Dai tappeti floreali di Prada al blu pantesco di Armani: a Milano la moda uomo resiste alla guerra e racconta un mondo sospeso tra sogno e crisi
- Postato il 23 giugno 2025
- Moda E Stile
- Di Il Fatto Quotidiano
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Milano, 23 giugno 2025. È assolutamente straniante. Mentre il conflitto in Medio Oriente si allarga, portandoci sull’orlo di una potenziale terza guerra mondiale, a Milano va in scena il rito della moda. A volte essere qui, seduti sulle comode poltroncine dell’Armani Teatro, negli spazi di design della Fondazione Prada o nel giardino curato di Villa Necchi Campiglio, a osservare abiti da migliaia di euro sfilare con lenti gesti, ha il sapore di un’allucinazione. Le immagini delle passerelle si alternano nei nostri feed Instagram a quelle dei bombardamenti degli Usa in Iran, creando un effetto distopico, un senso di profondo distacco. Le ostilità sembrano sul punto di travolgerci tutti, e mentre il mondo tiene il fiato sospeso, la moda pare irrimediabilmente fuori sincrono.
Che mondo ci sarà tra un anno quando questi abiti, oggi sfilati, saranno in vendita nelle boutique di lusso? La domanda si fa spazio tra gli applausi, e un brivido ci corre lungo la schiena. Eppure, se siamo qui a parlarne, non è per incoerenza o ipocrisia. Anzi. È perché è un’industria fondamentale per l’economia italiana, da cui dipendono oltre 600mila addetti. Ed è proprio per questo che raccontarne i mutamenti, le traiettorie e le contraddizioni è doveroso. Come ha detto Miuccia Prada, “ognuno risponde alla situazione con gli strumenti che ha”. E ancora una volta, è stata proprio lei, con la sua sfilata quasi post-apocalittica, la miglior interprete di questo nostro tempo precario.
PRADA: la gentilezza come gesto radicale
E Prada, come sempre, risponde meglio di chiunque altro. È lei, insieme a Raf Simons, la miglior interprete del nostro presente dissonante. Allestisce il vuoto: nessun set, solo tappeti da bagno a forma di fiore sul pavimento spoglio del Deposito della Fondazione Prada. Nessuna finzione. “La cosa più importante per noi era il cambio di tono: da aggressivo e potente a gentile, calmo, umano“, spiega la stilista. Tutto nella collezione uomo P/E 2026 segue questa linea: camicie come grembiulini, pantaloni accorciati da infanzia anni Sessanta, cappelli di paglia laccata e zaini da escursione. Gli abiti suggeriscono una semplicità solo apparente: “Fare un pantalone semplice è difficilissimo” sottolinea Miuccia. Il risultato è un uomo non dominante, ma aperto, fragile, disarmato. La collezione è un esercizio di “smantellamento del potere”: le silhouette sono scarne, le camicie si allungano come grembiulini, i pantaloni si accorciano in pagliaccetti prepuberali. Un’estetica infantile, disarmante, completata da cappelli di paglia laccata e zaini da trekking per una fuga nella natura. È una semplicità solo apparente. In un mondo che alza la voce, la loro risposta è abbassare i toni, rifugiandosi in una spensieratezza quasi primordiale. “Volevamo fare qualcosa che facesse sentire a proprio agio e liberi”, ha chiosato Raf Simons, “un richiamo all’innocenza dei bambini”.
ARMANI: equilibrio tra opposti in cerca d’armonia
A chiudere la settimana è stato Giorgio Armani, con una collezione che porta un titolo programmatico: “Con l’armonia di sempre” e che viene definita dal suo braccio destro Leo Dell’Orco come “l’Abc della moda”. Re Giorgio, ancora assente per via della convalescenza, è più presente che mai. Questa collezione monumentale (116 uscite) è un’antologia del suo stile, con la coesistenza tra elementi in apparenza dissonanti che trovano un punto d’incontro attraverso l’eleganza. “Rappresenta una nuova esplorazione di un tema a me sempre caro: la combinazione di riferimenti e culture, l’idea della moda che trova armonia tra cose in apparenza dissonanti, unendole in un segno di stile chiaro e leggero”, ha spiegato lo stilista. Le silhouette sono fluide e sartoriali, ma aggiornate con tocchi contemporanei: giacche doppiopetto con colli a scialle, pantaloni ampi con pinces a goccia, trench leggeri come camicie e maglie impalpabili dai volumi avvolgenti. I toni evocano l’estate ma anche una riflessione più profonda: dal ciclamino all’acquamarina, dal sabbia al “blu pantesco“, così profondo e limpido come le acque di Pantelleria, l’isola tanto cara allo stilista. È un ritmo libero e preciso, quello che guida una silhouette fluida e sartoriale, dove le giacche doppiopetto con colli a scialle e abbottonature basse si posano su pantaloni ampi, resi morbidi da pinces a goccia, che accarezzano il corpo senza mai costringerlo. È un dialogo costante tra opposti: la città si intreccia alla vacanza, l’Occidente all’Oriente, il rigore alla leggerezza impalpabile di trench di pelle dal peso di una camicia e maglie avvolgenti. La palette mescola con istintiva armonia i toni desertici e i blu profondi con accenti mediterranei di acquamarina e buganvillea, mentre grafismi esotici e motivi chevron animano le superfici.
TOD’S: gommini e velluti tra borghesia e comfort
Se Prada sceglie l’astrazione gentile, Tod’s, sotto la guida di Matteo Tamburini, risponde con la certezza della materia, del lusso tangibile e del “buon vivere” italiano. La cornice idilliaca di Villa Necchi Campiglio, trasformata per l’occasione nel “Gommino Club”, diventa un rifugio di eleganza disinvolta. La collezione è un inno alla qualità e al saper fare: protagonista assoluto è il Pashmy, un pellame pregiatissimo dalla mano morbida e setosa, declinato in bomber e blazer destrutturati. Le silhouette sono asciutte ma mai rigide, i pantaloni accompagnano il corpo senza costringerlo. In un mondo incerto, Tod’s offre un ancoraggio: la qualità di un prodotto impeccabile, il comfort della lana da viaggio (“travel-wool”), l’icona rassicurante del Gommino, che diventa fil-rouge dell’intera collezione.
ETRO: poesia nomade e intimità fluida
Etro, invece, scivola via su trame liquide. La collezione di Marco De Vincenzo (assente però alla presentazione, sarà un caso?) è un omaggio al viaggiatore interiore, a chi sa perdersi nella bellezza. I capi sembrano usciti da una valigia cosmopolita: pigiami in seta sotto cappotti vestaglia, bermuda con giacche leggere, bandane, cravatte, stampe paisley ovunque. I colori vanno dal rosa polvere al salvia, in nuance sfumate. Tutto ha un senso di raccolta intimità, come se l’uomo Etro vivesse al tempo stesso nel salotto di casa e lungo i sentieri dell’Himalaya. L’ispirazione nasce dall’heritage del brand – il motivo Paisley che rinasce, il disegno di una pochette d’archivio che diventa decoro misurato – e si proietta in un viaggio immaginario.
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