Corruzione sui rifiuti a Caserta, il gip e la versione degli arrestati: “Era concordata, frutto avvelenato della riforma Nordio”

  • Postato il 10 settembre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’imprenditore ed ex consigliere regionale Udeur Nicola Ferraro e il sindaco di Arienzo (Caserta) e coordinatore provinciale di Forza Italia Giuseppe Guida, arrestati per corruzione sull’appalto comunale dei rifiuti indirizzato verso la ditta amica dell’imprenditore, si incontravano nell’abitazione di Ferraro. Ci sono le immagini delle telecamere casalinghe che riprendono l’auto del sindaco arrivare.

I due discutevano di come Ferraro avrebbe potuto aiutare Guida alle elezioni provinciali, come previsto dall’accordo corruttivo. E dell’assunzione, avvenuta, della moglie dell’ex consigliere regionale nel Comune di Arienzo, nonostante non avesse i titoli. Ma la tenuta delle indagini dei carabinieri di Caserta – e delle intercettazioni telefoniche ed ambientali che evidenziano le accuse – ha traballato di fronte alle riforme Nordio.

Ferraro e Guida hanno infatti giustificato quegli incontri come connessi ai problemi della rottura di un tubo di un acquedotto e sulla competenza delle spese per i danni. Ma per il giudice di Napoli Nicola Marrone “evidentemente ingiustificate ed inverosimili appaiono le concordi giustificazioni di carattere idraulico, verosimile frutto avvelenato della introduzione normativa dell’interrogatorio preventivo che consente di concordare in anticipo le dichiarazioni difensive”. E riguardo all’assunzione della signora a tempo indeterminato come istruttore direttivo contabile in assenza del titolo di laurea indicato nel bando, il giudice ricorda che “se oggi non ha più alcun valore sotto il profilo dell’abuso di ufficio, continua a mantenere un valore indiziante sulla effettiva natura dei rapporti tra il Ferraro ed il Guida”. In parole povere, l’abrogazione del reato ha salvato i due da un’ulteriore ipotesi di accusa.

Restano in piedi le corruzioni e le turbative d’asta raccontate in un’ordinanza di 134 pagine relativa a 17 indagati coinvolti in diversi appalti del territorio campano. Per quello del Comune di Arienzo “il subingresso della Czeta spa, intestata a Carlo Ilario ma di fatto gestita dal padre Aniello Ilario”, Ferraro avrebbe ricevuto da questi “somme di denaro per euro 30.000, con promessa di un versamento pari ad euro 50.000”.

Il giudice valuta come “decisiva” un’intercettazione del 20 luglio di tre anni fa tra Ferraro e Domenico Romano, uno degli intermediari della corruzione. I due parlano in auto di Aniello Ilario e dei pagamenti ritardati dell’imprenditore. “Mimì – dice Ferraro – ma io vorrei capire una cosa no? Ma tu vieni qua…tu vieni da me…Nicola…inc…e vieni qua a disposizione!”. Parlo con il sindaco, parlo con quello…”

“Nella parte conclusiva del dialogo – scrive il gip – si evidenzia la diretta influenza del Ferraro sul sindaco di Arienzo ed ancor prima la richiesta di Ilario che si era rivolto a lui per ottenere l’assegnazione dell’appalto”. “Inutile sottolineare – conclude – come tali parole, intercorse tra i due corruttori che non sanno di essere ascoltati, hanno un elevatissimo valore indiziario atteso che i due sodali non hanno alcun bisogno di millantare tra loro il peso di un intervento mai realizzato”.

È proprio Domenico ‘Mimì’ Romano, poi diventato collaboratore di giustizia, in un verbale del 30 ottobre 2023 di fronte alla Dda di Napoli guidata da Nicola Gratteri, a spiegare il peso di Ferraro sul territorio: “Nicola (Ferraro, ndr), infatti, sulla base del suo passato, riconosciuto dagli imprenditori del settore, è in grado di avvicinare qualcuno che voglia partecipare a gare di appalto per indurlo a desistere”.

Peso che però non dipende da una presunta appartenenza al clan dei Casalesi, dopo aver scontato una condanna per concorso esterno a 7 anni (è stato scarcerato nel 2017). Per il giudice, che cancella tutte le aggravanti camorristiche invocate dai pm, le dichiarazioni dei pentiti su Ferraro riguardano fatti vecchi e privi di attualità. “Tale circostanza (le vecchie vicende per le quali è stato condannato, ndr) in assenza di elementi concreti che comprovino il collegamento attuale con il suddetto clan, non consente di estendere tali conclusioni anche alle attività delittuose accertate nel presente procedimento”. Ne è riprova l’intercettazione di un altro imprenditore a proposito delle tangenti ad un factotum di Ferraro: “Questa percentuale, ma a pro di che cosa? … scusami, ma questo è un retaggio diciamo di dieci, quindici anni fa …”. Quella stagione è conclusa.

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Il Fatto Quotidiano

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