Danilo Rihai è l’ennesimo detenuto suicida: Nordio ha usato parole vergognose

  • Postato il 14 agosto 2025
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Aveva 17 anni. Si è impiccato con i suoi jeans nella cella del centro di prima accoglienza annesso al carcere minorile di Treviso. Si chiamava Danilo Rihai e veniva dalla Tunisia. Era un minore straniero non accompagnato, di cui oggi sono pieni gli istituti penali per minorenni. Ragazzini per i quali mancano strutture di accoglienza e che si ritrovano a vivere per strada di piccoli espedienti.

Sono mesi e mesi che lo denunciamo: le carceri minorili fanno schifo. È la prima volta nella storia che sono sovraffollate come quelle degli adulti e si fatica a prestare ai giovani detenuti le attenzioni individualizzate che il percorso di un adolescente necessita. Il decreto Caivano del settembre 2023 ha fatto precipitare il sistema della giustizia minorile italiana, da modello che era considerato nell’intera Europa, al degrado più totale. Nelle nostre visite abbiamo trovato ragazzi chiusi in cella quasi l’intera giornata, in condizioni igieniche disgustose, imbottiti di psicofarmaci cosicché stessero zitti e buoni.

Danilo è morto in ospedale, dopo 48 ore di agonia. Il governo lo conteggerà tra le morti in carcere? No, perché così il Ministero della Giustizia sceglie di riportare i dati di questa drammatica conta: chi ha la fortuna di impiccarsi e morire immediatamente potrà comparire nell’elenco; chi invece fa l’errore di lasciare il tempo per essere trasportato in ospedale non risulterà nella lista dei morti in carcere. Come non fosse mai esistito. Come se il suo passaggio nelle nostre galere, e forse su questa Terra, non si fosse mai compiuto.

Qualche giorno fa il ministro Nordio ha detto parole vergognose sul fatto che i 46 suicidi da lui così conteggiati al ribasso – che sono invece a oggi 54, di cui l’ultimo si è portato via la breve vita di Danilo – non costituirebbero “nessun allarme suicidi”, in quanto il numero sarebbe “sotto la media nazionale dell’ultimo triennio”.

Poche ore dopo il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, i cui dati erano all’origine dell’allarme invocato dalla stampa, si è affrettato a emanare un comunicato di allineamento al governo: “in linea con quanto rilevato dal Ministero della Giustizia, si precisa quanto segue. Al 31 luglio 2025 si registra una diminuzione significativa del numero di suicidi nelle carceri italiane rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (…): al 31 luglio del 2024 un totale di 58 suicidi, che scendono a 46 allo stesso periodo di quest’anno, con una riduzione quindi di 12 unità”.

L’avvocata Irma Conti, componente del collegio del Garante e plurifotografata sul sito ufficiale, sottolinea che tale riduzione “può rappresentare un possibile miglioramento delle condizioni detentive o dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate”. Condizioni detentive che evidentemente non conosce, visto che nessuno che le abbia monitorate come Antigone ha fatto lungo questi mesi potrebbe mai dire che sono migliorate.

Il Garante dovrebbe essere un’istituzione indipendente. È invece evidente come sia contigua allo stesso governo la cui amministrazione dovrebbe controllare. D’altronde al vertice del collegio c’è un funzionario che era dirigente dell’amministrazione penitenziaria fino al giorno prima della nomina a garante.

Adesso diranno che Danilo non è uno dei suicidi in carcere? Non è stato abbastanza rapido da soffocarsi prima che al suo corpo facessero varcare quel cancello? Diranno che le carceri minorili non sono poi male e che d’altra parte questi adolescenti sono proprio dei criminali e qualcosa bisogna pur fare? Noi, per favore, vergogniamoci tutti di aver lasciato morire un ragazzino di diciassette anni disperato e solo dentro una cella.

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Il Fatto Quotidiano

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