Cosenza, le nuove povertà
- Postato il 18 febbraio 2025
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- Di Quotidiano del Sud
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Il Quotidiano del Sud
Cosenza, le nuove povertà
Il monitoraggio dell’Osservatorio sulle Nuove Povertà dà risultati drammatici. Il presidente Belmonte: «Le istituzioni si levino le bende dagli occhi»
È una specie di “matrix” la città di Cosenza e la sua provincia. Ed è così tutta la Calabria. C’è il visibile, l’apparente, fatto di bellezza e benessere, e poi c’è quello che Antonio Belmonte, presidente dell’Osservatorio sulle Nuove Povertà, definisce «il sommerso».
Un «sottoterra» in cui si vive un’altra storia, un’altra città, un’altra regione, che, purtroppo, sta «crescendo numericamente in maniera drammatica», sotto lo sguardo distratto delle istituzioni che latitano.
In quest’altra dimensione, la vita ha il retrogusto amaro della fame, sa di sofferenza, ed è un quotidiano affanno dato dalla consapevolezza di non riuscire ad arrivare a fine mese. «Gli ultimi dati del 2025 sono terrificanti», spiega Belmonte. «Si è passati da un 42% ad un 57% di indice di povertà. E dagli studi condotti è emerso che, oltre ai disoccupati, al vertice di questa piramide ci stanno i monoreddito, seguiti dai divorziati e dagli anziani, costretti con una pensione di 690 euro».
Uomini, quindi, che nonostante le proprie posizioni lavorative dignitose, hanno lasciato le proprie case e sono finiti a dormire in auto, lavandosi nei bagni della stazione, nella difficoltà di far fronte a mutui ed alimenti. Ancora, senzatetto su materassi sudici per strada, sotto i ponti, tra topi e sporcizia, anziani che non possono curarsi, perché la scelta obbligata è tra la luce da non farsi staccare e le medicine da comprare.
E poi il centro storico di Cosenza, fatto di racconti di degrado sociale e condizioni umane estreme, ai limiti della civile umanità. Bambini senza libri e zainetti e genitori che si fanno in quattro per garantire loro almeno un pranzo e una cena sul tavolo. Non riuscendoci sempre. «L’Osservatorio – tiene a precisare il presidente – non vuole in alcun modo sostituirsi né alla Caritas, né alle istituzioni. Bisogna comprendere che noi siamo solo un intermediario chiamato a monitorare la situazione, facendo un’operazione di sensibilizzazione. E adesso ciò che risulta dal monitoraggio è veramente grave.
È come se ci trovassimo davanti ad una bomba ad orologeria. La chiusura del Banco Alimentare, poi, ha aggravato notevolmente una situazione già precaria di suo. Attorno al Banco ruotano 70 mila persone. Non so se ci rendiamo conto della portata del disagio. E noi – dice – da parte nostra, non possiamo dare mica soldi. Ho la fortuna di avere associazioni accanto che mi sostengono e mi aiutano, gente di buon cuore, imprenditori cosentini che in assoluto silenzio e riservatezza danno un mano, ma non possiamo farcela».
Ed ecco allora che la domanda sorge spontanea: quale priorità ha, all’interno delle istituzioni, delle stanze amministrative locali, regionali e nazionali, la voce “Politiche Sociali”?. Il ritratto sembra parlare di “miseria e nobiltà”: come l’immagine di un concerto di milioni di euro pieno di luci, sfarzo e colori, mentre sul marciapiede accanto passano una serie di disgrazie invisibili, oscurate dallo scintillio abbagliante dell’inutilità.
«In qualità di presidente dell’Osservatorio, cosa chiede allora alle istituzioni?». «Di togliersi le bende dagli occhi – dice infine Antonio Belmonte – ascoltando e abbracciando le parole del cardinale Mimmo Battaglia: “Guai a chi si volta dall’altra parte quando sente il grido del povero, perché il grido del povero arriva direttamente a Dio”». Un urlo di dolore, quindi, che si leva dalle nostre città, capace di sfondare il muro dell’altrove, ma che sembra rimbalzare su quello di gomma dei comuni mortali.