Cutro, chieste 5 condanne per le nuove leve dei clan
- Postato il 2 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Cutro, chieste 5 condanne per le nuove leve dei clan
L’inchiesta sulle nuove leve dei clan di Cutro innescata dalle denunce degli imprenditori, la Dda chiede condanne pesanti
CUTRO – Il pm Antimafia Elio Romano ha chiesto cinque condanne pesanti per le presunte nuove leve dei clan di Cutro. Otto anni ciascuno per Giuseppe Ciampà, di 43 anni, e Salvatore Ciampà (40). Dieci anni a testa per Francesco Martino (28) e Salvatore Martino (33) e 6 anni per Carmine Muto (42). L’inchiesta, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Crotone e coordinata dalla Dda di Catanzaro, è partita dopo le denunce degli imprenditori che erano stati “avvicinati” dai rampolli delle cosche. Il processo si sta celebrando col rito abbreviato davanti al gup distrettuale del capoluogo regionale.
LE ACCUSE
Il primo a denunciare è stato il socio e amministratore della nota attività di ristorazione “La locanda”, al quale sarebbe stato intimato di consegnare periodicamente cifre per un “pensiero” ai detenuti. Successivamente l’imprenditore sarebbe stato pedinato in auto e poi raggiunto da Carmine Muto che, con fare minaccioso, gli avrebbe chiesto di soddisfare le richieste di “pizzo”.
I due Ciampà sono accusati anche di estorsione ai titolari dell’impresa Pentabloc. In più occasioni Giuseppe Ciampà si sarebbe presentato loro chiedendo “regali” per garantire “protezione”. I due Martino avrebbero costrettto i soci di Metalgrond a consegnare loro 1200 euro in contanti come rata estorsiva da versare in maniera continuativa. Somme inferiori, di circa 400 euro, sarebbero state imposte al titolare di una ditta individuale.
Le intercettazioni e le videoriprese eseguite dagli investigatori avrebbero confermato che componenti delle famiglie Ciampà e Martino, riconducibili alle più blasonate e tra loro rivali famiglie di ‘ndrangheta dei Dragone e dei Grande Aracri, erano impegnati in un più ampio disegno estorsivo per rafforzare la loro egemonia mafiosa sul territorio.
IL CONTESTO
L’inchiesta attesta, dunque, l’operatività di fazioni criminali, fino a qualche anno fa in guerra, che si sarebbero spartite il territorio forse con un tacito accordo. Giuseppe Ciampà è un nipote del boss Antonio Dragone (assassinato in un agguato in cui venne utilizzato un bazooka). Ha scontato una lunga pena per l’uccisione di Salvatore Blasco, esponente del clan avverso ucciso per vendicare la morte di Raffaele Dragone (figlio di Antonio). La guerra negli anni di piombo era tra i Dragone, ormai scalzati dal comando, e la cosca, divenuta dominante, capeggiata dal boss rivale Nicolino Grande Aracri, che successivamente sarebbe stato condannato all’ergastolo anche per l’uccisione del boss Dragone. I due Martino sono figli di Vito, componente del gruppo di fuoco di Grande Aracri.
PARTE CIVILE
Alle richieste del pm si sono associati gli avvocati di parte civile Vincenzo Ranieri, che rappresenta gli imprenditori, e Nuccio Barbuto, che assiste il Comune di Cutro. In particolare, l’avvocato Barbuto ha quantificato in 500mila euro il danno d’immagine per il Comune. Ha anche ricordato che dopo gli arresti si è mobilitata la città. Scesa in piazza con in testa il sindaco, Antonio Ceraso, a sostegno dei denuncianti per non farli sentire isolati. Coraggio degli imprenditori, fatto inedito e quasi rivoluzionario a queste latitudini, evidenziato anche dal loro legale, l’avvocato Vincenzo Ranieri, e dall’Associazione antiracket e antiusura.
Si prosegue il prossimo 7 gennaio per le arringhe difensive. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luigi Falcone, Mario Nigro, Stefano Nimpo, Gianni Russano e Fabrizio Salviati.
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Cutro, chieste 5 condanne per le nuove leve dei clan