Da Reggiolo a Rio de Janeiro: le insidie dell’ultimo viaggio di Ancelotti verso il Mondiale 2026
- Postato il 12 maggio 2025
- Calcio
- Di Il Fatto Quotidiano
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Carletto Maravilhao. Ancelotti e Brasile finalmente sposi, in nome della gloria e dei numeri: cinque i titoli mondiali vinti dalla Seleçao (1958, 1962, 1970, 1994, 2002), cinque le Champions conquistate dal tecnico italiano nella sua leggendaria carriera di allenatore (volendo, possiamo aggiungere che Carletto è anche l’unico ad aver trionfato nei cinque principali campionati europei). Un matrimonio annunciato, anche se per arrivare alla fumata bianca i tempi del conclave sono stati lunghissimi. Il Brasile ha ottenuto quello che cercava in modo persino plateale da due anni: affidare la panchina della Seleçao al coach italiano. Ancelotti, che avrebbe invece voluto ritirarsi al termine della seconda avventura con il Real Madrid, ha ceduto al lungo corteggiamento perché guidare la nazionale “Canarinha” e partecipare al mondiale 2026 sarà il sigillo di una storia straordinaria. Da Reggiolo a Rio de Janeiro: obrigado, la pensione può attendere. Rifiutare quest’offerta era obiettivamente impossibile, anche se Ancelotti avrebbe preferito schivare le gare delle eliminatorie mondiale in programma il 5 giugno in Ecuador e l’11 in casa contro il Paraguay. Il Brasile è quarto in classifica, con 21 punti. Passeranno le prime sei e la settima, il Venezuela, è a quota 15. La Seleçao non dovrebbe avere problemi, ma da quelle parti ti mangiano anche quando vinci, figurarsi quando pareggi o perdi. Tant’è: il Brasile aveva fretta, Ancelotti no, ma alla fine si è imposta la ragione di stato.
Il tecnico italiano non è il primo straniero in assoluto a guidare la Seleçao. Nel 1929, per 19 giorni, l’incarico di ct fu ricoperto dall’uruguayano Ramon Platero. Nel 1944, per appena 72 ore, fu ct di una commissione d’emergenza il portoghese Jorge Gomes de Lima, detto Joreca. Tempi eroici. Il Brasile avrebbe dovuto attendere il 1958 per conquistare il titolo mondiale, nel torneo che battezzò la grandezza di Pelé. L’ultimo trionfo planetario della Seleçao risale al 2002. Da allora, delusioni e umiliazioni memorabili, su tutte l’1-7 incassato con la Germania nella semifinale del mondiale organizzato in casa nel 2014.
La globalizzazione ha stravolto anche le gerarchie del calcio. Il Brasile, nonostante la passione folle per il futebol e gli investimenti degli ultimi anni, ha faticato a opporsi agli eterni rivali dell’Argentina e alle nuove potenze europee, Spagna e Francia in particolare. Il “guardiolismo” ha prodotto una nuova generazione di allenatori, abili non solo sul piano teorico, ma anche su quello gestionale. I tecnici brasiliani sono ora di retroguardia e questo spiega la corte spietata della federazione per arruolare Ancelotti: una scelta in nome dell’esperienza, ma anche della visione calcistica.
La Seleçao occupa il quinto posto nel ranking Fifa, per quanto possano contare le classifiche: è preceduta dai campioni in carica dell’Argentina, Spagna, Francia e Inghilterra. Nel 2006, la nazionale verdeoro salutò il mondiale nei quarti. Anche nel 2010 l’avventura terminò nei quarti: ko con l’Olanda. Nel 2014, ci fu il quarto posto, nel 2018 e nel 2022 di nuovo stop nei quarti, contro Belgio e Croazia. A Copa do Mundo sta diventando un’ossessione e Ancelotti è la carta scelta dal nuovo presidente federale, Ednaldo Rodrigues, per superarla. E’ stato lui a ordinare il pressing nei confronti del tecnico italiano, usando tutti i modi possibili, compresa la visibilità mediatica dell’ostinato inseguimento.
Ancelotti ha diverse carte nel suo mazzo, compresa quella della conoscenza diretta di diversi giocatori: Marquinhos, Vinicius, Endrick, Neymar, Rodrygo. Ha ammirato la forma straripante di Raphinha nell’ultimo Clàsico. Ha fatto i conti in passato con la bravura di Alisson. Il materiale tecnico è di prima scelta, anche se, come sempre, bisognerà gestire gli ego sfrenati e le contrapposizioni tra le star impegnate in Europa e quelle restate alla base. Un’insidia costante saranno i media: tantissimi, agguerriti, esigenti, faziosi. Carlo dovrà anche misurarsi con un’opinione pubblica che non gli perdonerà nulla, sobillata da qualche ex campione (Romario) che ha già mostrato il pollice verso nei confronti della scelta di un tecnico straniero. Ancelotti ha esperienza, statura e filosofia per fronteggiare critiche e dissenso, ma poi, come sempre, conteranno i risultati. Quando guidi il Brasile, sei condannato a vincere: come nel Real Madrid, del resto. Niente di nuovo, per Carlo.
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