno mi ha creduto. “Vedi lucciole per lanterne”, dicevano. Accadeva a giugno. Pochi mesi prima dell’inchiesta di Cordova. A settembre Cordova avvia l’inchiesta e mi chiede l’elenco delle logge calabresi. Aveva elementi per ritenere che all’interno delle logge si consumassero reati. Accolsi la richiesta. Consegnai al magistrato l’elenco dei massoni calabresi. Poi Cordova mi chiese l’elenco di tutti i massoni d’Italia. Perché i massoni calabresi operavano in Nord, specie in Lombardia. Cordova intuì che la ‘ndrangheta, più della mafia, occupava le regioni del Nord. Alla sua richiesta non potei acconsentire perché la decisione doveva essere presa dalla giunta. “Se lei fosse venuto con un mandato di sequestro, sarei stato costretto a consegnarle l’elenco”, gli dissi. Lui mi disse che sarebbe tornato col mandato e intanto mise due carabinieri a guardia del computer che conservava gli elenchi. Il giorno dopo li sequestrò. Dopo aver visionato gli elenchi, iniziò un’inchiesta sulla massoneria, con particolare riferimento al Goi. “Goi indagato dalla Procura di Palmi”, scrissero i giornali. Essendo il rappresentante legale dell’organizzazione, ho avuto incontri segreti con Cordova. Durante uno di quegli incontri, Cordova definì la massoneria come una palude. Mi fece vedere un plico alto mezzo metro. “Scelga un foglio a caso”, disse. Restai incredulo dopo aver letto qualcosa. Personaggi calabresi al vertice della massoneria avevano denunciato altri fratelli per vari reati, tra cui quello di aver accolto nelle logge membri della ‘ndrangheta. Raccontai tutto alla giunta. Chiesi ai vertici calabresi capeggiati da Loizzo, mio gran maestro aggiunto, di partecipare all’incontro. Lo guardai negli occhi. Mi disse “sì”. “Le nostre logge non sono solo infiltrate ma controllate dalla ‘ndrangheta”».

Quando lei ha incontrato le logge calabresi in quegli anni sapeva che erano infiltrate?

«Che in Calabria ci fossero infiltrazioni lo seppi sempre da Loizzo, in campagna elettorale. Oggi i gran maestri devono fare campagna, come in politica. Ho girato l’Italia in lungo e largo. Quando sono venuto in Calabria sono stato ricevuto nelle logge insieme a Loizzo che era nella mia lista come gran maestro aggiunto. Mentre presentavo il programma nelle logge, mi diceva dove bisognava andare e dove non bisognava andare proprio per evitare di fare brutti incontri.  In effetti, siamo andati in poche logge. “Adesso sono solo un candidato, se dovessi essere eletto mi occuperò di questo problema”, mi dicevo. Quello che è avvenuto dopo è ben noto».

Quello dell’infiltrazione criminali nelle logge è stato uno dei temi della campagna di Taroni, uscito sconfitto dalle elezioni…

«La lista Taroni imposta la sua campagna sulla lotta alle infiltrazioni criminali. Il calabrese (Seminario, ndr) viene eletto per due ragioni. Perché ha saputo fare campagna elettorale. Perché la lista opposta anziché pensare a ottenere consensi faceva proclami chiedendo il riconoscimento della massoneria allo Stato. Un tema che per tanti massoni è ostico. Seminario, invece, ha fatto una campagna perfetta, sfruttando le regole della democrazia. Per esempio, è stato accusato di aver fatto votare centenari, ma la democrazia lo consente. Ha creato una moltiplicazione di logge. Insomma, una campagna ben congegnata. Mi sono congratulato con lui dicendogli che Machiavelli sarebbe stato contento di come ha conquistato il potere».

Ma anche Seminario di recente ha pronunciato un’allocuzione in cui sostiene che i massoni devono avere “costumi irreprensibili”…

«Si tratta di un invito alla comunione. Ma parla del dover essere più che dell’essere. Di buoni propositi e non della realtà. Taroni ha commesso un errore facendo ricorso alla magistratura. Non è quello il modo per vincere le battaglie nella massoneria. Si andrà a nuove elezioni ed è certo che Seminario si ripresenterà e tornerà a fare il gran maestro. Bisi scomparirà e i calabresi continueranno a governare il Goi. Se non da qui all’eternità, per molto tempo ancora».

Secondo lei è un’anomalia che nella regione economicamente più depressa, casa madre della ‘ndrangheta, la più potente delle mafie italiane, vi sia il più alto numero di massoni?

«Ai miei tempi erano 32 le logge in Calabria, oggi sono triplicate. Allora le regioni massoniche più popolose erano la Toscana e l’Umbria. La Calabria ha iniziato ad avere ambizioni con il gran maestro Ugo Bellantoni. Antonio Seminario è un suo prodotto. I calabresi hanno conquistato il Rito scozzese antico ed accettato. Hanno moltiplicato le logge come funghi ammettendo tanti. Il fenomeno è recente, risale agli ultimi quattro, forse cinque anni. Siccome i calabresi sono sparsi in tutte le regioni, la loro influenza è alta. Quelli fuori regione prendono ordini dalla Calabria».

L’identikit del massone calabrese?

«La classe di provenienza è medio-alta, formata per lo più da professionisti. Ma per ragioni elettorali poi hanno messo in mezzo tutti. Guardi, la Calabria per me è la regione più bella d’Italia. Ci vengo come turista, come professore universitario, per dare suggerimenti ad alcune ricerche».

Ci viene anche come gran maestro?

«Sì. Di recente ho deciso di aprire una sede del mio Ordine in Calabria. Ho fatto iniziazioni nella Locride, in particolare a Gerace, che mi piace molto. Ci sono miei gruppi anche a Cosenza e Lamezia dove prossimamente tornerò per altre iniziazioni. Penso di avere un numero sufficiente per aprire entro l’estate il mio Ordine in Calabria. Si chiama Dignity. Ho la sensazione che molti massoni del Goi mi chiederanno di entrare. E che altri continueranno a ripetere la canzoncina del traditore. L’odio nei miei confronti è ancora vivo».

Gerace è il paese del procuratore Gratteri. Le sue inchieste hanno spesso svelato il legame strutturale tra ‘ndrangheta e massoneria…

«Molti anni fa feci là una presentazione di un libro in una chiesa sconsacrata. Ancora si ricordano di quel mio intervento. Ci sono tornato per una conferenza sui problemi del mondo contemporaneo, le prospettive del futuro della terra…».

Cosa pensa di Giancarlo Pittelli, figura chiave del maxi processo Rinascita poiché ritenuto la cerniera tra massoneria e ‘ndrangheta?

«Pittelli era un membro autorevole del Goi. I magistrati quando mettono in evidenza reati commessi da massoni li attribuiscono alla massoneria deviata. Io che sono massone da sempre non so cosa sia la massoneria deviata. Non capisco perché i procuratori continuino a parlare di massoneria deviata. C’è la massoneria e basta. Quando Pittelli fu messo sotto inchiesta, Bisi lo sospese. Se Pittelli appartiene alla massoneria deviata e se la massoneria deviata non è il Goi, perché lo ha sospeso? La massoneria deviata è un’invenzione che contiene in sé due errori fondamentali. Perché si ricerca qualcosa che non esiste e non si ricerca ciò che esiste. Ma il caso Pittelli non è isolato. Parliamo di centri di potere in cui ci sono anche massoni. Componenti della ‘ndrangheta sono in massoneria. La ‘ndrangheta usa la massoneria. Loizzo, profondo conoscitore della sua terra e delle sue logge, non lo ha mai minimamente messo in dubbio. Questa presenza così forte della ‘ndrangheta nelle logge in quegli anni era una conseguenza del progetto di Gelli che usava le mafie come braccio armato per la strategia della tensione. C’è stato un momento in cui i capi della ‘ndrangheta sono entrati nella P2. Le cose non nascono mai all’improvviso. Parte dello Stato e della mafia collaboravano sin dai tempi dello sbarco in Sicilia, nel contesto della seconda guerra mondiale».

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