Da Verona a Verbier: ecco i festival che fanno girare l’economia della musica

  • Postato il 17 giugno 2025
  • Cultura
  • Di Forbes Italia
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È in arrivo la corazzata dei Festival d’estate, una ubriacatura di musica che attraversa l’Italia e più in generale l’Europa. Oltralpe svettano i festival di Verbier e di Salisburgo, che stanno alla musica come Cannes e Venezia al cinema. In Italia il Festival operistico dell’Arena di Verona dura fino al 6 settembre e  batte tutti in termini di età. Ha 102 anni, e di ricadute economiche sul territorio.

L’edizione del 2024 ha totalizzato il miglior incasso di sempre: 33 milioni 620 mila euro, frutto dei 417.354 biglietti venduti a spettatori da 136 Paesi. Con Turandot si è registrato il record assoluto di 1 milione e 22mila euro in un solo giorno. La stagione appena partita si preannuncia altrettanto brillante con un +12% rispetto allo stesso periodo del 2024. A credere nel Festival è anche il mondo imprenditoriale che tramite l’operazione di fundraising “67 Colonne per l’Arena di Verona”, dal 2021 a oggi ha donato nove milioni di euro.

I concerti in Italia

Accanto al colosso veronese brillano festival-boutique come Pietrasanta in concerto (18-28 luglio), fondato dal violinista Michael Guttman. Facoltoso mecenate e musicista di classe, Guttman ha scelto di portare l’arte musicale in quest’Atene della Versilia, patria di scultori e pittori di fama internazionale, da Mitoraj a Botero. Vi sono manifestazioni dedicate a geni del passato. In testa il Rossini Opera di Pesaro (10-22 agosto) condotto da un rossiniano autentico come Juan Diego Florez.

Altri sono cuciti attorno al gran nome di oggi. Il caso del Ravenna Festival (fino al 13 luglio), trasversale e multidisciplinare che trova il suo fulcro nella figura di Riccardo Muti. Il direttore d’orchestra che di recente ha riunito in città 3mila coristi per il progetto “Cantare amantis est”.

Lo Stresa Festival (dal 17 luglio al 6 settembre) è un gioiello novecentesco nato dalla visione e passione di Italo Trentinaglia. L’avvocato e melomane da Venezia, 64 anni fa, trasferiva alle rive del Lago la passione, competenza e relazioni con musicisti di tutto il mondo. Grazie alle sue speciali connessioni la manifestazione di Stresa poté subito contare su luoghi che da soli valgono un viaggio, come le isole dei Borromeo. Coinvolse poi ospiti eccellenti, dalla platea al palcoscenico. Poi la metamorfosi con la scomparsa di Trentinaglia e con lui di un’epoca. La conduzione passava a musicisti di alto profilo. Prima a Gianandrea Noseda, e dall’autunno 2020 al violoncellista (Premio Cajkovskij) Mario Brunello, colui che ha portato la musica d’arte tra i pinnacoli delle Dolomiti.

Il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca (18 luglio al 3 agosto 2025) è una meta imperdibile per gli opera globtrotter, quei puristi che si trasformano in Erinni quando l’anziana di turno scarta una caramella in corso d’opera, rumoreggiando: un crimine. La nuova direttrice artistica è Silvia Colasanti che ha le carte in regola per rivestire il ruolo, è infatti nota compositrice.

Gli impatti economici

Una cosa è certa. Quest’ubriacatura funziona come un elisir antiaging: fa bene all’anima, all’umore e al Pil del territorio. Cosa sarebbe Salisburgo senza i suoi tre festival musicali, formidabili generatori di pil e d’identità culturale? E che dire di Verbier, la località più cara di tutto l’arco alpino (1 metro quadro = 21.500 franchi)? Sarebbe una cascata di franchi, di neve e di chalet da mille e una notte, ma senza quella Woodstock della classica che da 32 anni ha luogo al cospetto delle vette del Gran Combin, Verbier sarebbe lo Yellowstone Club d’Europa, con dimore e dimoranti di lusso, neve e campi da golf, network, tanto network, esclusivo, iperconnesso, ma senz’anima. Verbier per la musica da camera e sinfonica batte tutti.

In nessuna parte del mondo in 18 giorni  – dal 16 luglio al 3 agosto – si ritrova una tale concentrazione di interpreti (377), di cui tanti stellari, per 70 concerti, più decine a corollario, con 208 giovani talenti qui attratti da 100 masterclass. Il plauso va a Martin Engstroem, fondatore e anima del festival, capace di creare dal nulla una comunità di artisti e mecenati, coinvolgendo il territorio che lo ha ricambiato: lo scorso anno gli ha conferito il Premio per la Cultura ed Economia, il che la dice lunga su come sia stato percepito questo festival, un volano dell’economia locale, esattamente come i festival che irrorano l’Italia, da Bolzano al Salento. Certo, nel Belpaese  è difficile immaginare una pioggia di donatori e un parterre così florido: ma, del resto, di Svizzera ce n’è una sola.

Da Spoleto alla Maremma

Quanto a noi. Spoleto  è d’incantevole bellezza, nella misura in cui – però – lo sono altre cittadine umbre, ma da 68 anni ha un’identità precisa: quella legata al Festival dei Due Mondi (27 giugno – 13 luglio), appuntamento che ha segnato profondamente la città, avvezza a vivere in funzione — e in attesa — della manifestazione. Anche quest’anno il festival prosegue il suo dialogo interdisciplinare tra musica, danza e teatro, con 60 spettacoli in 17 giorni, 16 sedi e oltre 700 artisti coinvolti.

La cultura cementa ciò che è in essere, ma può anche fertilizzare terreni culturalmente aridi trasformando un luogo. Ne è esempio emblematico l’Amiata Piano Festival (da fine giugno a dicembre), nato nel cuore della Maremma grossetana per iniziativa del pianista Maurizio Baglini, sostenuto poi dalla violoncellista Silvia Chiesa. Il musicista ebbe un’intuizione, che però sarebbe caduta nel vuoto se non fosse stata sostenuta da un  mecenate, nel caso specifico la Fondazione Bertarelli.

Così, a Cinigiano, in un’area rimasta ai margini rispetto ai riflettori puntati sulla Val d’Orcia o sulla costa tirrenica, è sorto un auditorium avveniristico: oggi cuore pulsante di una vera “fabbrica” di cultura. Un progetto che attrae pubblico e genera indotto, dimostrando come l’arte possa fertilizzare anche i terreni più inaspettati. Nume, Festival e Accademia di Cortona (dal 23 al 29 giugno) ravviva  le glorie di questa cittadina alla ribalta internazionale grazie al libro, poi film, “Sotto il sole della Toscana”, che ne fece un magnete turistico per chi sognava la dolce vita toscana.

Dall’alba del nuovo millennio si sono succeduti due festival che hanno tentato di surfare l’onda del successo  generato dal libro&film, sono però naufragati per via di un format improvvido. Ora è la volta di Nume che punta con chiarezza su un’identità precisa: gli strumenti ad arco con masterclass e concerti di studenti e docenti. Tra questi ultimi spicca il nome di Steven Isserlis, nella Gramophone Hall of Fame, il cui ingresso nella Gramophone Hall of Fame ne sancisce lo status di violoncellista di riferimento mondiale.

Una cerniera tra impresa e territorio

Il Bolzano Festival Bozen (5 agosto – 7 settembre) ha raddoppiato il proprio bilancio negli ultimi  cinque anni e moltiplicato la proiezione internazionale grazie a progetti come il “Glocal Piano Project” che ha creato 12 sedi (di concorso) in 3 continenti e l’”Originalklangproject” che farà viaggerà – idealmente-  la cittadina altoatesina in sei centri d’Europa. Va a vele spiegate anche Trame Sonore, a Mantova, che brucia tutti sul tempo: fatto e consumato entro il 2 giugno, in cinque giorni ha portato a Mantova trecento artisti impegnati in 150 concerti con una media di 15 ore di musica quotidiana. Per la felicità di ristoratori e albergatori, è stato seguito da 50mila persone, tra cui Antonio Marcegaglia, presidente dell’omonimo  Gruppo e tra i principali sponsor privati. “La sosteniamo”, ci ha spiegato, “perché è un’iniziativa dal grande contenuto artistico e civile. È giovane, visionaria, internazionale e accessibile. Sostenere la cultura significa costruire futuro, e noi crediamo nel valore di questo investimento”.

I festival vivono grazie a biglietteria ma anche a sostegni privati e, in alcuni casi, pubblici. Sono una cerniera tra impresa e territorio, uno strumento di reputazione per le aziende nonché volano per il turismo culturale di qualità. Dulcis in fundo: un prezioso generatore di indotto.

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