Cresce l’uso degli psicofarmaci per gli adolescenti. “Siamo di fronte alla generazione più ansiosa della storia”

  • Postato il 30 ottobre 2025
  • Società
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Nei prossimi anni avremo meno adulti che diventano genitori. Una generazione ansiosa che trova benessere con le sostanze chimiche fuggendo dall’esperienza della vita reale non sarà in grado di compiere il passaggio dall’io al noi, necessario per essere padri e madri”. Sono le parole di Alberto Pellai, psicoterapeuta, autore di “Esci da quella stanza. Come e perché riportare i nostri figli nel mondo” (Mondadori) alle lettura dei dati presentati dal report EspadItalia 2024 dal titolo “Sotto la superficie – Le nuove sfide dell’adolescenza tra rischi e quotidianità” curato dai ricercatori dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc). La fotografia scattata punta gli occhi sui consumi dei nostri ragazzi che inevitabilmente sono cambiati nel tempo.

La sigaretta è ormai roba da baby boomer. La nuova generazione di adolescenti ha abbandonato la “bionda” e ha meno attrazione per la cannabis per favorire i prodotti a tabacco riscaldato e le nuove droghe ma il 2024 segna quasi un record negativo per l’uso di psicofarmaci senza prescrizione medica, che raggiunge una delle diffusioni più alte di sempre: nel 2024, il 21% degli studenti ha detto di aver fatto uso di psicofarmaci senza prescrizione medica almeno una volta nella vita. Siamo passati dal 16% nel 2007 a ben cinque punti percentuali in più. Il consumo nel mese, che nel tempo aveva avuto un andamento più stabile, raggiunge i massimi storici nel 2024 (6,9%) con una curva in crescita fin dal 2021. A non stupirsi è proprio Pellai: “Il marketing, gli influencer sui quali punta la finanza attivano processi di influenzamento sociale che valgono sia per le sigarette elettroniche che per il mercato illegale che spinge verso sostanze alternative alla cannabis”.

Il mercato delle sostanze psicoattive illegali, tutt’altro che statico, è caratterizzato da un’evoluzione costante: accanto a sostanze di uso consolidato, da tempo riconosciute e che persistono nel panorama del consumo (nonostante un calo della cannabis), ne emergono continuamente di nuove. Alcune fanno la loro comparsa per periodi limitati, per poi scomparire o essere sostituite da varianti: “Una fluidità che rende il monitoraggio del fenomeno una sfida complessa”. La buona notizia è solo una: dopo la riduzione dei consumi di cannabis nel biennio 2020-2021, le prevalenze sono aumentate ma senza tornare ai valori precedenti il periodo pandemico e il trend degli ultimi due anni è in diminuzione. “Siamo – a detta degli esperti – ai valori minimi rilevati nell’ultimo decennio”. Parole che tradotte in numeri significano comunque che nel 2024, il 27% degli studenti nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni, corrispondente a 660 mila adolescenti, ha riferito di aver sperimentato l’uso di cannabis almeno una volta nella vita.

Gli intervistati nell’indagine sono 20.201 studenti delle scuole secondarie di secondo grado italiane, prevalentemente di lingua italiana che vivono metà in centri urbani e l’altra metà in una zona rurale. Ragazzi come tanti: oltre la metà di loro esce la sera almeno una volta alla settimana per andare in discoteca, al bar o a una festa. Il 43% dedica il proprio tempo libero ad altri hobby come suonare uno strumento, cantare o disegnare e un quinto degli studenti legge libri per piacere, soprattutto le studentesse. La maggior parte di loro è soddisfatta della condizione economica della propria famiglia che gli concede soldi (il 70%) senza problemi. A scuola vanno abbastanza bene (il 45% degli studenti ha un buon rendimento scolastico e il 16% ottimo. Il 34% ha dei voti medi), adoperano Internet per ogni cosa, bevono birra, alcolici e energy drink (il 67% degli studenti italiani di età compresa tra i 15 e i 19 anni li ha utilizzati almeno una volta nella vita) ma a partire dal 2011 si osserva una generale riduzione dei livelli di soddisfazione verso se stessi con una percentuale di studenti che afferma di essere soddisfatto o molto soddisfatto che è scesa dal 74% al 58% nel 2022.

Non funzionano le relazioni, tant’è che il ghosting è diventato un fenomeno sempre più diffuso e la metà degli studenti è stata vittima di cyberbullismo almeno una volta nella vita, e il 47% nel corso dell’ultimo anno, senza importanti differenze di genere. Un disagio che si manifesta nell’abuso di psicofarmaci. In particolare, i farmaci per dormire (ansiolitici e ipnotici) rappresentano la categoria più frequentemente utilizzata da entrambi i sessi, ma con una marcata differenza di genere in cui le ragazze mostrano prevalenze di consumo più alte: il 12% delle giovani riporta l’utilizzo di questa classe di farmaci, contro il 5,3% dei maschi. Anche per i farmaci per l’umore – tra cui rientrano principalmente gli antidepressivi – si osserva una maggiore prevalenza tra le femmine (2,9%) rispetto ai maschi (1,8%). Secondo i dati raccolti il 79,3% adopererebbe farmaci per migliorare l’andamento scolastico, per migliorare l’aspetto fisico (quelli della categoria diete) e per stare meglio con se stessi. “Quest’ultima tendenza – spiega Pellai – è già stata messa in evidenza dall’ultimo convegno di farmacologia. I ragazzi non si preoccupano del fatto che serve una ricetta medica ma correlano il sintomo al principio attivo che lo può eliminare attraverso la Rete. D’altro canto viviamo in una cultura dove lo psicofarmaco viene citato nelle canzoni”.

Uno sballo che si nota anche nel pluriuso di nuove sostanze psicoattive adoperate almeno una volta nella vita da 290 mila studenti. Nel 2024, oltre 77mila studenti hanno sperimentato l’uso di cocaina almeno una volta nel corso della propria vita, rappresentando il 3,1% della popolazione studentesca. “Siamo di fronte alla generazione più ansiosa della storia. Questo disagio ha bisogno di un cambio radicale degli stili di vita non di un farmaco”. Ma quali saranno le conseguenze? “Se nel tempo dell’età evolutiva si cerca benessere attraverso le sostanze non viene fatto il lavoro di base, si rinuncia ad apprendere il saper essere che fa star bene. Avremo quindi – conclude Pellai – una deriva più ansiosa, depressa”.

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