Crotone, la corsa di una madre tra ospedali senza strumenti
- Postato il 29 novembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Crotone, la corsa di una madre tra ospedali senza strumenti

Il piccolo Salvatore respira a fatica, per una arachide bloccata tra i bronchi, ma in tre ospedali, manca il broncoscopio pediatrico. Il racconto e l’appello della madre: «Serve cambiare tutto». Il bimbo, poi, operato a Napoli d’urgenza
CROTONE – Nel racconto di Ramona Crocco, madre del piccolo Salvatore di due anni e mezzo, non c’è solo la paura di poter perdere un figlio, ma anche la rabbia per lo sconfortante quadro che è emerso di un sistema sanitario calabrese quantomeno impreparato, che stava per aggiornare i dati, già fin troppo alti, delle tragedie legate alla malasanità.
IL RACCONTO DELLA MADRE DI SALVATORE
Tutto comincia in casa, in un momento di quotidianità: il bagnetto prima di cena, il bambino che gioca, qualche arachide presa distrattamente dal piatto della mamma. Poi quel “piccolo fischio” mentre respira, un rumore strano, che non assomiglia a un raffreddore. Ramona collega subito i pezzi, cerca informazioni online, capisce che può trattarsi di inalazione di un corpo estraneo e chiama il pediatra. La risposta è non ammette interpretazioni: «Andate subito al pronto soccorso, non è un sintomo da sottovalutare».
UNA ARACHIDE NEL BRONCO, LA CORSA DISPERATA TRA TRE OSPEDALI
Da quel momento inizia un’attesa che la madre definisce «uno spavento lungo una notte». In pronto soccorso a Crotone la dottoressa di Pediatria attiva tutte le procedure, conferma il sospetto di un’arachide finita in un bronco e cerca un centro in grado di intervenire con il fibrobroncoscopio pediatrico, lo strumento indispensabile, di calibro più piccolo, per rimuovere corpi estranei dalle vie respiratorie dei bambini. Da Catanzaro la risposta è negativa: l’apparecchio non è disponibile.
GLI OSPEDALI, DA CROTONE A CATANZARO FINO A COSENZA
Da Cosenza arriva prima un sì, tanto che viene preparata l’ambulanza. Ramona sale con suo figlio, resta per mezz’ora ferma nel parcheggio del pronto soccorso, in un tempo sospeso in cui la mente corre a scenari terribili. «Sapevo che quell’arachide poteva bloccare il bronco da un momento all’altro. Sentire il respiro di mio figlio e non sapere se saremmo arrivati in tempo è stato devastante».
MANCA IL BRONCOSCOPIO IN TUTTI E TRE GLI OSPEDALI
Poi la notizia che spegne ogni illusione: Cosenza richiama, il broncoscopio pediatrico c’è ma manca il calibro pediatrico. Lo stupore si trasforma in indignazione: «È possibile che in tutta la Calabria non esista uno strumento pediatrico che permetta di intervenire per tempo? – si chiede Ramona – Se mio figlio fosse stato in condizioni più gravi, chi ci arrivava all’indomani mattina? Nessuno. Non ci sarebbe certo arrivato vivo».
LA CORSA DISPERATA IN AMBULANZA VERSO NAPOLI
La dottoressa decide di tenerli in osservazione tutta la notte in pronto soccorso, monitorando costantemente il bambino, in un equilibrio precario tra il bisogno di intervenire e l’impossibilità materiale di farlo.
Ogni ora che passa è un peso sullo stomaco: basta un peggioramento, un colpo di tosse sbagliato, perché il bronco si ostruisca del tutto. Solo all’alba arriva la svolta. La primaria di Pediatria, la dottoressa Stefania Zampogna, rientrata in servizio, contatta il Santobono di Napoli e organizza il trasferimento immediato.
NIENTE ELISOCCORSO CAUSA METEO
Le condizioni meteo non consentono l’elisoccorso, così Ramona e Salvatore partono in ambulanza, accompagnati da un medico dell’ospedale di Crotone, uno dei camici bianchi cubani in servizio in città. Ore di viaggio con un bambino di due anni e mezzo che respira con un corpo estraneo nei bronchi, sapendo che il primo ospedale in grado di intervenire non è a pochi chilometri, ma in un’altra regione.
LA RABBIA DI UNA MADRE
«È una cosa che fa rabbia – racconta – sapere che la vita di tuo figlio dipende da una corsa fino a Napoli perché qui, nella tua regione, manca uno strumento che dovrebbe essere scontato».
Al Santobono, dopo aver atteso il tempo necessario al digiuno per l’anestesia, i medici intervengono d’urgenza. L’arachide viene rimossa, le vie respiratorie liberate. L’intervento, eseguito in anestesia totale, richiede poi due giorni di ricovero e monitoraggio, prima che Salvatore possa tornare a casa.
L’ENORME SPAVENTO E IL POSITIVO ESITO
«È stato uno spavento enorme, ma per fortuna è andata bene» – dice oggi Ramona, consapevole che l’esito poteva essere ben diverso.
Nel suo racconto non c’è astio verso i medici crotonesi, anzi. «Mi hanno chiamata continuamente, si sono tenuti in contatto con me per tutto il tempo, erano seriamente preoccupati. Sapevano perfettamente il rischio che stavamo correndo». La sua denuncia è rivolta più in alto, alle istituzioni sanitarie e politiche: alla mancanza di una programmazione che lascia scoperta un’intera regione davanti a ad emergenze pediatriche come questa.
«Non mi interessa la visibilità – sottolinea ancora – voglio solo che questa storia arrivi alle orecchie di chi ha il potere di decidere, per cambiare le cose. Non è accettabile che in tutta la Calabria non ci sia un centro o uno strumento adeguato per intervenire in casi simili».
LA MADRE DI SALVATORE: «NESSUNO CI HA CERCATI PER CHIEDERE SCUSA»
Di fronte al silenzio delle istituzioni dopo il rientro da Napoli aggiunge: «nessuno ci ha cercati per spiegare, per chiedere scusa, per rassicurare». La mamma di Salvatore sceglie di metterci nome e cognome, anche quello di suo figlio, perché la denuncia abbia più forza. «Spero che questa brutta storia, finita bene per noi, serva a evitare che altre famiglie debbano vivere lo stesso incubo.
Chiedo solo che l’assistenza sanitaria in Calabria venga migliorata, che si investa in strumenti e centri pediatrici adeguati. Non si può continuare a sperare che vada sempre bene».
L’APPELLO ALLE ISTITUZIONI REGIONALI
La vicenda di Salvatore diventa così un appello diretto alle istituzioni regionali e nazionali: perché episodi come questo non restino casi da archiviare, ma segnali d’allarme da cui ripartire per garantire, davvero, il diritto alla salute anche ai bambini calabresi. «Mio figlio rifiutato dagli ospedali di Catanzaro e Cosenza: è questo ciò che meritano i bambini calabresi?» – conclude la madre.
Il Quotidiano del Sud.
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